domenica 27 febbraio 2022

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Preghiera in gennaio" di Rosaria Di Donato (Macabor 2021)

Nei nostri tempi difficili per la irrisoluzione di tanti problemi di natura civile e politica, interna e internazionale, in tre anni ormai squassati da una pandemia che ci ha privato di molte certezze e forme consuete di quotidiana libertà, diventa per molti fondamentale far fronte alle situazioni contingenti con la forza della propria spiritualità, opporre alla vulnerabilità la certezza del poter sempre ritrovarsi nel proprio intimo come esseri vitali, pensanti, senzienti.  È rassicurante poter fare appello, non solo per se stessi individualmente ma anche in dimensione corale, all’apporto della Fede religiosa (per chi è credente) in modo da affidarsi a una dimensione ultraterrena, ove anche le umane sofferenze trovino barlume di risposta alla solitudine e al perché dell’abbandono. Padre mio, padre mio, perché mi hai abbandonato?

La poesia religiosa si è sviluppata negli ultimi anni in varie forme di poesia-preghiera. Ha il suo più intenso esempio nelle liriche e negli scritti poetici di Lucianna Argentino, insigne poetessa, filosofa e teologa, che ci offre vere perle di saggezza e di conoscenza, anche esegetica, dei testi sacri.

Il libro di Rosaria Di Donato, Preghiera in gennaio, Macabor 2021, è una raccolta di riflessioni e di preghiere ecumeniche immediate, espresse col cuore di un’anima ‘semplice’ in senso evangelico, con riferimento cioè a quegli spiriti che arriveranno al regno dei Cieli senza sovrastrutture, in linearità di anima, col desiderio e con la ricerca di Dio attraverso il rapporto con il prossimo, nello svolgimento responsabile delle proprie mansioni terrene.

Si sa che le opinioni in poesia si legano ai gusti personali del lettore ed io, di fronte a verità di Fede così irrefutabili, direi apodittiche, mi trovo spiazzata e per mia indole un po’ interdetta: mi spiego meglio riportando una poesia del libro:

 

il padre – il figlio

 

ti chiama il padre

e tu rispondi abbà

non riesco a farcela

troppo pesante

vivere morire

amare sopportare

piangere lottare

 

dov'è la festa

che sognavo

il mondo

in cui credevo

la vita

che aspettavo

io chi sono

 

dove sto andando

a chi appartengo

è un sogno-finzione

oppure è vero

il nulla impera

il mondo è vano

sono solo

 

no tu sei con me

risponde il padre

sempre ti ho avuto

in grembo

all’alba dei giorni

ti ho pensato

di Spirito nutrito

 

non temere il buio

non prevarrà

 

Mentre in totale condivisione apprezzo le prime tre strofe, le parole del figlio che coprono

l’arco travagliato del vivere umano nelle sue sfaccettature, la conclusione dell’ultima strofa, affrettata, nelle parole sentenziali del padre, mi sembra inadeguatamente elementare. La semplificazione eccessiva, per una come me che vuol cercare col lanternino di Diogene il fondo delle cose, non tiene conto del problema del Male, del silenzio di Dio, pure oggetto di grossi dibattiti teologici all’interno della Chiesa stessa, per non parlare dell’apporto importante alla problematica da parte di grandi scrittori classici: Bernanos, Mauriac, Dostoevskij per primo, con la sua figura del Grande Inquisitore. Sono problemi irrinunciabili, da far tremare le vene ai polsi. Non temere il buio / non prevarrà, così come scritto dall’autrice, non mi basta. Anzi, proprio non mi conduce a Dio una semplicistica rassicurazione paternalistica, valida giusto per tenere buoni i bambini.

Altro aspetto che personalmente non sono in grado di capire è la trasposizione in poesia della preghiera del Padre nostro, con concetti identici e parole del tutto simili al dettato tradizionale:

 

padre nostro

 

padre nostro che sei nei cuori

rendici santi grazie al nome tuo

fa che possiamo entrare nel tuo regno

la tua volontà sia in noi

ovunque per sempre

sii il nostro cibo quotidiano

 

perdona le nostre mancanze

affinché noi perdoniamo

quelle altrui

rendici forti contro il male

 

immuni dalla tentazione

 

liberi di pregare

 

amen

 

Me ne sfugge francamente il senso: la tradizione cristiana, nei secoli, nei millenni, ha costruito certe preghiere comunitarie che hanno valore per sempre e per tutti i fratelli di una stessa Fede. Sono il Padre nostro, l’Ave Maria, il Salve Regina, lo Stabat mater, il Magnificat. Con le parole storiche, immutabili, di questi testi hanno pregato i martiri, hanno invocato grazia i combattenti in guerra, hanno balbettato i morenti. Sono quelle, storiche, da sempre: non vedo la necessità di modificarle, soprattutto se, in termini leggermente diversificati, si resta attaccati alla forma originaria e al senso letterale del testo. Credo che per un fedele la tradizione assuma il valore di una unione storica che oltrepassa la forma della preghiera in sé, uguale e valida nel suo dettato, ma diventa un legame sostanziale, quasi una bandiera, un segno di riconoscimento tra fratelli.

 

Se tuttavia ho espresso queste riserve, puramente personali, da lettrice e quindi del tutto opinabili, la vena poetica di Rosaria si eleva con originalità in altri testi di preghiera in cui affronta il concetto del sacro, di cui i nostri tempi lamentano l’appannamento, con personalità spiccata. Allora la preghiera innovativa, che nasce autentica da un’anima in ricerca, quando si stacca da riferimenti troppo persistenti a testi biblici o evangelici o ad agiografie di santi, mi stupisce e mi commuove. È questa la strada che, a parer mio, Rosaria dovrebbe continuare a battere: esprimere la sua voce individuale e limpida che, nascendo da un substrato di cultura religiosa, se ne stacca scientemente creando preghiere altre, forme aderenti ai tempi, per rivolgersi a Dio.

Vale la pena che Rosaria Di Donato coltivi la sua natura di mistica contemporanea, nella consapevolezza della sua forza di coinvolgimento e della sua tenerezza di creatura.

 

germinazione

 

ah se dato mi fosse

d’incontrare i santi

mi aggrapperei

alle loro mani

e stringendole forte

lascerei cadere

sulla terra

quella luce

che sola trapassa

il corpo

e poi in gocce

di calore

ricade

diffondendo amore

 

terra promessa

iridati pensieri

duraturi orizzonti

 

il bene

 

*

speranze

 

svegliarsi un giorno

e scoprire che tutto

non è ancora perso

 

rinnovare speranze

rinverdire pensieri

rimuovere dai calzari

la polvere

 

e di nuovo solcare

 

le vie che conducono

al cuore al centro

al senso segreto

di tutte le cose

 

*

autoritratto

 

rosaria azzurra marina

se non fosse il ceruleo

che dagli occhi traspare

nessuno vedrebbe l'oceano

interiore metafisica

luce che all’onda consente

il divenire

 

*

fil rouge

 

nata invano dalla notte

anelo un pertugio

un filo che conduca

il respiro oltre la barra

del più vasto sentire

che tutto accoglie

parallelo al reale

 

*

a dio

multas per gentes

et multa per aequora vectus

 

arriverò a te

l'abisso donando

della solitudine

i frantumi

di un mondo apparente

e un programma

di perfezionamento