Il rapporto tra poesia e dolore è
intessuto a doppio filo, come quello tra la poesia e la perdita, a cui consegue
necessariamente dolore. Se poi la perdita è quella della propria madre - che
rappresenta la Perdita, il distacco da quel cordone ombelicale che ci ha donato
la vita - il dolore è ancora più grande, ed è un dolore unico, particolare, che
ci accomuna tutti:
“A dimenticare la voce/ci vogliono anni,
mi dicono./ Parlano come sapessero/ tutto dei morti. Hanno pena sincera di me,/
straniera approdata./ Stesso dolore, stesso cuore pesto..”
“Nelle tue stanze”, seconda opera di
Marzia Spinelli dopo la silloge poetica “Fare e disfare” edita da Lietocolle
nel 2009, è un libro dedicato alla madre a seguito della sua scomparsa
pubblicato dall’editore romano Progetto Cultura nella collana di poesie “Le
Gemme” curata da Cinzia Marulli, con una preziosa introduzione di Alberto Toni.
In questi versi è possibile specchiarsi e riconoscersi per riflettere non solo
sul senso della morte, delle emozioni generate e sull'elaborazione del lutto,
ma anche sul concetto dell'inesorabilità del tempo che la poesia riesce a
fermare e a rendere perennemente presente e vivido proprio attraverso la
memoria: “L’amo della memoria/è una corda pendula, il gancio/su un’attesa da
riempire..”. Il gancio dei ricordi
appeso all’anima.
Ecco altri versi ricchi di metafore sulla
vita e sull’oltre, sulla frantumazione del tempo e dei ricordi che, come le
foglie, si insinuano quasi a non volerci lasciare mentre altri, ancora troppo
freschi, troppo leggeri, si alzano in volo e ci abbandonano senza traccia: “Le
foglie rosse nella tua stanza,/inutile raccolta, insostenibile il
vuoto/affacciato su questo nulla…le più frantumate s’insinuano negli angoli/del
parquet divelto,/non avvertono, non lasciano traccia/le più leggere che volano
via.”
La sensitività, che è al tempo stesso
sensibilità, emotiva dell’autrice è un asse portante nella sua poetica.
L’empatia percorre il libro, e se da un lato la scrittura diventa un’operazione
catartica per l’autrice, una modalità per lenire la sofferenza e magari anche
il senso di colpa che una figlia fragile può provare dopo la scomparsa di un
genitore pensando di aver “mancato” in affetto, in premure o comunque in
qualcosa, dall’altro rappresenta un soccorso alla vita di chi resta, di chi
legge e di chi prova lo “stesso dolore”, un com-patire insieme, generando un
mosaico di altre possibili o reali madri e figlie che si sovrappongono
all’immagine di sé e di sua madre, come nella poesia ‘Negozio di pietre’: “Tace
il pianto/sigillato tra le pietre/dove la figlia padrona fuma e vende
quarzi,/dice buongiorno come te/la madre quando arriva”. Effetti della nostalgia…
Illustri e noti poeti hanno dedicato
poesie alla propria madre, tra cui Pasolini nella “Supplica alla madre” (citata
in esergo), Alberto Bevilacqua in “Poesie alla madre”, ma quella che più mi
sovviene leggendo i testi del libro di Marzia è la “Lettera alla madre” di
Quasimodo: “Ah, gentile morte,/non toccare l'orologio in cucina che batte sopra
il muro/tutta la mia infanzia è passata sullo smalto/del suo quadrante, su quei
fiori dipinti:/non toccare le mani, il cuore dei vecchi.”
Così anche la nostra poetessa parla di un
orologio: “Se è il giorno o la notte fa lo stesso,/ l’autunno di adesso m’ha
fermata/alla tua ultima estate/fisso a quel nulla il tuo orologio/continua a
chiedermi che ora è”, e quell’orologio non è solo una misura del tempo e
dell’affetto filiale, ma di tutte le cose.
Questo libro non è un diario
autobiografico e lamentevole, ma la descrizione della verità della realtà e del
dolore. Lo stile è chiaro, pacato ma evocativo, mai eccessivo o forzato, non ci
sono sbavature, ogni verso è al giusto posto. Una struttura liricamente ritmica
e solida, versi asciutti, limpidi e densi: “Chiuse come urna nella tua
stanza/le nostre verità, coltivavano tutte/spighe di grano, ciliegie che
divoravi,/tra rami secchi d’ulivo benedetto,/e fiori,/di quelli almeno non ho
mancato.”
E un congedo dolcissimo e struggente
lascia l’amarezza del ricordo, l’ultimo: “L’ultima stanza é l’ultimo giorno,/il
più lungo, poi ti portano via”.
Monica Martinelli
Molto puntuale questa recensione di Monica Martinelli che sottolinea la valenza universale del dolore e degli affetti che in ogni tempo hanno suscitato versi indimenticabili. In particolare vengono messe in risalto l'originalità e il profondo senso della misura nei testi di Marzia Spinelli che riflette sul tempo e i sentimenti nell'ora del distacco dalla madre.
RispondiElimina"Nelle tue stanze" è un'opera d'introspezione e di commiato, ma anche una testimonianza d'amore.
Rosaria Di Donato
Struggente la poesia di Marzia Spinelli... Il dolore rabbuia le stanze dell'essere, però esce fuori come un grido del ricordo che dona forza per poter sopportare il lutto quando scompare un genitore.Complimenti a Monica Martinelli per aver messo in risalto l'amore di una figlia per la sua madre che si intuisce dalla lettura dei versi.
RispondiElimina