venerdì 29 dicembre 2017

"L'immenso è semplice" di Paola Venezia (RPLibri 2017)

La ricerca dell’Essenza è ciò che mi ha sempre guidato, nell’Arte plastica o figurativa, così come nella scrittura e nella vita. È un impegno che richiede tempo, pazienza e l’accettazione dell’Assenza. Non esiste Essenza senza Assenza. Mi sono sempre chiesta cosa dovesse rimanere  del mio pensiero e, invece, cosa togliere; soprattutto, a cosa si deve rinunciare per comporre un haiku. La mia esperienza lavorativa mi porta al confronto quotidiano con il dolore della perdita e con la gioia di risultati puri. L’haiku è la forma poetica che più si avvicina al mio modo di procedere in poesia e per questo motivo l’ho scelto come esercizio di scrittura e di vita.

 dall’introduzione dell’autrice



oltre la pelle

comincia il cielo

lo sai che voli?




oggi il sole

annaffia i sorrisi

è giardiniere

sull’ombrello

allegro ma non troppo

per gocce e sole


fiori di lavanda

tra antiche rovine

un po’ di vento

Paola Venezia è nata nel 1958 a Milano, ha poi trascorso molti anni in Toscana dove ha compiuto studi di tipo tecnico-economico che niente hanno a che fare con la passione intima che invece ha accompagnato e accompagna la sua vita, l’arte e ogni sua forma espressiva. Usa la Carta per raccontarsi, dandole valore di parola, d’essenza e di racconto intimo. Sulle carte pregiate scrive poesie e, con gli stessi materiali, realizza sculture. Il rito di plasmarla è la metafora della sua vita. Accanto all’attività artistica affianca l’organizzazione di corsi per adulti e bambini sulle tecniche cartarie in contesti sia pubblici che privati. Partecipa a mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Dal 2005 collabora in qualità di Arteterapeuta , con la Cooperativa Solaris che si occupa di disabilità e gestisce alcuni Centri Diurni Disabili e CSE della Brianza. La disabilità che ogni giorno affronta è per lo più di tipo fisico con insufficienza mentale da media a grave e gravissima. La gioia di arrivare all’anima di queste persone, attraverso l’Arte e la Poesia, le crea soddisfazioni e gratificazioni.

giovedì 21 dicembre 2017

Louis di Luigi D'Alessio (RPLibri 2017)

Louis è un dialogo intimo, al limite dell’inafferrabile. Come l’atto stesso del vedersi, ben lo sapevano Baudelaire e Valery. Una vicenda intima in cui spazio e tempo (spazi e tempi) si condensano, si rarefanno; in cui un io, forse smarrito e attraversato da un oscuro pudore di ‘esporsi’, si riconosce in qualcosa (qualcuno) che sarà più di lui, oltre lui, “liberato dall’incompiuto”. Attraverso i cui occhi, come presi a prestito, fa i conti con il proprio sguardo e lo educa, verso una ritrovata meraviglia, il semplice stupore di esserci. Un affondo nell’intimo, la vicenda di questo affondo e della scrittura che l’accompagna. La tessitura ne è impregnata, ne è formata e talvolta deformata.
dalla postfazione di Valentino Fossati

L’ultima volta che vidi Louis
fu l’ultima volta che ci vedemmo.
Passo i giorni al sole
– mi disse Louis
Ti offro una sorpresa, sussurrò:
Louis di notte imitava Icaro.




Non prendiamoci mai
il tempo che ci serve.
Per Louis era sorprendente
la velocità con cui
lei si addormentava.
Ogni volta Louis
si sentiva dire dentro
che nessuna storia
era al sicuro nel sonno.


Luigi D’Alessio: dell’autore, non si conosce l’età. A lui piace dire di essere nato sotto il vulcano più famoso del mondo e considera il napoletano lingua madre. Varie fonti lo hanno visto occuparsi di moda e immagine. Si sa che è un cultore della mitologia. Articolista e editor di testi poetici. Ha pubblicato Pompei, per CartaCanta edizioni, 2015 (collana I passatori) da cui si evince che per lui il tempo è un luogo.


lunedì 4 dicembre 2017

Dante Maffia legge "Le tentazioni della luce" (Ed. della Meridiana, 2017) di Zingonia Zingone

Mi aveva molto impressionato, circa sei anni fa, L’equilibrista dell’oblio, edito da Raffaelli. Eleganza, essenzialità, parola forbita e mai spreco. Una sorta di inseguimento alla sostanza delle cose e dei sentimenti per cernere il miele di un divenire che, nonostante l’aggressione ricevuta da Cioran in un libro incredibile per temi e svolgimenti, resta sempre il lievito di una scommessa che deve affrontare gli andirivieni della vita.
Poi il silenzio di Zingonia nei miei riguardi, come se il mio scritto l’avesse disturbata o non l’avesse minimamente sfiorata.
Ricevo adesso le tentazioni della Luce e non nascondo che sono stato preso immediatamente, anzi catturato, da questo titolo che utilizza il minuscolo per l’articolo e per tentazioni e invece il maiuscolo per Luce. Evidente che si tratta di una scommessa spirituale, di un percorso che vuole raccontare di un’adesione all’Infinito.
Ma c’è di più, quando in una intervista mi domandarono quale fosse il titolo di un libro che ritenessi il più bello in assoluto io risposi La tentazione di vivere! Già, ancora una volta Cioran.
Niente è casuale, vero?
Ma adesso restiamo alla nuova raccolta di Zingonia, a questo suo spogliarsi innocente e mistico che fa sentire la voce antica dei profeti diventata quotidianità. Operazione non facile, ma evidentemente riuscita perché la poetessa ha voluto incarnarsi nelle atmosfere e nelle liturgie della parola che, se saputa intessere di vibrazioni e di autentico sentire, riesce a dare quasi carnalmente il senso primo e ultimo delle emozioni, cioè riesce a farsi preghiera.

“cerco in fondo alla mia onestà
l’origine
di questo spasmo che mi contorce le viscere,
agitazione nemica del raccoglimento

le utopie
s’impossessano dei miei sensi
convincendomi che tutto è possibile
e con la fede dell’inconscio
materializzo il suo corpo…”
 

E’ proprio vero, questo libro è “Una danza fra cielo e terra, un movimento alla ricerca… dell’amore”, ed è “libro forte e unitario, dove la parola è alla ricerca dell’Assoluto”, affidato a “Un nuovo valore del dire, una nuova castità del verbo”: Sono frasi prese dalla illuminante prefazione di  Andrea Ulivi, che è riuscito ad accompagnarci pagina dopo pagina portandoci nella pienezza di un dettato che io trovo lineare e potentemente espressivo, capace di saper cogliere i fremiti e i fermenti dell’ansia che serpeggia ovunque e crea un’atmosfera mistica.
Eppure, e qui sta la bellezza e la novità del testo, le metafore non sono mai astratte né filtrate attraverso sofisticate giravolte. Zingonia parla con pienezza d’intenti e arriva a farsi capire senza edulcorare le spine del percorso e senza coprire di veli e neppure l’ombra minima del cammino intrapreso.
 

“la tua trasparenza carnale
ipnotica
mi riporta al primo uomo”
 

 “negli occhi del bambino una fessura
spuntano paure
coltelli
che squarceranno la gola del mondo”


 “uomo o angelo
cosa importa
è la luce
il mio turbamento”
 
Pochi esempi per assaporare la freschezza con cui Zingonia passa attraverso le varie “stazioni” soffermandosi sugli aspetti che solitamente sfuggono o a cui non si fa caso perché presi da “ragioni” estranee”. Nelle sue espressioni sentiamo il palpito di una rincorsa pacata ma decisa, direi senza via di scampo, in modo che le distrazioni non possano comparire e il tutto diventi inno che via via si apre a un canto gregoriano di nuova fattura, a un canto zingoniano in cui contano, alla stessa maniera e con lo stesso peso, sia l’argomento e sia le sfumature, sia il ritmo e sia gli aloni di senso (di luce, pardon, con la maiuscola, Luce) che fanno ressa nell’animo.
Ma mi piacerebbe che il lettore entrasse nelle pieghe di questo libro senza pregiudizi e senza il preconcetto di trovarsi dinanzi a una comunione e a una sacralità che non permette di leggere l’umano. Tutt’altro! Zingonia si spoglia (il verbo mi ritorna) “delle cose / per incontrarTi / nel nulla”, dice rivolta a Dio, e ciò per calcare la voce su quel che ha dovuto incontrare, superare e vincere. Il nulla  come approdo limpido per potersi riconoscere e non per arrivare allo svuotamento.
Anche le prose poetiche hanno un loro peso e determinano e allargano le atmosfere di  cui accennavo e se l’andamento generale ha sapore biblico, si resti in ascolto e sarà la Luce a farsi sentire, a prendere voce e proprio da quella finestra da cui zampilla l’acqua: “io tutta sono finestra”.
Per concludere mi piace dire che Zingonia Zingone ha scritto un piccolo meraviglioso e illuminato Vangelo personale che si apre dolcemente verso il mondo. Operazione rara e difficile, che a lei è riuscita, forse perché ha messo dentro tutta se stessa contemporaneamente sottraendosi, facendo diventare la sua carne spirito che vola. Come ha fatto? I libri sacri sanno come diventare marmo o farfalle, piombo o brezza d’aprile. E dunque anch’io “mi domando / se lieviteranno le ceneri / testimoni / dello specchio in fiamme”,

Dante Maffia