Pasquale Montalto, poeta e narratore calabrese nato
ad Acri nel 1954, è studioso di vasta esperienza in campo psicologico e
sociologico, essendosi laureato alla “Sapienza” di Roma in Psicologia clinica e
Sociologia e specializzato in Psicoterapia analitica. Lavora tuttora come
psicologo e psicoterapeuta in territorio calabrese, a Cosenza in
particolare. È uomo del Sud e, come
tale, ama essere ricordato e apprezzato anche nei suoi lavori poetici: è
inserito infatti tra I poeti del Sud
a cura di Bonifacio Vincenzi, Macabor editore 2020; in Quadernario Calabria, Lieto colle editore 2017;
Noi poeti della Sicilia e della Calabria,
Gabrieli Editore 1999.
Sue poesie sono state tradotte in varie lingue e su di lui si è recentemente
scritta una monografia ad opera di Tito Cauchi, Sogni e ideali
di vita nella poesia di Pasquale Montalto, Totem edizioni 2020.
Devo dire che mi sono imbattuta in questa figura di
poeta un po’ per caso e sono stata colpita dalla originalità del suo ultimo
libro Il mio Pinocchio, Macabor 2020. Scrivere un
volume di poesie sul fortunato burattino di Collodi ai nostri giorni mi è
sembrata cosa fuori via, del tutto particolare, ed è così che, incuriosita, mi
sono addentrata nella lettura.
Sicuramente è un libro composito: Pinocchio è
metafora degli adolescenti e dei giovani di oggi, ma anche di tutti coloro che,
di qualsiasi età, cercano il proprio mondo interiore per vie non sempre omologate
e precostituite. Siamo tutti un po’ dei Pinocchio che trovano la propria strada
a fatica: forse abbiamo fatto dannare i nostri Geppetto benpensanti, inseriti
magari nell’abitudine di un conformismo confortevole e stabilizzato, ma sempre
pronti, come genitori, a sostenere i figli, anche se non si comprendono nelle
loro divergenze, sempre seguiti tuttavia con empatia viscerale affettuosa.
Ho detto che è libro composito, perché l’autore
affianca alle poesie su Pinocchio altri testi, meno inseribili in questo
filone: sono poesie d’amore, di sentimenti familiari, di valutazioni morali o
psicologiche (attinenti forse anche all’impegno professionale del poeta).
Ebbene questa parte, più consueta, mi convince un po’ meno, ma unicamente per
mio gusto personale: mi suona piuttosto sentenziosa, moralistica, comunque meno
originale, anche se la ‘normalità’ di certi testi viene trafitta qua e là da
qualche verso davvero folgorante. Non intendo di certo muovere obiezioni alla
validità indubbia di questo autore, ma esprimere opinione del tutto soggettiva.
Del resto, come spesso ho sostenuto e risostengo
oggi, la poesia è fatta di tante sfumature, spesso inafferrabili. In sostanza,
tuttavia, c’è sempre una parte ‘oggettiva’ unanimemente giudicabile, che è
quella ‘tecnica’ – relativa all’arte della versificazione, alla conoscenza di
tutte le nozioni necessarie per saper scrivere versi in modo accettabilmente
corretto – e una parte ‘soggettiva’, del tutto personale che coinvolge, oltre
all’autore, chi legge. Questa parte, che è la più rilevante perché riflette il
mondo del pensiero e dei sentimenti del poeta, la sua storia umana, l’habitat
culturale, il suo modo di sentire, è ovviamente suscettibile di maggiore o
minore empatia da parte del lettore. Ma non deriva da ciò un giudizio di
valore, bensì una maggiore o minore corrispondenza al testo, del tutto
opinabile in quanto legata appunto al gusto personale.
Detto ciò, coltivando quindi le mie motivazioni
soggettive, vi propongo alcune poesie relative alla figura di Pinocchio,
seguendo la dedica che l’autore rivolge a Carlo Lorenzini, Collodi, padre di
Pinocchio, al proprio padre Andrea e “ai padri che rendono possibile la vita di
chi cerca con piacere il cammino dell’incontro” [Montalto]. Aggiungo io, magari
con un percorso all’incontrario – come Pinocchio – dove le esperienze
divergenti, per molti versi eticamente discutibili, servono a capire chi siamo
e chi vogliamo diventare, quali percorsi dolorosi dovremo intraprendere per
costruirci migliori, quali zone abissali di noi dovremo scandagliare prima o
poi per fare i conti con noi stessi.
Sogni
a primavera
Ascolta
il fuoco,
la
fiamma parla, gioca, danza,
e
la vita
nasce
dal legno,
apparentemente
statico e freddo.
Ascolta
il cuore
e
con l'energia dell'amore
illumina
la mente,
perché
la vita
non
perisca al buio.
Chiama,
chiedi, cerca,
con
amore,
e
liberamente, sinceramente,
sicuramente
incontrerai
la
verità dei tuoi sogni,
in
una lunga primavera.
*
Al
campo dei miracoli
I
Corri
Pinocchio, vola
Cogli
un fiore Per la tua Fata
E
a Geppetto
Porta
un germoglio tenero
Non
cercare complicità scadenti
Quando
i gendarmi
Ti
sbarrano la strada
Ma
chiedi alla vita
Il
dono dell'abbondanza
Non
più burattino
Graffiato
Da
un torto irremissibile
II
Corri
Pinocchio, vola
E non perderti tra le nuvole
Per rincorrerne l’ebrezza
Il Paese dei Balocchi
È un sentiero
ancor più lungo
Che
segue il verso
Di
una girandola controvento
Libera
la tua anima
Dietro
al sogno di Lucignolo
E
non tradire le tue lacrime
Nell'inganno
di un miracolo
La prima poesia ci
parla del bambino di legno, Pinocchio, cui forse Geppetto dona i primi
rudimenti di vita essenziali: seguire il logos, il fuoco, il simbolo del
pensiero, della parola, della forza della mente, quindi, ma anche dell’amore,
della passione che anima ogni agire. Il fuoco è luce che nella poesia si
contrappone al buio della perdizione, che non avverrà se Pinocchio vivrà non da
sé e per sé, ma in una comunità di sentimenti e di affetti: “chiama, chiedi,
cerca”. Non si vive da soli, non ci si salva da soli. Un insegnamento morale
impartito con delicatezza e amore paterno.
Al campo dei
miracoli è l’invito al burattino-ragazzino di vivere con letizia la sua
età: “corri, Pinocchio, vola”, ma di avere obiettivi positivi, simboleggiati
dal portare un fiore alla fata, un germoglio a Geppetto, con delicatezza e
altruismo. “Non cercare complicità scadenti”, “Non perderti tra le nuvole per
rincorrere l’ebrezza”. Qui forse viene fuori il salto generazionale tra i padri
e i figli. Perché mai Pinocchio non potrebbe e dovrebbe imparare dagli incontri
determinanti della vita, anche se non edificanti in senso stretto? E,
soprattutto, perché perdere la bellezza dell’annegare tra le nuvole del cielo,
tra la creatività indeterminata e vagante dei sogni? Il ‘paese dei balocchi’ ha
un sentiero lungo e anche doloroso, è come una girandola controvento, ma talora
è l’unica via che può responsabilmente portare a crescere, con scelte meditate
e soprattutto proprie.
In
carrozza
per
Via del sole
Al
cuore stringo
la
giacca di Geppetto
-
verde pisello, quella
consumata
di mio padre
e
l'abbecedario,
rifiutata
ombra nella memoria,
con
fatica s'allinea al sussidiario,
sempre
nuovo e ingarbugliato
tra
quaderni e matite, che svogliati
zumpano
nella cartella di cartone,
briglie
sciolte e scorribande
al
suono della campanella ...
negli
anni
poi
...
dalla
marionetta al burattino,
nella
libertà del bambino (ri-)conquistato ...
sul
serio
studio
fino all'ultima goccia di sudore.
Trovo bellissima e intensa questa poesia, dove Pinocchio e
Geppetto vengono a identificarsi col poeta e il proprio padre in una vicenda
contemporaneamente di favola e di storia vera, in cui protagonisti sono i
sentimenti autentici, nudi e crudi, senza sentenziosità, senza moralismi, ma con
tanta vitalità di cuore.
Le ultime due poesie che propongo non vedono direttamente
protagonista Pinocchio, quanto tutti i suoi fratelli in carne e ossa, e non
solo ragazzini.
Il rifugio del mantello adombra ancora un po’ tra le
righe la figura del burattino e di Geppetto per alcune situazioni, che si
aprono a metafore universali. Nell’ultima poesia, Parole in dono, si
possono scorgere i messaggi conclusivi dell’autore sui valori salvifici
dell’Arte e della Bellezza, che generosamente bisogna sapere offrire agli
altri, perché fruttifichino per le vie mondo senza che siano trattenuti in modo
egoistico, come gli sterili tesori dell’avaro.
Il
rifugio del mantello
Nella
bufera,
tra
il vento e la pioggia,
aggrappati
al ramo d'ulivo,
reggiti
dritto in bilico,
non
vacillare e attento
a
non cadere vittima del drago;
manca
poco all'alba
perché
spunti
la
tua giornata di sole;
avvolgiti
nel
rifugio del tuo mantello
e
ascolta
la
corsa dei tuoi piedi,
che
sull'onda del cuore
salgono
la scala
che
porta luce di salvezza,
dove
tuo padre, maestro d'arte,
attende
parole d'ogni bene.
*
Parole
in dono
Non
sapevo cosa regalarti
Per
quanto mi sforzassi
Non
riuscivo a scoprire
Cosa
potesse renderti felice
Ho
allora pensato
A
cosa io avessi di più prezioso
Ed
è comparsa Poesia
Luce
colorata
Che
non deve mai mancare
Sulla
strada della tua vita
Versi
di sole offerti in dono
Alla
festa dell'equinozio estivo
Perché
riscaldino
La
tristezza di ogni tempo