giovedì 30 luglio 2020

Consigli di lettura a cura di Rita Pacilio: luglio 2020


Non finirò di scrivere sul mare di Giuseppe Conte – Lo specchio Mondadori
Toto corde di Maria Grazia Palazzo – La Vita Felice 2020
Nutrica di Daìta Martinez - LietoColle, 2019


Molti testi poetici sono incroci di similarità come se da un capo all’altro del mondo si creasse una vera e propria corrispondenza intellettuale. A volte, tutto questo avviene con slancio senza aver bisogno di una conoscenza diretta, fisica. Proprio come accade con i classici. Altre volte, permane il bisogno di un vincolo comunicativo con l’autore per la consegna diretta della risoluzione confidenziale del pensiero poetico. Ma l’attimo infinito della poesia risponde a tutti gli interrogativi del lettore, a ogni esigenza contemporanea perché il valore della poesia sa sempre come relazionarsi con la multiformità della vita.




da Non finirò di scrivere sul mare di Giuseppe Conte

E scriverò di te,
sempre di te, delle tue amare
verità di sale
della gioia che dai alle vele,
di te che sei ciurma e solitudine
di te che sei infinito e finitudine
padre o madre o fratello primogenito
spalancato come un abisso,
segreto come una conchiglia


da Toto corde di Maria Grazia Palazzo

Quando prendesti quel treno
ti si ruppe il cuore e stringevi il morso,
il vento ti frusto dal finestrino
strappando foglie, rami, stelle
e perdesti il remo, il regno e la ragione
e cadesti in un imbuto nero.
Ti ricomponesti, asciugando lacrime
non ancora versate sulle orbite
e le occhiaie, copiose lacrime ingoiate,
sistemandoti il vestito stirato e raggrinzito.
Ora mi sembra che il tuo giardino
riappaia in una rinascita inattesa
con il nespolo e il melograno,
le chianche bruciate dal fuoco
dei conti che non tornano
e arde di continuo, tra spasimi
al mondo per farti presente
e sembra dica
vita, vita, vita...
  

da Nutrica di Daìta Martinez

Proviamo amore
non mi sai

proviamo a vestire
la stanza

tu lì
il latte scaldato
il cuscino nei fiori
ferisce l’inizio
il silenzio

e io


Giuseppe Conte è uno scrittore, poeta, librettista, drammaturgo, traduttore e critico letterario italiano. Giuseppe Conte è nato a Imperia nel 1945 e vive a Sanremo. Ha pubblicato raccolte di poesia, saggi e romanzi, incentrati sui temi della natura, dell’eros, del mito. Tra le raccolte di poesia, L’Oceano e il Ragazzo (BUR, 1983 e TEA, 2002), Le stagioni (BUR, 1988, Premio Montale), Ferite e rifioriture (Mondadori, 2006,  Premio Viareggio), Poesie 1983-2015 (Oscar Mondadori, 2015), Non finirò di scrivere sul mare (Mondadori, 2019). I suoi romanzi: Primavera incendiata (Feltrinelli, 1980), Fedeli d’amore (Rizzoli, 1993), L’impero e l’incanto (Rizzoli, 1995), Il ragazzo che parla col sole (Longanesi, 1997), Il terzo ufficiale (Longanesi, 2002, Premio Hemingway), La casa delle onde (Longanesi, 2005, Selezione premio Strega), L’adultera (Longanesi, 2008, Premio Manzoni), Il male veniva dal mare (Longanesi, 2013), Sesso e apocalisse a Istanbul (Giunti, 2028), I senza cuore (Giunti, 2019).Tra i suoi saggi, Terre del mitoLettera ai disperati sulla primavera. Ha scritto anche libretti d’opera, testi teatrali, tra cui Ungaretti fa l’amoreNausicaaLe roy Arthur et le sans logis. Ha tradotto Blake, Shelley, Whitman e D.H. Lawrence. È autore di due antologie: La lirica d’Occidente e La poesia del mondo. È stato direttore di collana e consulente editoriale. Ha collaborato come autore a programmi di RAI. Scrive come editorialista sul Secolo XIX e come critico letterario sul Giornale. Nel 2015 ha ricevuto in Ungheria insieme a Charles Bernstein il Premio Janus Pannonius. Nel 2010 ha vinto il Premio Montale Fuori di Casa per la Sezione Poesia e nel 2015 il Premio Speciale LericiPea.

Maria Grazia Palazzo è nata nel 68, a Martina Franca (Ta), vive a Monopoli (Ba) dal 2006, dove si sono rotte le acque della poesia. Ha esercitato la professione di avvocato, per oltre vent’anni. Con l’arrivo di Amit dall’India nel 2014 è diventata mamma adottiva e nel 2015, con la seconda laurea in Scienze Religiose, è entrata nel mondo del super precariato della scuola.
Pubblicazioni in poesia: Azimuth (LietoColle, 2012); In punta di piedi (Terra d’ulivi, 2017); Pi Greco, piccolo e-book, (Stefano Donno, 2017); Andromeda (I Quaderni del Bardo, 2018). Altre poesie sono uscite in collettanea per altre case editrici e su siti web.

Daìta Martinez, segnalata e premiata in diversi concorsi è in antologica con Ladolfi, LietoColle, La Vita Felice, Mondadori, Akkuaria, Fusibilialibri, Ursini Edizioni, Cfr Edizioni. Autrice dei testi in video Kalavria. Ha pubblicato con LietoColle (dietro l’una), 2011, segnalata alla V Edizione del Premio Nazionale di Poesia “Maria Marino”, e nel 2013 la bottega di via alloro. Ha vinto il primo premio – sezione dialetto – del 7° Concorso Nazionale di Poesia Città di Chiaramonte Gulfi, ed è stata finalista – sezione opere inedite in lingua siciliana – della 44° edizione del Premio Internazionale di Poesia Città di Marineo. Inserita nell’Almanacco di poesia italiana al femminile “Secolo Donna 2018”, edizioni Macabor, nel 2019 ha pubblicato la finestra dei mirtilli, suite poetica a due voci, stilata insieme al poeta comisano Fernando Lena, Edizioni Salarchi Immagini, e ad aprile dello stesso anno il rumore del latte, Spazio Cultura Edizioni. È vincitrice del Premio Macabor 2019 – sezione silloge inedita di poesia – con pubblicazione ‘a varca di zagara in lingua siciliana.

martedì 21 luglio 2020

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Ad ogni ora" di Silvia Marzano (Genesi Editrice 2019)


Ho scelto oggi, per le nostre Letture condivise, testi che ci accompagnino nel mese estivo di luglio con naturalità e semplice bellezza perché ne sento, io per prima, la necessità. Ho sete di poesia come stato di grazia, di leggerezza, che ci faccia respirare a pieni polmoni, che ci serva da antidoto ai mesi pesanti che abbiamo trascorso per il Covid 19, alle ansie per l’incertezza di un futuro sospeso, nella prospettiva di una convivenza con una malattia ancora subdola e tuttora serpeggiante, piuttosto misteriosa  alle conoscenze medico-scientifiche. L’incognita dei prossimi mesi autunnali mina infatti la serenità di ogni progettazione a lungo e medio termine.
La poesia di Silvia Marzano corrisponde pienamente a queste aspettative di nitore formale, di gentilezza, di stupore ingenuo dell’essere vivente di fronte al creato, che è in grado di incantare e di consolare nonostante le vicissitudini del vivere.

Rossi papaveri
Rossi papaveri
sul bordo della strada,
sprazzi di bellezza
dono di un giardiniere
segreto
sorridono al mondo
e forse, umilmente,
lo salvano.

La strada verso Monfol
Orme di teneri ungulati
come petali di fiori
- i fiori di Andy Warhol ‑
e tracce di passi umani
si mescolano, si confondono
sulla strada appena innevata
verso Monfol.
Bianco e silenzio
circonda
e un debole sole
disegna l'ombra dei pini.
Una sola natura è tutto
e noi siamo spirito e amore
e occhi che contemplano.

Non eri tu
Non eri tu che amavo
ma un sogno.
Tu eri l'ombra di quel sogno,
l'apparenza
e per me eri tutto.
Ora soltanto so
della mia vita perduta
e delle stelle
che guardavo senza capire
che mai il cielo
avrebbe brillato
per me
e di te non sarebbe rimasto
che un sogno
scomparso come una stella
in un buco nero.

E nell'altra mano il dubbio
se sia davvero così.

Un petalo di sole
Un petalo di sole,
uno squarcio di luce
filtrava un mattino
d'estate.
Era un petalo
di sole
splendente sotto un mazzo
di rose.

Silvia Marzano ha un duplice aspetto nella sua vita di intellettuale e di artista. La sua poesia, così limpida, netta, comprensibile a tutti, è espressione di una pulizia interiore, di un’ingenuità “fanciullina” pascoliana, propria di chi guarda alla vita con immediatezza e con una speranza immanente al corso ultimo delle cose, nonostante le circostanze non sempre favorevoli del vivere. Se, come dice il suo maestro di Estetica, Pareyson, “l’opera è la persona dell’artista fattasi oggetto materiale, fisico, esistente”, devo dire che Silvia è proprio una grande allieva di cotale maestro: ne ha messo in pratica con la poesia la lezione teorica in limpidezza sintetica ed essenziale linearità.
L’altra sua faccia, senz’altro la più conosciuta, è di grande serietà di pensiero e di formazione. Filosofa, allieva di Pareyson - come ho appena detto - è stata docente di Ermeneutica presso la facoltà di Filosofia dell’Università di Torino, autrice di ponderose, importanti opere di pensiero, in particolare su Jaspers e Derrida. La profondità dell’introspezione filosofica, tuttavia, si apre in lei ad una scrittura “altra”: in poesia si rivelano emozioni, sentimenti, segreti suoni della parola, simboli che rimandano ad altro, colpiscono nella loro prospettiva polisemica, pur mantenendo un’ingenuità infantile, una chiarezza di significato primo, inequivocabile, davvero coinvolgente.
L’autrice stessa, da pensatrice e filosofa, meglio di chiunque altro nell’introduzione al volume riesce a donarci il senso del suo fare poesia: “le mie poesie sono affezioni dell’anima, brevi epifanie, un attimo che attraversa il tempo, silenzi, sogni, ricordi, piccoli idilli sulla bellezza della natura. Sono per me una sonanza, l’ascolto di un Dire che, riflesso da un’emozione, si fa ritmo. Una traccia, una parola evanescente che rinvia a un altrove”.

Una stella alpina*
Una stella alpina
composta con arte,
dietro il vetro di una foto,
una foto felice del mio papà,
mi ricorda un dono,
un (per)dono, l'anima vera
di un maestro.

* La stella alpina era conservata fra le pagine del libro Carlo Jaspers, imprestato dal Professor Luigi Parey­son all'allora laureanda S.M., che era stata allieva an­che di sua moglie. Per un impulso improvviso, in­consueto e irriflessivo, S.M. la prese e la collocò dietro la foto che ritraeva in montagna il padre, di cui era orfana fin da molto piccola. Il Professore, cupo e mol­to sorpreso chiese spiegazioni. Avutele, lasciò con bre­vi parole la stella alpina e passò ad altro argomento.

Una piccola volpe
Una piccola volpe
gentile
entrò nel giardino
di montagna.
Forse era sola, era affamata
e fu grazia e pena
solidale.

La traccia
Ora che siamo
carichi d'anni
tu ed io
ci ricordiamo ancora
di quel che non è stato
e avrebbe potuto essere
o forse no,
non avrebbe potuto
ed è meglio cosi
perché è rimasto intatto
l'incanto
inciso nella memoria.
Resta la traccia
dell'impossibile
che non è avvenuto.
Ma la traccia è tutto,
mentre si scolora il tempo
e avvampa ancora il viso.

Poesia semplice ed emozionante, senza progetto di una precisa poetica, ma con un “farsi” di versi e parole dettate dalle profonde risonanze dell’anima, che fissano sulla carta spazi, pause, ritmi musicali, silenzi bianchi. Restano gli struggimenti del cuore, il ritorno ciclico delle stagioni nel trapassare degli anni e degli umani percorsi. Restano percepibili questi versi sul foglio, semplici, brevi, ma di intensa significazione. Dice l’autrice: “sono luci ermeneutiche del divino silenzio”. Parole di Dionigi l’Areopagita, uno dei mistici a lei più cari.
Alla semplicità espressiva dei testi poetici è sotteso un substrato di pensiero di grande organicità e coerenza che fluisce nei versi senza supponenza e ce li rende intimamente “nostri”.

Prossimo appuntamento a metà settembre.
A chi legge l’augurio di un’estate di gioia e di poesia!
Marvi del Pozzo