Ho
scelto oggi, per le nostre Letture
condivise, testi che ci accompagnino nel mese estivo di luglio con
naturalità e semplice bellezza perché ne sento, io per prima, la necessità. Ho
sete di poesia come stato di grazia, di leggerezza, che ci faccia respirare a
pieni polmoni, che ci serva da antidoto ai mesi pesanti che abbiamo trascorso
per il Covid 19, alle ansie per l’incertezza di un futuro sospeso, nella
prospettiva di una convivenza con una malattia ancora subdola e tuttora
serpeggiante, piuttosto misteriosa alle
conoscenze medico-scientifiche. L’incognita dei prossimi mesi autunnali mina
infatti la serenità di ogni progettazione a lungo e medio termine.
La
poesia di Silvia Marzano corrisponde pienamente a queste aspettative di nitore
formale, di gentilezza, di stupore ingenuo dell’essere vivente di fronte al
creato, che è in grado di incantare e di consolare nonostante le vicissitudini
del vivere.
Rossi papaveri
sul bordo della strada,
sprazzi di bellezza
dono di un giardiniere
segreto
sorridono al mondo
e forse, umilmente,
lo salvano.
La strada verso Monfol
Orme di teneri ungulati
come petali di fiori
- i fiori di Andy Warhol ‑
e tracce di passi umani
si mescolano, si confondono
sulla strada appena innevata
verso Monfol.
Bianco e silenzio
circonda
e un debole sole
disegna l'ombra dei pini.
Una sola natura è tutto
e noi siamo spirito e amore
e occhi che contemplano.
Non eri tu
Non eri tu che amavo
ma un sogno.
Tu eri l'ombra di quel
sogno,
l'apparenza
e per me eri tutto.
Ora soltanto so
della mia vita perduta
e delle stelle
che guardavo senza capire
che mai il cielo
avrebbe brillato
per me
e di te non sarebbe rimasto
che un sogno
scomparso come una stella
in un buco nero.
E nell'altra mano il dubbio
se sia davvero così.
Un petalo di sole
Un petalo di sole,
uno squarcio di luce
filtrava un mattino
d'estate.
Era un petalo
di sole
splendente sotto un mazzo
di rose.
Silvia
Marzano ha un duplice aspetto nella sua vita di intellettuale e di artista. La
sua poesia, così limpida, netta, comprensibile a tutti, è espressione di una
pulizia interiore, di un’ingenuità “fanciullina” pascoliana, propria di chi
guarda alla vita con immediatezza e con una speranza immanente al corso ultimo
delle cose, nonostante le circostanze non sempre favorevoli del vivere. Se,
come dice il suo maestro di Estetica, Pareyson, “l’opera è la persona
dell’artista fattasi oggetto materiale, fisico, esistente”, devo dire che
Silvia è proprio una grande allieva di cotale maestro: ne ha messo in pratica
con la poesia la lezione teorica in limpidezza sintetica ed essenziale
linearità.
L’altra
sua faccia, senz’altro la più conosciuta, è di grande serietà di pensiero e di
formazione. Filosofa, allieva di Pareyson - come ho appena detto - è stata
docente di Ermeneutica presso la facoltà di Filosofia dell’Università di
Torino, autrice di ponderose, importanti opere di pensiero, in particolare su
Jaspers e Derrida. La profondità dell’introspezione filosofica, tuttavia, si
apre in lei ad una scrittura “altra”: in poesia si rivelano emozioni, sentimenti,
segreti suoni della parola, simboli che rimandano ad altro, colpiscono nella
loro prospettiva polisemica, pur mantenendo un’ingenuità infantile, una
chiarezza di significato primo, inequivocabile, davvero coinvolgente.
L’autrice
stessa, da pensatrice e filosofa, meglio di chiunque altro nell’introduzione al
volume riesce a donarci il senso del suo fare poesia: “le mie poesie sono affezioni dell’anima, brevi epifanie, un
attimo che attraversa il tempo, silenzi, sogni, ricordi, piccoli idilli sulla bellezza
della natura. Sono per me una sonanza, l’ascolto di un Dire che, riflesso da
un’emozione, si fa ritmo. Una traccia, una parola evanescente che rinvia a un
altrove”.
Una stella alpina*
Una stella alpina
composta con arte,
dietro il vetro di una foto,
una foto felice del mio
papà,
mi ricorda un dono,
un (per)dono, l'anima vera
di un maestro.
* La stella alpina era conservata fra
le pagine del libro Carlo Jaspers, imprestato dal Professor Luigi Pareyson
all'allora laureanda S.M., che era stata allieva anche di sua moglie. Per un
impulso improvviso, inconsueto e irriflessivo, S.M. la prese e la collocò
dietro la foto che ritraeva in montagna il padre, di cui era orfana fin da
molto piccola. Il Professore, cupo e molto sorpreso chiese spiegazioni.
Avutele, lasciò con brevi parole la stella alpina e passò ad altro argomento.
Una piccola volpe
Una piccola volpe
gentile
entrò nel giardino
di montagna.
Forse era sola, era affamata
e fu grazia e pena
solidale.
La traccia
Ora che siamo
carichi d'anni
tu ed io
ci ricordiamo ancora
di quel che non è stato
e avrebbe potuto essere
o forse no,
non avrebbe potuto
ed è meglio cosi
perché è rimasto intatto
l'incanto
inciso nella memoria.
Resta la traccia
dell'impossibile
che non è avvenuto.
Ma la traccia è tutto,
mentre si scolora il tempo
e avvampa ancora il viso.
Poesia semplice ed emozionante, senza progetto di una precisa poetica, ma
con un “farsi” di versi e parole dettate dalle profonde risonanze dell’anima,
che fissano sulla carta spazi, pause, ritmi musicali, silenzi bianchi. Restano
gli struggimenti del cuore, il ritorno ciclico delle stagioni nel trapassare
degli anni e degli umani percorsi. Restano percepibili questi versi sul foglio,
semplici, brevi, ma di intensa significazione. Dice l’autrice: “sono luci
ermeneutiche del divino silenzio”. Parole di Dionigi l’Areopagita, uno dei
mistici a lei più cari.
Alla semplicità espressiva dei testi poetici è sotteso un substrato di
pensiero di grande organicità e coerenza che fluisce nei versi senza supponenza
e ce li rende intimamente “nostri”.
Prossimo appuntamento a metà settembre.
A chi legge l’augurio di un’estate di gioia e di poesia!
Marvi del Pozzo
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