Come è
audace
il
papavero
che, a
marzo, alza la testa!
Adolescente
impudente,
frettoloso
di vita,
inquieta
il prato
di
primavera.
***
Le
rane di primavera
Le rane
fornicatrici
delle
notti di primavera
annunciano
la loro stagione.
Anche per
noi:
inteneriti
ascoltiamo,
nel quieto
delle coperte,
uniti dal
nostro autunno.
***
Montegrazie
respira
dietro le
porte.
Verdi come
pensieri,
freschi di
alberi e sole.
Montegrazie
invecchia
i suoi
vecchi e stupisce di bambini.
Montegrazie
mi regala
chiarore
di aria e di foglie.
Innamorata
mi affaccio:
creature
vegetali, e il mio geco,
guizzanti
pennellate di verde su verde,
si
illuminano al sole.
***
Lascia
crescere la cicoria:
non darmi
foglie ignave
e
piccolette,
ma il
crocchio vegetale
che sai,
e olio e
aceto e sale.
Dammi il
tepore
della
terra nuova,
e in campi
girasoli
che il
caldo innamora,
e abbatte
di desiderio.
Dammi
terra matura
e campi di
silenzio, e alberi lontani
per
ascoltare il vento.
***
Separazione
Te ne sei
andato.
Le tue
cose raccolte dal cassetto,
nelle
valigie delle vacanze,
(più non
saranno:
bagagli e
luoghi diversi – io spero –
ci
attendono).
Dopo ho
spostato il tavolo,
le sedie.
Dopo ho
spostato mobili
e
disappeso quadri.
Potrei,
oggi, rivoltare la casa,
come se
anche la mia anima,
leggera,
componibile,
io potessi
rovesciare,
e cancellare,
e
cancellarti.
***
Storia
di luglio
In quella
città – diceva –
¬abbiamo
camminato
sotto
portici e logge,
e
conversato, la sera,
tra
bicchieri, scoppi di risa,
frammenti
di pensieri.
Ci bastava
tacere
per
seguire il sentiero
della
mente dell'altro,
e
consentire ai confini
datati di
una storia,
già tutta
affidata alla memoria,
in uno
scatto di fotografia,
senza
diritto alla malinconia.
***
Ex
Come
amante sei stato
il solito
pretesto sbagliato,
per dire
che non va.
Un uomo
scelto a caso,
forse
desiderato
per sfida
e farsi male.
Come
amante
non certo
dei migliori,
avaro di
fiori
e di
parole,
prodigo
solo di gambe
sotto i
tavoli.
Oggi
vi presento alcune poesie di Angela Suppo, tratte dal suo primo libro Senza
indicazione di tempo, Edizioni La vita felice 2019.
E’
il canto libero, senza condizionamenti, senza appartenenza, di chi con sguardo
poetico ed attento considera le esperienze vissute in una parte considerevole
della vita con l’occhio equilibrato di chi è già andato oltre, superando gli
scogli dolorosi del tempo e parla quindi a se stessa ed agli altri cogliendo,
senza più acrimonia ma con saggezza ed armonia, spesso addirittura con stupore
bambino, i giochi della vita e la sconcertante epopea di tutti noi che
svolgiamo un percorso del vivere più o meno analogo seppur variabile negli
eventi spiccioli delle diverse vicende.
Ma
il tempo di Angela non è solo soggettivo, anche se molta parte ha quello della
sua prima giovinezza, delle scoperte, della natura con cui imbastisce accordi
affettuosi, di cui ama investigare la vita segreta al fine di percepirne, o
almeno intuirne, l’essenza. Le risposte arrivano da anima ad anima attraverso
la misteriosa corrispondenza panica insita nelle creature, in tutte, siano esse
vegetali od animali, o anche appartenenti a mondi solo apparentemente amorfi e
senza storia come il mondo delle cose, degli oggetti.
C’è
poi il tempo del ricordo, quello dolce e quello amaro, quello dell’autocritica,
quello dell’ironia sugli altri e su noi stessi. C’è il momento in cui
disseppelliamo i nostri fantasmi, c’è quello in cui ci ritroviamo altro da noi
perché i decenni passati ci hanno mutato dentro e fuori e soffriamo quindi di
questo mancato riconoscimento di noi stessi; altri momenti viceversa in cui
quasi anacronisticamente ci riscopriamo magicamente identici al noi di vari
decenni prima, come non ci fossimo mai mossi dall’adolescenza, con la stessa
indistruttibile passione di agire, di sentire, di amare, di godere la vita e ci
sentiamo padroni, col mondo in pugno come allora, in preda ad un sentimento di
onnipotenza per ricchezza di emozioni e di passioni uguali come un tempo.
Tutti
questi momenti di tempo esistenziale trovano spazio nelle poesie di Angela, ma
c’è anche in lei un estrinsecarsi diverso del concetto di tempo. C’è infatti il tempo come entità metafisica,
quello che non ha bisogno del controllo dell’orologio, c’è la ricerca di
un’eternità possibile, c’è il tempo dilatato della preghiera nella realtà di un
Dio che non risponde ma la cui presenza si ricerca e che continua ad aleggiare
senza preclusione di tempo, senza valutazione di ore, mesi, anni o vita intera.
E’ la ricerca di un senso ultimo, la risposta a dubbi che durano da sempre, cui
forse non c’è risposta mai, logicamente parlando. Ma c’è anche la stagione
metereologica che si eternizza al di là del trascorrere del mese, dell’anno in
corso: “il papavero audace, adolescente, impudente che a marzo alza la testa”,
come dicono i versi, vivrà per sempre, per tutti i mesi di marzo possibili, a
venire, nella mente del lettore, evocando altri quadri di incanto e altre
suggestioni antropomorfe, così come le “rane fornicatrici” vivranno ben al di
là della loro vita limitata in quello stagno, in quel serbatoio d’acqua, in
quel momento storico preciso ed ormai andato e consumato. E’ la bacchetta
magica della poesia, quella del poeta rabdomante che anima le cose insufflandovi la vita e spariglia le carte della
logica perché esiste un sapere intuitivo ed emozionale.
Angela
Suppo vivifica il mondo intorno a sé con la sua arte e mette in pratica, in
modo quanto mai contemporaneo, l’assunto del poeta tedesco dell’Ottocento
Joseph von Eichendorff. Lui era un romantico, Angela certo che no, però
l’effetto della poesia era quello e resta quello. Diceva von Eichendorff in una
sua poesia:
Dorme
un canto in ogni cosa
destinata
a sognare senza fine
se
trovi la magia della parola
il
mondo allora innalzerà il suo canto
Angela
la magia della parola la conosce bene: rende il ricordo realtà attuale e,
viceversa, riempie la realtà di elementi immaginifici, talora onirici,
misteriosi, sfuggenti, sempre comunque intriganti.
Ma
di cosa è fatta la poesia di Angela, quale la sua cifra caratteristica? L’ha
ben individuata la prefazione del poeta Giuseppe Conte, che con il suo acume e
la grande esperienza poetica ha colto nella “grazia” dell’autrice la
peculiarità determinante il percorso poetico del libro. Sono del tutto d’accordo:
la musicalità, il ritmo scandito, l’originalità delle figure, i registri
linguistici sono di raro equilibrio: non una parola disturbante, non un termine
lessicale che possa essere privo di garbo, signorilità, che rasenti qualcosa di
dozzinale, che si avvicini alla banalità, quando non alla volgarità, dei tempi.
E’ poesia raffinata e sapiente, giocata però su un linguaggio lapidario e
contemporaneo, su figure di bellezza ardita ma in un dire essenziale, sempre
estremamente sintetico, preciso – “giusto” avrebbe detto Flaubert – sempre alla
ricerca della parola unica, pregnante al massimo. E’ difficile ottenere in
questa forma così stringata una tale capacità di evocazione, di suggestione del
lettore che aggiunge di suo le immagini proprie, ricordi a ricordi, il cumulo e
l’accumulo delle proprie fantasie. E il lettore si appropria del testo e lo fa
suo: la fulmineità e l’arditezza entrano nel cuore di chi legge con totale ed
immediata autenticità.
Il
bello di questa poesia è che nessuno può mettere in dubbio la sincerità del
sentire di Angela. Lei scrive per comunicare se stessa, mettendo a nudo, anche
talora coraggiosamente, il suo modo di essere vitale, schietta, talora con un
briciolo di sensualità e di provocatorietà, a suo modo fanciullescamente innocente.
E anche qui è questione di “grazia”, lo capite bene.
A
proposito di quanto detto, noterete anche voi dalla lettura dei testi la
varietà delle sfaccettature di questa poesia, la mutevolezza e la ricchezza dei
registri stilistici. L’autrice, abbiamo convenuto, è gentile nel suo approccio
col mondo, elegante, raffinata, misurata lessicalmente e stilisticamente, ma
talora è più che ironica, è mordace, persino caustica, assai vicina al
sarcasmo. Il tutto sempre in brevi, lapidari versi.
La
scelta dei testi che vi propongo può risultare disorientante per chi legge: è
concepita proprio perché tocchiate con mano la varietà delle atmosfere che
l’autrice riesce a creare, mutando quasi di personalità. Ma nessuno di noi è
uniforme, sempre identico a se stesso nel variare continuo del tempo, delle
circostanze, dei rapporti col mondo e con le cose. Questo è il fascino della
persona umana e del fluire della vita fin dai tempi di Eraclito e del suo
“panta rei”.
In
una precedente lettura condivisa proponevo un testo di Giuseppe Conte
sostenendo che la poesia, quando è autentica, lascia un solco destinato a dare
frutti in avvenire tramite altra futura poesia. Si costituisce così un anello
basilare nella circolarità di un ritorno di riferimenti culturali ed umani che
legano passato e presente letterario.
Ebbene
Angela Suppo porta avanti nei suoi versi, a parer mio, l’atmosfera affettiva
colloquiale del migliore Attilio Bertolucci, ma anche la verve ironica, di
lapidaria attualità, di Daria Menicanti, poetessa della metà del Novecento, in
quest’ultimo decennio riscoperta e profondamente rivalutata. Mi piace dunque
avvicinare alle letture di Angela di Montegrazie respira e di Lascia crescere
la cicoria il testo di Attilio Bertolucci che vi riporto qui di seguito:
At
home
Il sole
lentamente si sposta
sulla
nostra vita, sulla paziente
storia dei
giorni che un mite
calore
accende, d'affetti e di memorie.
A
quest'ora meridiana
lo spaniel
invecchia sul mattone
tiepido,
il tuo cappello di paglia
s'allontana
nell'ombra della casa.
Affianco
anche a Separazione, Storia di luglio ed Ex di Angela i seguenti versi di Daria
Menicanti:
A Venezia
con uno
… Questa
era
Venezia quel giorno, città
per
innamorati e poeti. Io non ero
né l’una
cosa né l’altra
o non più.
Ero
spietata e asciutta. Gli ridevo
in faccia
e tutto mi
faceva ira.
***
Vivere
è
Vivere è
non sapere le ragioni.
Dopo un
silenzio da contarsi a mesi
o anni,
questa sera
ho una
cena ridente affollata.
Al vino
amaro si riscalda, a belle
donne,
alle rose alte la cena.
Seduta
accanto a lui, commensale adulato,
mi sento
al sole. Affilo le mie spade
per la
prima apertura di guardia.
Vivere è
tutti i giorni cominciare.
***
Ultimo
Qualcuno
va a nozze. Gran gente
al party.
Io so che anche tu
ci sei che
neppure ti cerco.
Giro di
gruppo in gruppo ridendo
evitando
tartine aperitivi.
Sono
sicura che a un momento dato
mi sarai
accanto tu denso tu oscuro
uomo solo
e roccioso
col
bicchiere gelato color erbe.
un veleno
di più. Da ieri
so come
sei e tu come sono io
e c'è
questo fra noi filo non visto
così
tiepido e dolce, tranquillo.
Io ti
prendo con gli occhi. ti chiudo
dentro le
palpebre e, Dio,
grazie per
quest'ultimo amore.
E’
un suggerimento all’analisi e alla libera riflessione di chi voglia condividere
questa rubrica con me. I legami e le interrelazioni tra poeti del passato e del
presente si moltiplicano in un tempo di lettura che viene ad eternarsi
nell’incantamento dell’arte.