sabato 31 ottobre 2020

Consigli di lettura a cura di Rita Pacilio: ottobre 2020


Polveri nell’ombra di Antonio Spagnuolo - Oèdipus Edizioni, 2019

 Assenza di segnale di Gaetano Giuseppe Magro – La Vita Felice, 2020  

Gli echi della vita di Daniela Basti - La Vita Felice, 2020

Anche le parole hanno la pelle d’oca di Tullia Ranieri- La Vita Felice, 2020

 

 

Il paesaggio umano della poesia

 

Nelle letture del mese di ottobre 2020 la parola è sempre più attenta a classificare dettagli e atmosfere della vita mantenendo intatto il suo mistero attraverso un ritmo e un verseggiare che fa pensare a paesaggi umani ampi e complessi. Le diverse personalità stilistiche ed esperienziali degli autori qui elencati proiettano esattamente il nostro tempo emblematico in cui la forza della concentrazione risulta essere più interiore che tecnico/ manieristica, dunque più meditativa, intima e spontaneamente conflittuale. La forza sta nell’imbastire discorsi convincenti sull’essenza indecifrabile del tutto/niente che costantemente chiediamo alla poesia. rp

 

 

da Polveri nell’ombra di Antonio Spagnuolo (Oèdipus Edizioni, 2019)

 

Ricordi

 

Il tuo bacio aveva anche il sapore

del temporale di agosto,

quando il calore

cede alla pioggia e il cielo

ha le urla di Giove.

Tu,

sempre bambina al mio desiderio.,

aprivi petali, sciogliendo oltre il respiro

il cuscino imperlato e il calco d’ombre

che vorticava al sussurro.

Ora ti cerco di notte, tra l’uggia e il viola,

nella vecchia illusione dei capelli

imbiancati dal tempo in solitudine.

 

da Assenza di segnale di Gaetano Giuseppe Magro (La Vita Felice, 2020)

 

Gli alberi

 

gli alberi hanno i piedi nella neve

e per questo si muovono di notte

quando i bambini ancora dormono

 

bussano alle porte avare d’incardinamenti

non entrano perché nessuno avanza un invito

nelle calde e adulte stanze degli avanzi serali

 

ho sognato per poco che gli alberi fuori

giocavano a mosca cieca nel mio finto giardino

perché vogliono evitarci negli esercizi di trafittura

 

l’alba corposa è la madre che li aspetta ubriaca

in fila indiana tornano, uno dopo l’altro, prendendosi

per mano, talora cambiano nome nel gioco del niente nano

 

da Gli echi della vita di Daniela Basti (La Vita Felice, 2020)

 

Il tempo

 

Il tempo è

stormire della speranza

fusa nel domani.

Attonita la luce

dei gesti, degli sguardi

si intreccia alle parole

 

nelle annoiate stanze

 

c’è fretta, sempre fretta,

si fondono i sapori,

un’ossessione batte

la danza delle ore.

Poi un’altra luce

Filtra in nuove terre

E l’orizzonte incupito si schiara,

àncora ancora.

 

da Anche le parole hanno la pelle d’oca di Tullia Ranieri- La Vita Felice, 2020

 

Sfumato

 

E così me ne sto.

In tratti di sanguigna,

lo sfumato del mio corpo.

Contorni labili

un foglio incollato

alla parola Vita.

Nasco dalle tue mani,

ti agita

un sentimento greco

addurre la bellezza

come pretesto e senso.

È un lampare di occhi,

di denti, ricerca umida,

mare ispido,

il nome, il nome,

cade una sola notte,

fulmine azzurro.

 

Anche le parole

Hanno la pelle d’oca.

 

Antonio Spagnuolo è nato nel 1931 a Napoli, dove vive. Ha pubblicato i volumi di poesia: Ore del tempo perduto (Intelisano, 1953), Rintocchi nel cielo (Ofiria, 1954), Erba sul muro (Iride, 1965, prefazione G. Salvati), Poesie 74 (SEN, 1974, prefazione D. Rea), Affinità imperfette (SEN, 1978, prefazione M. Stefanile), I diritti senza nome (SEN, 1978, prefazione M. Grillandi), Angolo artificiale (SEN, 1979), Graffito controluce (SEN, 1980, prefazione G. Raboni), Ingresso bianco (Glaux, 1983), Le stanze (Glaux, 1983, prefazione C. Ruggiero), Fogli dal calendario (Tam-Tam, 1984, prefazione G.B. Nazzaro), Candida (Guida, 1985, prefazione M. Pomicio, Premio Adelfia e Stefanile), Dieci poesie d’amore e una prova d’autore (Altri Termini, 1987, Premio Venezia), Infibul/azione (Hetea, 1988), Il tempo scalzato (All’antico mercato saraceno, 1989), L’intimo piacere di svestirsi (L’Assedio della poesia, 1992), Il gesto – le camelie (All’antico mercato Saraceno, 1992, Premio Spallicci), Dietro il restauro (Ripostes, 1993, Premio Minturnae), Attese (Porto Franco, 1994, illustrazioni di Aligi Sassu), Inedito 95 (nell’antologia di G. Manacorda “Disordinate convivenze”, L’assedio della poesia, 1996), Io ti inseguirò (venticinque poesie intorno alla Croce, Luciano Editore, 1999), Rapinando alfabeti (L’assedio della poesia, 2001, prefazione P. Perilli), Corruptions (Gradiva Pubblications, 2004, trad. L. Bonaffini), Per lembi (Manni, 2004), Fugacità del tempo (Lietocolle, 2007, prefazione G. Finzi), Ultime chimere (L’arcafelice, 2008), Fratture da comporre (Kairòs, 2009), Frammenti imprevisti (“Antologia della poesia contemporanea”, Kairòs, 2011), Misure del timore (1985/2010, Kairòs, 2011), L’evoluzione delle forme poetiche (“Antologia di poesia contemporanea”, Kairòs, 2013), Il senso della possibilità (Kairòs, 2013), Oltre lo smeriglio (Kairos, 2014), Non ritorni (Robin, 2016), Canzoniere dell’assenza(Kairos, 2018); i volumi di prosa: Monica ed altri (racconti, SEN, 1980), Pausa di sghembo (romanzo, Ripostes, 1994), Un sogno nel bagaglio (romanzo, Manni, 2006), La mia amica Morèl (racconti, Kairòs, 2008); il volume di teatro Il cofanetto – due atti (L’assedio della poesia, 1995). Nel 2007 ha realizzato la Antologia di poeti contemporanei Da Napoli/verso. Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali, collabora a periodici e riviste di varia cultura. Attualmente dirige la collana “Le parole della Sybilla” per Kairòs editore e la rassegna” poetrydream” in internet.

Gaetano Giuseppe Magro, nato a Donnalucata-Scicli (RG) il 13 marzo 1966, è Professore Ordinario di Anatomia Patologica, Facoltà di Medicina e Chirurgia di Catania. Esperienze letterarie:
Prosa: Il mare metafisico di Punta Corvo (Manni Editore, 2005) Formalina (Fara Editore, 2013).
Poesia: Fontana delle ore (A&B editrice, 2001) Non sbagliò il vento (Libroitaliano, 2002) Impermanenza (Giornale di Scicli, 2005) Il glomerulo di sale (Fara Editore, 2010) Le lumache mediocri (LietoColle, 2011) Il vaniloquio delle cellule ebbre (2014 su Incrocionline, Adda Editore)

Daniela Basti laureata in Lettere Moderne (Storia) e, successivamente, in Psicologia (Clinica), ha insegnato per diversi anni presso la Casa di Reclusione romana di Rebibbia, dove ha realizzato numerose proposte educative e culturali, tra cui quella che si è concretizzata nella pubblicazione del libro Ricette d’evasione (Cucina&Vini 2005). Ha svolto inoltre nel Centro Clinico di Regina Coeli e presso Rebibbia attività di volontariato e progetti a carattere psicologico. Ha pubblicato saggi di Storia Moderna e di storia della psicoanalisi e, in poesia, le sillogi Nelle vie (LietoColle, 2008) e Il sole forse – poesie del carcere (LietoColle, 2013).

Tullia Ranieri Scrittrice e attrice, Tullia Ranieri ha al suo attivo numerose esperienze artistiche. Dopo aver frequentato la facoltà di Giurisprudenza, ha intrapreso gli studi di canto e recitazione con successive collaborazioni con compagnie teatrali professionali. Diplomata in Incisione e Grafica d’Arte presso la Scuola di Arti Ornamentali San Giacomo di Roma, ha partecipato con opere in catalogo a mostre nazionali e internazionali. Con Leo Osslan, è curatrice della nuova collana di poesia di Fefè Editore. Organizza eventi culturali con percorsi di lettura in forma mista e si occupa, inoltre, di progetti di diffusione della poesia nelle scuole, con laboratori di scrittura e lettura. Suoi testi poetici e racconti sono presenti in varie antologie. Nel 2020 ha pubblicato, con Ermanno Dodaro, il romanzo Spostando l’acqua in un tuffo. Lastovo, l’isola ubriaca di luce (Fefè Editore).

lunedì 26 ottobre 2020

L'urlo della poesia: "Indiscrezioni dal fortilizio" di Sergio Carlacchiani (Edizioni RPlibri 2020)

Indiscrezioni dal fortilizio” è ben oltre che un libro di poesie (che già non è di certo poco), è uno scrigno che abbraccia, conserva e ci mostra una vita spesa con assoluta dedizione all’arte dove la “parola poetica” diviene sorella siamese dell’espressione figurativa. Così, Sergio Carlacchiani, già stimatissimo artista, ci dona questo libro irrinunciabile scritto con la penna e con il pennello e nel quale è impressa a fuoco la sua anima.

La sua è una parola forte e indomita; è come l’urlo di un uomo che, pur riconoscendo la sua fragilità, non si piegherà mai al compromesso dell’esistenza stereotipata. Tutto il libro è permeato da un protagonista principe ovvero “la libertà”, che non è solo del corpo, ma soprattutto della mente e del sentire. Perché non esiste arte senza libertà e nello stesso tempo non esistono catene che possono imprigionare l’arte. Questa, secondo me, è l’essenza di Sergio Carlacchiani e della sua arte-poesia. Nel libro “Indiscrezioni dal fortilizio” pubblicato nel 2020 dalle Edizioni RPlibri troviamo poesie intense e delicatissime nel contempo e che vi invito a leggere con attenzione perché forte è il loro messaggio, potente la loco evocazione.

                                                                                                       Cinzia Marulli

 

Da Indiscrezioni del fortilizio (RPlibri 2020) 

 

Siamo poesia matasse di nuvole da disbrogliare

 

Anime belle siamo fantasia incontri casuali velati di malinconia

ottime scelte marionette senza fili preghiere diventate musica

conforto che l’esistenza propone nello smarrimento quando

il tempo è sospeso tenuto vivo dalla parola indefinibile salvata

dal manicomiale chiacchiericcio anestetizzante d’un pedante

niente borghese che tutto vuole inghiottire siamo strani ritratti

scontornati dal vento parliamo ai silenzi di tesori chiusi dentro

imperscrutabili solitudini siamo come voli sospesi leggeri sacri

chiamati dalla bellezza al sacrificio di schiudere ostili oscurità̀

colme di sofferenza che nell’aldilà̀ accompagnano e resistono

con lo sguardo imperturbabile aperto rivolto a un cielo di vita

che sbroglia matasse di nuvole per farne poesia a Dio gradita.

 

Puntino luminoso indisponibile alla folla

 

In questi giorni vago per l’Italia e il mondo

per la mia città che si ripopola d’esistenze

un’immagine che si restituisce alla vita


e non si identifica con niente

sono la soglia dove finisce ogni illusione

dove lo schermo si lacera s’incrina

s’ammutolisce di musica e voce

svanisce restando puntino di luce

fisso sul muro diventato elettrico

sono ombra sfigurata incappucciata

sono la vita spenta in un monitor

il traguardo l’ultima tappa del magma

non cercate da me spiegazioni

non sono io che andrò a cercarle

sono tornato bambino innocente

sceso nelle profondità̀ dell’oscurità

piango privo del giocattolo dell’identità.

 

Dio fluisce gioioso

 

M’inoltro in un sentiero di campagna

so di regalarmi un tempo incantato

rapisce una qualsivoglia apparizione

straordinaria ogni volta come dorata

la luce mossa da un vento spensierato

la corsa a perdifiato sopra l’erba viva

mi riporta indietro alla fanciullezza

immutabile carezza come fosse

la prima volta d’un epoca lontana

la vita a volte segue un rimpianto

ti lascia muto a invocare un affetto

in un silenzio che non è solitudine

ma in-canto gioioso respiro vitale

che scorre invisibile inafferrabile

dalla terra all’aria è il benevolo Dio

che ogni rio peccato e colpa sperde

il cielo svaria sulle selvose montagne

le nuvole inseguono scrutano il verde.

 

Al capezzale della sofferenza del mondo

 

A notte fonda passo il tempo

a frugare negli arcani pensieri

il sogno è durato troppo poco

già come un dannato diavolo

che dall’abisso aspira alla luce

girovago per le stanze della casa

la luna solo un puntino luminoso

appare e scompare dietro le nuvole

vuole giocare a nascondino con me

vorrei pregarla di dirmi la verità ma

questo non è un momento propizio

portavoce di luce indossa le tenebre

che domani saranno un temporale

resterò sveglio per commiserarmi

muto attonito fisso come un lampione

poserò lo sguardo nel vuoto assoluto

al capezzale della sofferenza del mondo

mi sento abbracciato una prece il silenzio

gemo penosamente piango commosso.

lunedì 5 ottobre 2020

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Incerto destino" (Ed. disegnodiverso 2019) di Stefano Vitale - illustrazioni di Albertina Bollati

Stefano Vitale, filosofo torinese, è poeta, critico, musicologo, fondatore ed animatore dell’Associazione Amici dell’Orchestra Sinfonica RAI, persona di grande apertura e profonda curiosità intellettuale. La sua voce di poeta canta la nostra realtà perché è nel mondo, in cui ci tocca vivere, che cerchiamo il senso del nostro percorso umano, agiamo e vorremmo la realizzazione della nostra parola scritta, soprattutto se interpretiamo la realtà tramite la poesia. Ma la vocazione di un poeta non è tanto quella di raccontare quanto di interpellare, per comunicare, per confrontarsi con gli altri, assumendosi talora anche il compito morale di opporsi alle contraddizioni, alle storture dei tempi in modo critico e fattivo. Non viviamo infatti nel migliore dei mondi possibili, purtroppo, e Stefano Vitale non è certo il volterriano Candide.

La poesia sfugge alle facili classificazioni di genere e può succedere che una poesia, nata come prettamente lirica, fatta di vivide immagini, di colori, di emozioni, di intensa musicalità (non solo nel verso, ma soprattutto nello spirito) diventi un’intensa poesia civile che affronta tematiche scottanti del nostro tempo. È questo il caso di Incerto confine, che si avvale in modo mirabile dell’apporto, a sostegno dei versi, delle illustrazioni - solo apparentemente ingenue, in realtà di rara comunicativa e profondità sintetica - dell’artista Albertina Bollati.


 

In che cosa quest’opera mi è parsa particolare?

La poesia civile raramente riesce a volare alta: riferimenti gnomico-sentenziosi, volere o no, la vincolano alla “terrestrità”, impediscono la libertà aerea del librarsi poetico, caratteristica imprescindibile di ogni opera d’arte. Ciò non avviene in Incerto confine: qui ci coglie una limpidezza, una trasparenza di significato e di suono che nobilita la Parola e, per contrasto, la eleva sulla follia di un concreto fatto di muri, di barriere, di costruite separazioni, di pregiudizi relativi ad ogni “diversità” sociale.

Questa di Vitale è una poesia che include, non esclude.

 

                        Così la vita smette

sempre nuove foglie lontano da qui

muto fiorire di luce

nel marcire del tempo.

 

La parola di Stefano Vitale si oppone ad ogni tipo di muro della nostra società diseguale e l’autore la propone con forza ma anche, ossimoricamente, con gentilezza, nel fiorire delle immagini che invitano alla pacificazione, al respiro comune, al  ritorno di una libertà del sentire e del vivere insieme.

Della importante prefazione al libro di Vittorio Bo mi piace citare i versi conclusivi: sono di Giorgio Caproni, poeta del Novecento, che amo molto per il suo dire lineare ed incisivo insieme:

 

Confine diceva il cartello

cercai la dogana, non c’era

non vidi dietro il cancello

ombra di terra straniera

                                   Giorgio Caproni

 

Stefano Vitale raccoglie il testimone e porta avanti il messaggio, attualizzandolo.

Da Incerto confine vi propongo questi testi:

 

Affacciàti *

Spiare lo stupore del giorno

affacciàti alla finestra dello sguardo

interrogare con un battito di ciglia

il disordine del mondo

negli scorci di luce sfasciata

si perde il ricordo di noi

senza padroni e senza gloria

vanno e vengono senza posa

le anonime stagioni dell'esistere

senza peso non c'è rimorso

nell'incerto sfumare

restiamo affacciàti

su strade di vetro, sabbia e lamiere

che oltrepassano il confine

senza passaporto, senza controlli alla dogana.

Così la vita mette

sempre nuove foglie lontano da qui

muto fiorire di luce

nel marcire del tempo.

 

*"Affacciati" è il titolo di una mostra fotografica di Luigi Rusconi

   esposta alla Biblioteca "Osvaldo Berni” di Riccione nel 2014

 

*

Cerca un punto fermo

spillo che ti tenga

appeso ad una carta

dai confini certi e chiari

colori sempre uguali

ma inutile e lo sforzo

si alza la marea

s'incurva l'orizzonte

sparisce quel sentiero

sgretolandosi il profilo

del mondo conosciuto

ritorna pietra, selva e canto

un nuovo grido scheggia

la certezza di quel muro

si sposta la linea dello sguardo

un metro più in là.

 

*

In questo incerto confine

I.

Non siamo dentro e neppure fuori

in questo incerto confine mobile

che cambia nei giorni di vento

quando incespica il passo

nel filo dell'ombra impassibile

oltre il lembo di luce morente

è insondabile quel che

fa la differenza.

 

II

Stare fermi, non fare un passo oltre

l'Altro è il confine, attimo che s'inarca

nella comune trama segreta

tregua della perfetta imperfezione

senza una soglia il peso del cielo

è pietra tombale

e il profumo dei tigli sul viale

è il solo felice confine

da attraversare.

 

*

Perché non essere

come le nuvole?

Poter cambiare forma

luce, colore e direzione

nel disordine del vento

imparare il controcanto

segreto delle cose

viste da lontano

scolpite nel marmo dell'istante

senza altre distrazioni

ruotare a vuoto su se stessi

imprevedibile necessità

d'una anima sottile e d'aria

che, sorridendo o bestemmiando;

dobbiamo sopportare,

liberare.

 

*

La grazia dei salvati

II

Non si percepisce più

il senso della migrazione

stato dell'essere in fuga

mito un tempo ora sventura

e vince la partita il dio della paura

sotto il mantello del cielo

che ora più non protegge

sul confine della terra nera

là dove risplende il bianco e l'oro

della grazia dei salvati.

 

Forte è la carica di responsabilità che promana da quest’opera di Bollati e Vitale. La sinergia cercata tra i due sensi - udito e vista, ascolto di versi e visione di forme e colori - acuisce in progressione geometrica l’incisività del messaggio civile dei due artisti. Come scrive il critico Fabrizio Bregoli su Laboratori Poesia, il messaggio centrale dell’opera è la consapevolezza che, perché la nostra cultura non si disumanizzi in tutti i sensi, la salvezza sta “nel suono largo, cioè in quello spazio di accoglienza che versi ed immagini cercano insieme per rimediare alle colpe del mondo”, alle nostre e a quelle della società attuale - aggiungerei io - cui siamo spesso, per superficialità più che per dolo, conniventi.

 

La poesia pensante di Vitale serve a farci riflettere, proponendoci anche un serio stimolo di discussione a proposito del diuturno quesito sull’utilità pratica della poesia nella vita di oggi. Quesito sempre attuale, sempre riproposto ad intermittenza. Come dice Stefano:

 

La chiave è nella Parola

suono che resta accanto

colore della pazienza

distesa sul passaggio delle ore

passione e destino senza nome.

 

Messaggio quanto mai lineare, ma non di facile realizzazione pratica: per il poeta la chiave è nella Parola, ma per tutti i lettori si tratta di impegnarsi ad individuare quale sia la chiave segreta della propria passione e del proprio destino, non per accettarlo ma per sceglierlo e viverlo quotidianamente, in modo non strumentale ma come finalità responsabilmente prioritaria, del proprio esistere.

Se non è poesia civile questa, che invita a tali riflessioni personali...

Marvi del Pozzo