lunedì 5 ottobre 2020

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Incerto destino" (Ed. disegnodiverso 2019) di Stefano Vitale - illustrazioni di Albertina Bollati

Stefano Vitale, filosofo torinese, è poeta, critico, musicologo, fondatore ed animatore dell’Associazione Amici dell’Orchestra Sinfonica RAI, persona di grande apertura e profonda curiosità intellettuale. La sua voce di poeta canta la nostra realtà perché è nel mondo, in cui ci tocca vivere, che cerchiamo il senso del nostro percorso umano, agiamo e vorremmo la realizzazione della nostra parola scritta, soprattutto se interpretiamo la realtà tramite la poesia. Ma la vocazione di un poeta non è tanto quella di raccontare quanto di interpellare, per comunicare, per confrontarsi con gli altri, assumendosi talora anche il compito morale di opporsi alle contraddizioni, alle storture dei tempi in modo critico e fattivo. Non viviamo infatti nel migliore dei mondi possibili, purtroppo, e Stefano Vitale non è certo il volterriano Candide.

La poesia sfugge alle facili classificazioni di genere e può succedere che una poesia, nata come prettamente lirica, fatta di vivide immagini, di colori, di emozioni, di intensa musicalità (non solo nel verso, ma soprattutto nello spirito) diventi un’intensa poesia civile che affronta tematiche scottanti del nostro tempo. È questo il caso di Incerto confine, che si avvale in modo mirabile dell’apporto, a sostegno dei versi, delle illustrazioni - solo apparentemente ingenue, in realtà di rara comunicativa e profondità sintetica - dell’artista Albertina Bollati.


 

In che cosa quest’opera mi è parsa particolare?

La poesia civile raramente riesce a volare alta: riferimenti gnomico-sentenziosi, volere o no, la vincolano alla “terrestrità”, impediscono la libertà aerea del librarsi poetico, caratteristica imprescindibile di ogni opera d’arte. Ciò non avviene in Incerto confine: qui ci coglie una limpidezza, una trasparenza di significato e di suono che nobilita la Parola e, per contrasto, la eleva sulla follia di un concreto fatto di muri, di barriere, di costruite separazioni, di pregiudizi relativi ad ogni “diversità” sociale.

Questa di Vitale è una poesia che include, non esclude.

 

                        Così la vita smette

sempre nuove foglie lontano da qui

muto fiorire di luce

nel marcire del tempo.

 

La parola di Stefano Vitale si oppone ad ogni tipo di muro della nostra società diseguale e l’autore la propone con forza ma anche, ossimoricamente, con gentilezza, nel fiorire delle immagini che invitano alla pacificazione, al respiro comune, al  ritorno di una libertà del sentire e del vivere insieme.

Della importante prefazione al libro di Vittorio Bo mi piace citare i versi conclusivi: sono di Giorgio Caproni, poeta del Novecento, che amo molto per il suo dire lineare ed incisivo insieme:

 

Confine diceva il cartello

cercai la dogana, non c’era

non vidi dietro il cancello

ombra di terra straniera

                                   Giorgio Caproni

 

Stefano Vitale raccoglie il testimone e porta avanti il messaggio, attualizzandolo.

Da Incerto confine vi propongo questi testi:

 

Affacciàti *

Spiare lo stupore del giorno

affacciàti alla finestra dello sguardo

interrogare con un battito di ciglia

il disordine del mondo

negli scorci di luce sfasciata

si perde il ricordo di noi

senza padroni e senza gloria

vanno e vengono senza posa

le anonime stagioni dell'esistere

senza peso non c'è rimorso

nell'incerto sfumare

restiamo affacciàti

su strade di vetro, sabbia e lamiere

che oltrepassano il confine

senza passaporto, senza controlli alla dogana.

Così la vita mette

sempre nuove foglie lontano da qui

muto fiorire di luce

nel marcire del tempo.

 

*"Affacciati" è il titolo di una mostra fotografica di Luigi Rusconi

   esposta alla Biblioteca "Osvaldo Berni” di Riccione nel 2014

 

*

Cerca un punto fermo

spillo che ti tenga

appeso ad una carta

dai confini certi e chiari

colori sempre uguali

ma inutile e lo sforzo

si alza la marea

s'incurva l'orizzonte

sparisce quel sentiero

sgretolandosi il profilo

del mondo conosciuto

ritorna pietra, selva e canto

un nuovo grido scheggia

la certezza di quel muro

si sposta la linea dello sguardo

un metro più in là.

 

*

In questo incerto confine

I.

Non siamo dentro e neppure fuori

in questo incerto confine mobile

che cambia nei giorni di vento

quando incespica il passo

nel filo dell'ombra impassibile

oltre il lembo di luce morente

è insondabile quel che

fa la differenza.

 

II

Stare fermi, non fare un passo oltre

l'Altro è il confine, attimo che s'inarca

nella comune trama segreta

tregua della perfetta imperfezione

senza una soglia il peso del cielo

è pietra tombale

e il profumo dei tigli sul viale

è il solo felice confine

da attraversare.

 

*

Perché non essere

come le nuvole?

Poter cambiare forma

luce, colore e direzione

nel disordine del vento

imparare il controcanto

segreto delle cose

viste da lontano

scolpite nel marmo dell'istante

senza altre distrazioni

ruotare a vuoto su se stessi

imprevedibile necessità

d'una anima sottile e d'aria

che, sorridendo o bestemmiando;

dobbiamo sopportare,

liberare.

 

*

La grazia dei salvati

II

Non si percepisce più

il senso della migrazione

stato dell'essere in fuga

mito un tempo ora sventura

e vince la partita il dio della paura

sotto il mantello del cielo

che ora più non protegge

sul confine della terra nera

là dove risplende il bianco e l'oro

della grazia dei salvati.

 

Forte è la carica di responsabilità che promana da quest’opera di Bollati e Vitale. La sinergia cercata tra i due sensi - udito e vista, ascolto di versi e visione di forme e colori - acuisce in progressione geometrica l’incisività del messaggio civile dei due artisti. Come scrive il critico Fabrizio Bregoli su Laboratori Poesia, il messaggio centrale dell’opera è la consapevolezza che, perché la nostra cultura non si disumanizzi in tutti i sensi, la salvezza sta “nel suono largo, cioè in quello spazio di accoglienza che versi ed immagini cercano insieme per rimediare alle colpe del mondo”, alle nostre e a quelle della società attuale - aggiungerei io - cui siamo spesso, per superficialità più che per dolo, conniventi.

 

La poesia pensante di Vitale serve a farci riflettere, proponendoci anche un serio stimolo di discussione a proposito del diuturno quesito sull’utilità pratica della poesia nella vita di oggi. Quesito sempre attuale, sempre riproposto ad intermittenza. Come dice Stefano:

 

La chiave è nella Parola

suono che resta accanto

colore della pazienza

distesa sul passaggio delle ore

passione e destino senza nome.

 

Messaggio quanto mai lineare, ma non di facile realizzazione pratica: per il poeta la chiave è nella Parola, ma per tutti i lettori si tratta di impegnarsi ad individuare quale sia la chiave segreta della propria passione e del proprio destino, non per accettarlo ma per sceglierlo e viverlo quotidianamente, in modo non strumentale ma come finalità responsabilmente prioritaria, del proprio esistere.

Se non è poesia civile questa, che invita a tali riflessioni personali...

Marvi del Pozzo

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