Nei nostri tempi difficili per la irrisoluzione di tanti problemi di natura civile e politica, interna e internazionale, in tre anni ormai squassati da una pandemia che ci ha privato di molte certezze e forme consuete di quotidiana libertà, diventa per molti fondamentale far fronte alle situazioni contingenti con la forza della propria spiritualità, opporre alla vulnerabilità la certezza del poter sempre ritrovarsi nel proprio intimo come esseri vitali, pensanti, senzienti. È rassicurante poter fare appello, non solo per se stessi individualmente ma anche in dimensione corale, all’apporto della Fede religiosa (per chi è credente) in modo da affidarsi a una dimensione ultraterrena, ove anche le umane sofferenze trovino barlume di risposta alla solitudine e al perché dell’abbandono. Padre mio, padre mio, perché mi hai abbandonato?
La poesia religiosa si è sviluppata negli ultimi anni in varie forme di poesia-preghiera. Ha il suo più intenso esempio nelle liriche e negli scritti poetici di Lucianna Argentino, insigne poetessa, filosofa e teologa, che ci offre vere perle di saggezza e di conoscenza, anche esegetica, dei testi sacri.
Il libro di Rosaria Di Donato, Preghiera in gennaio, Macabor 2021, è una raccolta di riflessioni e di preghiere ecumeniche immediate, espresse col cuore di un’anima ‘semplice’ in senso evangelico, con riferimento cioè a quegli spiriti che arriveranno al regno dei Cieli senza sovrastrutture, in linearità di anima, col desiderio e con la ricerca di Dio attraverso il rapporto con il prossimo, nello svolgimento responsabile delle proprie mansioni terrene.
Si sa che le opinioni in poesia si legano ai gusti personali del lettore ed io, di fronte a verità di Fede così irrefutabili, direi apodittiche, mi trovo spiazzata e per mia indole un po’ interdetta: mi spiego meglio riportando una poesia del libro:
il padre – il figlio
ti chiama il padre
e tu rispondi abbà
non riesco a farcela
troppo pesante
vivere morire
amare sopportare
piangere lottare
dov'è la festa
che sognavo
il mondo
in cui credevo
la vita
che aspettavo
io chi sono
dove sto andando
a chi appartengo
è un sogno-finzione
oppure è vero
il nulla impera
il mondo è vano
sono solo
no tu sei con me
risponde il padre
sempre ti ho avuto
in grembo
all’alba dei giorni
ti ho pensato
di Spirito nutrito
non temere il buio
non prevarrà
Mentre in totale condivisione apprezzo le prime tre strofe, le parole del figlio che coprono
Altro aspetto che personalmente non sono in grado di capire è la trasposizione in poesia della preghiera del Padre nostro, con concetti identici e parole del tutto simili al dettato tradizionale:
padre nostro
padre nostro che sei nei cuori
rendici santi grazie al nome tuo
fa che possiamo entrare nel tuo regno
la tua volontà sia in noi
ovunque per sempre
sii il nostro cibo quotidiano
perdona le nostre mancanze
affinché noi perdoniamo
quelle altrui
rendici forti contro il male
immuni dalla tentazione
liberi di pregare
amen
Me ne sfugge francamente il senso: la tradizione cristiana, nei secoli, nei millenni, ha costruito certe preghiere comunitarie che hanno valore per sempre e per tutti i fratelli di una stessa Fede. Sono il Padre nostro, l’Ave Maria, il Salve Regina, lo Stabat mater, il Magnificat. Con le parole storiche, immutabili, di questi testi hanno pregato i martiri, hanno invocato grazia i combattenti in guerra, hanno balbettato i morenti. Sono quelle, storiche, da sempre: non vedo la necessità di modificarle, soprattutto se, in termini leggermente diversificati, si resta attaccati alla forma originaria e al senso letterale del testo. Credo che per un fedele la tradizione assuma il valore di una unione storica che oltrepassa la forma della preghiera in sé, uguale e valida nel suo dettato, ma diventa un legame sostanziale, quasi una bandiera, un segno di riconoscimento tra fratelli.
Se tuttavia ho espresso queste riserve, puramente personali, da lettrice e quindi del tutto opinabili, la vena poetica di Rosaria si eleva con originalità in altri testi di preghiera in cui affronta il concetto del sacro, di cui i nostri tempi lamentano l’appannamento, con personalità spiccata. Allora la preghiera innovativa, che nasce autentica da un’anima in ricerca, quando si stacca da riferimenti troppo persistenti a testi biblici o evangelici o ad agiografie di santi, mi stupisce e mi commuove. È questa la strada che, a parer mio, Rosaria dovrebbe continuare a battere: esprimere la sua voce individuale e limpida che, nascendo da un substrato di cultura religiosa, se ne stacca scientemente creando preghiere altre, forme aderenti ai tempi, per rivolgersi a Dio.
Vale la pena che Rosaria Di Donato coltivi la sua natura di mistica contemporanea, nella consapevolezza della sua forza di coinvolgimento e della sua tenerezza di creatura.
germinazione
ah se dato mi fosse
d’incontrare i santi
mi aggrapperei
alle loro mani
e stringendole forte
lascerei cadere
sulla terra
quella luce
che sola trapassa
il corpo
e poi in gocce
di calore
ricade
diffondendo amore
terra promessa
iridati pensieri
duraturi orizzonti
il bene
*
speranze
svegliarsi un giorno
e scoprire che tutto
non è ancora perso
rinnovare speranze
rinverdire pensieri
rimuovere dai calzari
la polvere
e di nuovo solcare
le vie che conducono
al cuore al centro
al senso segreto
di tutte le cose
*
autoritratto
rosaria azzurra marina
se non fosse il ceruleo
che dagli occhi traspare
nessuno vedrebbe l'oceano
interiore metafisica
luce che all’onda consente
il divenire
*
fil rouge
nata invano dalla notte
anelo un pertugio
un filo che conduca
il respiro oltre la barra
del più vasto sentire
che tutto accoglie
parallelo al reale
*
a dio
multas per gentes
et multa per aequora vectus
arriverò a te
l'abisso donando
della solitudine
i frantumi
di un mondo apparente
e un programma
di perfezionamento