domenica 26 maggio 2019

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: Antonietta Guadagnino


Questa volta sono più numerose del solito le letture condivise, e a ragion veduta: vi propongo un’autrice schiva, che rifugge il pubblico e le pubblicazioni perché modesta, quasi inconsapevole di sé, per nulla saccente o presuntuosa. Non c’è altro modo quindi per presentarla: proporre testi per fare conoscere la gentilezza e l’umanità profonda del suo dire, la semplicità che arriva diretta al lettore a dimostrare, senza volere creare equivoci, che poesia può essere anche linearità di sentire, elementarità di parole quotidiane, proprio quelle che tutti usano, capiscono: non possono essere fraintese. Anche della semplicità  si nutre la poesia, talora non c’è bisogno di complicazioni contenutistiche o formali per intravederla e poi coglierla.

Colori

Di che colore è il silenzio?
E come dipingere l'anima ?
Quali sfumature per la tristezza
e che tipo di verde usare per la speranza?
Come tratteggiare la nostalgia?.

Vorrei essere un pittore
per colorare i sentimenti
e un'artista per svelarne la bellezza,
ma le mie mani rovinate dall'artrite
non disegnano più cieli e terre nuove,
né rosse bandiere di deluse speranze.
Nel grigio del mio banale quotidiano
registro odio e paure dilagare.

Ma poi, inaspettatamente, l'azzurro
degli occhi di un bimbo, mi incanta
e mi stupisco, ancora una volta,
della bellezza del mondo
nel suo arcobaleno di colori.

*

Crema corpo

Ho comperato una crema per il corpo
promette meraviglie:
una pelle morbida, vellutata,
gambe snelle senza inestetismi,
scompariranno le macchie e
non rimarrà traccia delle cicatrici.
Avrò uno sguardo fresco,
mi sentirò giovane e leggera
e il futuro non mi spaventerà più.

Ma costava solo 12 curo e 50,
troppo poco per i miracoli!
Dovrò accontentarmi.

*

Fiorella

avresti 40 anni
un fiore spezzato
sepolto e avvizzito presto.
Al tuo posto
altri bambini
perché la vita comunque
è andata avanti

Ma stasera
è il giorno del rimpianto
e della rabbia
per la crudeltà
del tuo destino,
piccolo tesoro
innamorata
della tua mamma.

Cos'hai capito
della vita, piccolina?
Solo dolore?
Almeno Dio
ti avrà un po’ consolata ?

*

Groupon

Ho aperto la posta elettronica,
sperando di avere tue notizie,
mio caro cervello in fuga,
ma mi ha scritto solo Groupon

Dove sei ? Cosa fai ?

Mi sento un po' sola.
Potrei, forse, scrivere a Groupon
per avere un po' di compagnia.
Mi invierebbero un cane pechinese
o magari un gatto siamese,
o mi spedirebbero alle terme,
o sulla Costa Crociere...
Potrei anche divertirmi...

Ma io voglio te.

Ho consultato Groupon
per vedere se vendono sogni…
Mi hanno risposto
che vendono tutto:
sogni, progetti, fidanzati, amanti
e persino figli,
tutto a buon mercato.
Basta pagare il giusto prezzo ...!

Ma io voglio proprio te
e ho tanta nostalgia!

*

Borotalco

Hai il sapore del latte
Piccolo dolce bambino
venuto dal nulla.
Inaspettata novità della vita
Che strilla, sorride, gioca.

E reclama la sua parte di mondo.
Sapresti anche di borotalco
se ancora, oggi, le mamme
lo adoperassero!

*

Ho bisogno

Prendo un caffè
perché ho bisogno
di qualcosa di buono
caldo, dolce, tenero-
e mi illudo che un caffè
possa darmi tutto questo

Ma appena finito
ho di nuovo bisogno
di qualcosa di caldo,
dolce, buono.
Ne berrei un altro,
ma ho la pressione alta.
Allora vorrei mangiare
qualcosa di dolce, tenero
come un budino,
o un cioccolatino,
ma mi è vietato :
tutto ingrassa...

Allora mi potresti,
per favore,
baciare,
accarezzare,
abbracciare,
amore mio!
Forse mi
sazierebbe!

*

Dopo una presentazione di giovani poeti

Le poesie dei giovani poeti parlano d'amore,
hanno frasi contorte
metafore oscure
ma profumano di fresco,
e bruciano di passione,
sanno di felicità
Forse, hanno qualche rima sbagliata...

Le poesie dei giovani poeti non temono il futuro,   
non si accontentano,
non pensano al dolore,
non cancellano le tracce,
non odiano gli amanti traditi.
Forse, non amano la metrica...

Le poesie dei vecchi poeti temono il futuro
Sono più sagge,
sono fatte di ricordi e di delusioni,
sono piene di dubbi,
e rimpiangono il passato.
Sono metricamente corrette.

Entrambi sanno che solo la poesia,
forse, li salverà.

Conosco Antonietta Guadagnino e mi è facile così identificare la sua poesia anche con un solo aggettivo. Quello che userei per definire lei, come persona, se fossi costretta  da un gioco di società a classificarla (per assurdo) con un’unica parola. Posso tranquillamente usare lo stesso aggettivo per lei e per la sua poesia, perché  assolutamente coincidenti nello stato di verità. “Limpida” è la persona, come il suo modo di scrivere: senza sovrastrutture, artifici letterari, volontà di piacere, intenti editoriali. Lei è proprio la persona che si rivela dai versi, ed i versi sono lo specchio fedele della sua trasparenza fisica ed interiore.  Allarga il cuore trovare persone così in un mondo come l’attuale, pieno di doppiezze, falsità, dietrologie, di calcoli egoistici, sgomitate, pur di farsi avanti a scapito di altri. Una persona come Antonietta, lineare ed aperta, mi pare che già di per sé possa predisporre positivamente alla poesia.

Il suo mondo è tutt’altro che limitato, lo vedete: parte dalla realtà quotidiana, quella delle cose che contano per lei, la famiglia, i dolori del vivere, la gioia per un nuovo nato, la pena per un figlio lontano, uno delle migliaia di nostri cervelli in fuga oltreoceano.
Si alternano speranze, nostalgie, mancanze affettive, insicurezze di sé (ahimè la vita che vola via e ci lascia sul fisico e sull’anima segni purtroppo indelebili). Sempre nel testo domande esplicite. Quei punti interrogativi che disseminano la vita delle persone pensanti, quelle che non si rassegnano ma che dubitano, interpellano, ricercano per sempre. Nella presenza del dolore nel mondo, nell’abbandono, nella mancanza di risposte ai perché esistenziali, Antonietta continua ad interrogare, con una fede talora intinta di ironia umana, quel Dio lontano di cui intuisce la  presenza, ma che tanto l’ha messa alla prova nelle vicende della vita. Una fede, razionalmente perplessa, non è un ossimoro ma prova dell’intelligenza razionale che chiede, ricerca, non si acquieta in un abbandono totale, scriteriato e passivo.
La fiducia c’è solo nella speranza, quella virtù teologale, che può farle pensare ad un incontro futuro, in cieli e terre nuove, ma tra le persone amatissime che l’hanno preceduta, lasciandola qui in uno sconforto senza rimedio.
Una poesia calda, affettuosa, che non troverà nessuno estraneo a questa linearità luminosa.

Marvi del Pozzo

venerdì 3 maggio 2019

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: Giuseppe Conte

Per Letture condivise presento oggi una poesia di Giuseppe  Conte da L’Oceano e il ragazzo, TEA Edizioni 1983
 
Dopo Marzo

Dimenticare città, nomi, desideri
di uomo: voglio solo fiorire, rivivere, io
non più io, ibisco, acacia,
conca aperta e tremante di un anemone.
 
Avere piedi e nodi d'erba, io
non più io, mani guantate
di germogli, ciglia nuove blu, di
scorza il torace, spezzato e vivo.
 
Ho dimenticato tutto, scrivo
perché dimenticare è un dono: non
desidero più che alberi, alberi, prode
di vento, onde che vanno e tornano, l'eterno
 
rinascere sterile e muto delle

cose

“Marzo è stato freddo e triste, ma
poi l'Aprile, praterie, portenti
di scarlatto lieve, ciliege, e le prime

rose”

Ci sono poesie senza tempo come questa di Giuseppe Conte, scritta più di trentacinque anni fa, che non solo non è affatto datata, non ha perso la sua fatata freschezza evocativa, anzi acquista ai nostri giorni disorientati , prosaici, il sapore di una visionarietà preziosa, giocata sul ritmo di una leggerezza quasi estatica ormai difficile da ritrovare. E’ la realtà della Natura percepita come trasfigurata dallo stupore di un ragazzino che ha avuto in sorte la fortuna di nascere nella terra benedetta della Liguria.

L’Oceano e il ragazzo è un volumetto la cui lettura consiglio a tutti gli amanti della poesia grande, a quelli che si ostinano a credere che i versi abbiano ancora il potere di allargare l’anima facendoci intravedere, o almeno intuire, che esiste un Oltre a salvarci dal grigiore di certa quotidianità, se quest’Oltre sappiamo cogliere seguendo guide (e poesie) che passo passo ci conducono in viaggi dello spirito, diventati per noi rari, esotici, solo per noncuranza, disabitudine a questo tipo di viaggio incantato. Disassuefazione che porta all’atrofia della sensibilità, della capacità di ogni stuporoso incantamento.

Ma il motivo della riproposta di questa poesia di Conte è un altro: vuole essere una specie di dimostrazione di un assunto che mi sta particolarmente a cuore, proprio come una verità, sperimentata, che può portarci lontano, non so neppure io fino a dove.

Io credo che la Poesia, quella vera, quella alta, abbia la caratteristica, tra le altre, di essere inesauribile, cioè di dire sempre cose nuove a che la interpella, al di là del tempo: anni, secoli, millenni. Certi versi, introiettati nell’animo da chi legge, fatti tutt’uno con una nuova intelligenza creatrice, danno avvio ad altre poesie, ad altre forme di immaginazione. La Poesia non si ferma, se no sarebbe limitata e quindi statica, finita: altri partiranno invece da lì e porteranno avanti altre strade, altri messaggi con un percorso che teoricamente, mi piace pensare, potrebbe non avere mai conclusione. Penso infatti alla Poesia con l’immagine di una catena senza fine, dove ogni maglia non è conclusiva ma dà origine ad un altro anello di catena che la prolunga e la porta verso approdi nuovi, sempre a partire da un anello precedente che ci ha aperto a nuove emozioni ed abbiamo fatto nostro, dando avvio però a ulteriori, diverse prospettive che mantengono un forte legame con i punti di partenza precedenti. Non sarà il nostro un punto d’arrivo, bensì quello di partenza per altra creazione, per altro pensiero progressivo.

Come esempio concreto di questo procedimento mentale, che avviene in modo automatico, non voluto razionalmente o premeditatamente, vi segnalo la poesia Sera d’estate, in cui il verso di Conte: “dimenticare è un dono” è diventato l’incipit di un altro testo. Certe forme di “idem sentire” vorranno dire ben qualcosa di insospettabile, visto che accomunano persone diverse per sesso, età, frequentazioni e… capacità poetica. Posso fare quest’ultima osservazione a cuor leggero visto che Sera d’estate la scrissi io un po’ di anni fa. Non accusatemi d’immodestia, la presento solo a scopo esemplificativo della mia asserzione di base: poesia come catena inesauribile di emozioni e di collegamenti tra passato e presente, tra poeti del tempo che fu e giovani di oggi.
 
Sera d’estate

Dimenticare è un dono
scrivere è immaginare
ricucire spezzoni di passato
sperperato dall’altra che io ero.
Fotogramma sbiadito in film non visto.
Fantasia è insufflare vita nuova
a maldestri ricordi frantumati,
in passatoie riannodare trame
di vite calpestate. – Fin che posso –
Questa memoria che non è memoria
a metà tra reale e immaginario
vibra vivida, forte, a dissetare
il riarso tramonto di un’estate
di canicola stanca.

Marvi  del Pozzo