In tutto il
libro di Francisco De Asís Fernández Arellano, Luna bagnata, pubblicato in Italia
dalla Casa Editrice Raffaelli, nella traduzione di Emilio Coco, è costantemente
presente una natura selvaggia e primordiale, a volte onirica.
Allo stesso modo
dai suoi versi si sprigiona una forza non usuale, tempestosa, che penetra,
sconvolge e scuote.
In tutto questo
l’ombra è silenziosa ed emerge invece una luce abbagliante. Le parole stesse
diventano forti e lucenti. E’ come se il canto dei suoi versi illuminasse
l’oscurità.
Il poeta irrompe
nei sentimenti, nelle emozioni, nella parte più nascosta e intima di ognuno di
noi e ci porta in una dimensione pura, antica. E’ come se non esistesse il
tempo, ma l’impeto tumultuoso dell’animo umano che lotta, si dilania e
profondamente ama.
Nella poesia
“Come erano le aurore all’inizio del mondo?” (¿Cómo eran las urores al
principio del mundo?) Francisco scrive:
Come erano le
aurore all’inizio del mondo
quando le tue
palpebre scure aprivano la luce
e l’humus del
tuo piede depositava la pioggia sulle foglie secche
e io mettevo
occhi alle piume del pavone per spiarti?
Di che colore
era il rossore quando scoprimmo il fuoco
e dipingemmo le
grotte di Altamira,
quando
inventammo l’occhione, le macchie della tigre,
i piccioni viaggiatori e le virtù del mare,
quando mettemmo
Orione e la stella Boreale nel cielo
e dividemmo il
mondo con una linea immaginaria?
Come lasciasti
cadere il Tequendama
quando il mondo
era la verginità della selva e il grugnito del mio amore?
Da dove apparivano
la notte e le farfalle
quando si
accendeva il cielo perché io incontrassi la tua mano?
Quale era la
sostanza dei sogni
quando il Tigri
e l’Eufrate sgorgavano dalle tue braccia
e mi stringevano
al Paradiso?
¿Cómo eran las auroras al principio del
mundo
cuando tus párpados morenos abrían la luz
y el humus de tu piel empozaba la lluvia
sobre la hojarasca
y yo le ponía ojos a las plumas del pavo
real para acecharte?
¿De qué color era el rubor cuando
descubrimos el fuego
y pintamos las cuevas de Altamira,
cuando inventamos el alcaraván, las
manchas del tigre,
las palomas mensajeras y las virtudes del
mar,
cuando pusimos a Orión y la estrella
Boreal en el cielo
y dividimos el mundo con una línea
imaginaria?
¿Cómo dejaste caer el Tequendama
cuando el mundo
era la virginidad de la selva y el gruñido de mi amor?
¿De dónde
aparecían la noche y las mariposas
cuando se encendía el cielo para que yo
encontrara tu mano?
¿Cuál era la sustancia de los sueños
cuando el Tigris y el Éufrates manaban de
tus brazos
y me ceñían al
Paraíso?
In questi versi
troviamo il senso primordiale dell’uomo, una purezza selvaggia e limpida. Qui
l’amore diviene tutt’uno con la natura impetuosa e dolcissima. C’è un pensiero
intenso. Non è solo l’uomo che interroga se stesso, ma è l’intera umanità che
viene chiamata alla riflessione. E’ proprio questo status originale dell’essere
umano che racchiude il senso e il mistero della vita.
In questo libro il poeta tocca i
sentimenti, li esprime, li fa divenire nostri. Nella poesia “L’ultima musa” (La
última musa) dedicata a Mary Jane Mulligan Francisco scrive:
Aveva il passo felpato del leopardo,
era squisita goccia di follia.
Non posso dimenticare gli occhi di quella
donna
col film della sua vita nella retina.
Lei annichilita sulle banchine
senza poter abbordare nessuno dei suoi
sogni.
Quegli occhi più intensi delle notti del
Lower East Side
e delle cascate del Niagara,
deteriorandosi le ciglia,
lo splendore delle sue ali.
E lei con la sua bellezza feriva la
nostra solitudine.
E lei col suo silenzio minerale.
Ma poco a poco i suoi treni deragliarono,
l’alcol la sparò su tutte le copertine dei dischi degli anni
60
dove lei appariva (o poteva essere
apparsa) a rappresentare il rock,
la droga, la Rivoluzione e un altro modo
di vedere il mondo.
Finché non seppe più quale fosse la
realtà e quale la sua immaginazione.
Non posso dimenticare gli occhi di quella
donna
con tanti sogni distrutti.
Era sigilosa como el leopardo,
exquisita gota de locura.
No puedo olvidar los ojos de esa mujer
con la película de su vida en la retina.
Ella destrozada en los andenes
sin poder abordar ninguno de sus sueños.
Esos ojos más intensos que las noches del
Lower East Side
y las Cataratas del Niágara,
desbaratándose las pestañas,
el esplendor de sus alas.
Y ella con su belleza nos dañaba la
soledad.
Y ella con su silencio mineral.
Los trenes se le fueron descarrilando,
los tragos le dispararon a todas las
portadas de los discos de los 60
donde ella aparecía (o podía haber
aparecido) representando el rock,
la yerba, la Revolución y otra manera de
ver el mundo.
Hasta que dejó de saber cuál era la
realidad y cuál su imaginación.
No puedo olvidar los ojos de esa mujer
con tantos sueños derrotados.
E’ una poesia che non esprime solo il
dolore e la delusione, ma la forza del dolore e della delusione. Rappresenta il
sogno infranto e per far ciò il poeta torna a utilizzare la metafora della
natura. In tutti questi versi aleggia un personaggio principale: la solitudine.
Quella solitudine che è dentro ognuno di noi e che ci fa sentire piccoli e
indifesi davanti l’immensità del cosmo.
La poesia “Luna bagnata” (Luna mojada)
che dà il titolo a tutta l’opera è un altro esempio di forza e lucentezza. E’ una poesia materica. E pur essendo la
terra, le radici, la natura intensamente chiamate ed evocate in questi versi vi
è pure una rarefazione che crea un velo di sogno. Forse è il sogno dell’uomo
che neanche il dolore può distruggere. Il sogno o la fede di ritrovarsi anima
oltre la pietra, oltre il vero.
Luna bagnata
C’è un posto nell’oscurità del sonno
dove la mia anima si nasconde come un
morto da anni.
Il problema è svegliarsi,
tornare dal profondo della terra.
E del nulla.
Con dolore paga l’anima e paga il corpo
atterrito spingendo la pietra.
E mi sveglio
cercando la luce nello sprofondare dei
sogni
(cercare sapendo che vivrò invano).
E quando alla fine esco
è la mia anima ad affiorare e la vedo
partire.
E torna a vedere il mio corpo sotto il
peso della terra
quando la morte senza fine non ha più
parole
né ricordi,
e mi sveglio di nuovo a scoprire questo
miracolo.
Luna mojada
Hay un lugar en la oscuridad del sueño
donde mi alma se esconde como un muerto
de años.
El problema es despertar,
volver de lo profundo de la tierra.
Y de la nada.
Con dolor paga el alma y paga el cuerpo
aterrado empujando la piedra.
Y me despierto
buscando la luz en los socavones de los
sueños
(buscar sabiendo que voy a vivir en
vano).
Y cuando salgo al final
mi alma es lo que aflora y la veo partir.
Y vuelve a ver mi cuerpo bajo el peso de
la tierra
cuando la muerte sin fin ya no tiene
palabras
ni recuerdos,
y despierto nuevamente a descubrir este
milagro.
Lo stile poetico di Francisco De Asís
Fernández Arellano ci richiama un grande poeta italiano del passato: Vincenzo
Cardarelli (n.1887 m.1959) che io amo moltissimo. Cardarelli non amava la
poesia artificiosa, ma il verso chiaro, trasparente e musicale. Diceva che
tramite la poesia si poteva parlare all’anima. Così i versi di Francisco
splendono per la loro forza e la loro chiarezza e penetrano nell’anima di tutti
noi.
Cinzia Marulli
Francisco de Asís Fernández Arellano è
nato nel 1945 nella città di Granada, Nicaragua. È presidente della Fondazione
Festival Internazionale di Poesia di Granada, dall’anno 2005; membro
corrispondente dell’Accademia Nicaraguense della Lingua. Nel 2008 è stato
nominato Figlio Diletto della Città di Granada. Nel 2013 è stato insignito
della Medaglia d’Onore d’Oro dell’Assemblea Nazionale del Nicaragua; decreto
approvato per unanimità dai Deputati nell’Assemblea Nazionale del Nicaragua.
Nel 2014 è stato insignito della Croce dell’Ordine del Merito Civile,
concessagli dal Re di Spagna Juan Carlos I. Libri di poesia pubblicati: A
principio de cuentas (Editorial Finisterre, 1968), La sangre constante
(Ediciones del Centro Universitario de la UNAN, 1974), En el cambio de
estaciones (Editorial UNAN, 1982), Pasión de la memoria (Editorial Nueva
Nicaragua, 1986), FRISO de la poesía, el amor y la muerte (Fondo Cultural del
Banco Nicaragüense, 1997), Árbol de la vida (Ediciones del Centro Nicaragüense
de Escritores, 1998), Celebración de la inocencia (Editorial CIRA, 2001),
Espejo del artista (Ediciones del Centro Nicaragüense de Escritores, 2004),
Granada: infierno y cielo de mi imaginación (Editorial Amerrisque, 2008).Tra le
sue opere più recenti ricordiamo Crimen perfecto (E.D.A Libros, 2011), La
traición de los sueños (Editorial Alfar, 2014) e Luna mojada (Granises
Servicios Editoriales y de Comunicación, S. A., de C. V. [La Otra], Città del
Messico, 2015). La sua poesia è stata tradotta in diverse lingue.
Francisco de Asís Fernández Arellano
nació en 1945 en la ciudad de Granada, Nicaragua. Es presidente de la Fundación
Festival Internacional de Poesía de Granada, desde el año 2005; miembro
correspondiente de la Academia Nicaragüense de la Lengua. En 2008 fue nombrado
Hijo Dilecto de la Ciudad de Granada. En 2013 fue condecorado con la Medalla de
Honor en Oro de la Asamblea Nacional de Nicaragua; decreto aprobado por
unanimidad de los Diputados en la Asamblea Nacional de Nicaragua. En 2014 fue
condecorado con la Cruz de la Orden del Mérito Civil, otorgada por el Rey de
España Juan Carlos I. Poemarios publicados: A principio de cuentas (Editorial
Finisterre, 1968), La sangre constante (Ediciones del Centro Universitario de
la UNAN, 1974), En el cambio de estaciones (Editorial UNAN, 1982), Pasión de la
memoria (Editorial Nueva Nicaragua, 1986), FRISO de la poesía, el amor y la muerte
(Fondo Cultural del Banco Nicaragüense, 1997), Árbol de la vida (Ediciones del
Centro Nicaragüense de Escritores, 1998), Celebración de la inocencia
(Editorial CIRA, 2001), Espejo del artista (Ediciones del Centro Nicaragüense
de Escritores, 2004), Granada: infierno y cielo de mi imaginación (Editorial
Amerrisque, 2008). Entre sus obras más recientes están Crimen perfecto (E.D.A
Libros, 2011), La traición de los sueños (Editorial Alfar, 2014) y Luna mojada
(Granises Servicios Editoriales y de Comunicación, S. A., de C. V. [La Otra],
México, Distrito Federal, 2015). Su poesía ha sido traducido a varios idiomas.
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