mercoledì 11 dicembre 2019

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: Artigianato sentimentale di Gabriele Borgna (Puntoacapo Editrice 2017)


A ca' de Jose (au Portu)

Sdraiamoci nel ventre di questa cesta

d'aspra terra, dove i nostri amori

in bianco e nero dormono ancora

senza respiro, senza passare.

Lo senti l'odore del silenzio?

Esso ti ascolta. E tutto di te

scopre ed impara accovacciato,

baro nascosto

tra l'agave e il rosmarino.

Attraverso nuvole

cariche d'incognite la natura ci parla

dentro agli occhi, scrivendo il cielo

con rondini e ideogrammi.

Aiutami a impiccare ogni

singola afflizione ai fili

delle stese, educate all'inchino

duro dalla tramontana.

Riportami per mano

agli albori dei sogni di sabbia

quando  respirando con lentezza il mare

ci promettemmo salsedine a vita...



Onda lunga

Non come il torrente confusionario

e sprecone nella ripida giovinezza

o il fiume nella sua sola possibile

meta che per uscire deve fare male.

Nemmeno come il lago

troppo dipendente

da intriganti emissari.

Non come lo stagno torbido dall'acqua

tersa in superficie

dove basta un tocco di libellula

a svelarne la natura melmosa.

Io per te sarò un oceano, un eterno

flusso senza fine, dall'onda lunga...



Piazza Chiesa Vecchia (au Portu)

Pare di scorgere il firmamento

intero scivolare sulle durezze

di questa dalia minerale,

dedalo di crinali e muri di scogli

rigati dal tempo e dai dardi

di migliaia di rovesci.

Soffia da sempre un gran vento qui,

gonfiando vele d'alberi senza più foglie

perse nella rincorsa all'orizzonte.

E’ il suono del cosmo...

Filtra lungo tagli di luce

e attraversa schiere di persiane serrate,

dipingendo le nette geometrie

dei molti alveari abbandonati

ai primi cenni d'autunno...

Una vecchia Madonna

osserva il futuro aggrapparsi

stretto alle mie dita.

Su questa panchina,

in questo abbraccio

principio e termino

con implacabile chiarezza.

C'è uno sguardo nuovo

in questi occhi stanchi.

E nessun senso ulteriore.



Al figlio che verrà

Sfogliando l'attesa mi chiedo

da dove vieni e dove andrai,

perché già tu sei il punto di fuga

dal pianeta, un vertiginoso scorcio di bellezza

che rapisce tutti i sensi

e li innamora.



Spesso sarai scroscio di confusione

strappato alle ore taciturne

quando i pensieri di chi t'ama stenteranno

a tenere il tuo passo.



Ma cosa importa.



Per me resterai ciò che sei,

vale a dire il rovescio del nulla,

il volto di un bene intraducibile

che tiene tutto in sé e

tutto, tutto ricapitola.



Le poesie che propongo oggi alla lettura sono di un giovane trentacinquenne, Gabriele Borgna, alla sua prima esperienza editoriale.

Il suo Artigianato sentimentale è infatti un primo volumetto, snello, di una trentina di testi, sicuramente molto interessante, di grande stimolo emotivo se ha potuto godere della prefazione di Giuseppe Conte, che non muove la penna – soprattutto per poeti “nuovi” – se non intravvede la potenziale forza creatrice e la presenza di indubitabile autenticità del dire.

Personalmente ritengo che una prefazione di Conte, di per sé, sempre e comunque costituisca, oltre che un valore aggiunto al volume, quasi una forma di riconoscimento, una prova superata d’esame di maturità. Per un giovane poeta, infatti, è una corona d’alloro nella prima gara olimpica, molto più gratificante che il conseguimento di premi letterari, tra i mille che si indicono “urbi et orbi” nel nostro paese. Conte ha messo in luce nella sua prefazione le qualità di Borgna, oggi rare a trovarsi: energia, invenzione, passione nel dire.

“E’ uno che sa cos’è la poesia, uno che la vive, uno che sa esprimere al meglio il suo mondo interiore in connessione con il tempo e con il cosmo”.

E più avanti sempre Conte, a proposito della poesia Onda lunga, dopo avere lodato la sapiente costruzione dialettica della metafora dei vari tipi di acqua per parlare dell’amore del poeta e della fenomenologia dell’amore in generale, si lancia in una affermazione importante:

“oso dire che Sbarbaro e il giovane Montale sarebbero stati contenti, come lo sono io, di leggere versi così”.

Da applauso, dice lui e concordo io. Aggiungo ancora un concetto che per me è da sempre basilare e che nella poesia di Borgna trova conferma: è importante che il poeta dia alla sua opera un senso di coerenza concettuale ma anche umana, che i versi rispecchino una verità coincidente di essenza e di scrittura tale che il lettore possa coglierla indubitabilmente. L’arte deve rendere l’artista indifeso, nudo nella sua verità. L’artista non è un artigiano, per quanto abile: non può creare artifici per il puro scopo di ottenere consenso, non può costruire con la sua abilità tecnica testi “a tavolino”. Come diceva già Platone, più di duemila anni fa, per creare bisogna essere “entusiasti”, avere la  “follia delle muse”, essere “en-theos”, cioè abitato da un dio. Aggiunge il filosofo Galimberti:

“l’artista, il poeta, vive una condizione umana caratterizzata da una totale assenza di protezione da cui la ragione ci difende e ci tutela”

ma è proprio questa vita senza protezione che ci porta a vette artistiche, al di là del recinto chiuso della ragione, che abbiamo inventato come rimedio all’angoscia del vivere.

E’ vero che la coperta della razionalità ci può risparmiare sofferenze e farci da scudo, ma il tono alto dell’arte ha bisogno della verità nuda, della personalità autentica ed indifesa dell’autore che ha il coraggio di presentarsi per quello che è, senza maschere od infingimenti. Del resto anche quando il grande poeta Pessoa scriveva “il poeta è un fingitore” non intendeva uno che gira in maschera avventizia, ma usava il senso latino del verbo “fingo-ere” che vuol dire: plasmare, comporre, creare con fantasia creatrice, non certo con falsità, E la verità e la sofferenza, insite anche nei suoi cinque eteronimi, che sono specchio reale dei tormenti psicologici quotidiani di Pessoa, lo stanno a dimostrare.

E’ questa limpida autenticità la dote primaria della poesia di Borgna che oggi voglio puntualizzare, rallegrandomi coll’autore che – a differenza di tanta poesia moderna costruita con espedienti retorici, complessità criptiche, barocchismi di buon artigianato – ha il coraggio di esporsi con il suo bagaglio sentimentale sincero.



Forse questi primi testi non risultano tutti pienamente compiuti e rivelano alcune discontinuità: il suo è sì artigianato, come da titolo, ma sentimentale. E’ poesia!

Per esemplificare brevemente, da A ca' de Jose



Sdraiamoci nel ventre di questa cesta

d'aspra terra, dove i nostri amori

in bianco e nero dormono ancora

senza respiro, senza passare.

Lo senti l'odore del silenzio?



In questo clima confidenziale, faccio notare il passato che permane dormiente non più a colori, in bianco e nero, fermo “senza passare”: né più passato né futuro. In bianco e nero come il tratto giapponese. Quale odore ha il silenzio? E’ profumo presente ma poco percettibile, certo più con l’anima che con l’olfatto. Ci conduce l’evocazione ad individuarlo e a conservarlo, questo odore tacito ed interiore. Allora ne resta la scia per sempre.



È originalissimo il modo di delineare un paesaggio ligure:



Attraverso nuvole

cariche d'incognite la natura ci parla

dentro agli occhi, scrivendo il cielo

con rondini e ideogrammi.



È molto ieratico ed orientale, essenziale come una pittura giapponese: ogni elemento è dato da scrittura precisa e fissata nella mente e nell’animo. Non c’è l’idea di una vitalità in movimento e in divenire, ma il paesaggio passa attraverso la scrittura che lo fissa per sempre mediandolo dalla realtà, cristallizzandolo in poche immagini essenziali che hanno sì vita, ma solo in quel momento preciso, senza indicazioni di passato, senza previsione di futuro. Rondini scure nel cielo in ideogramma. Esattamente avviene come nei primi versi del canto.

Io conosco e vivo ogni estate il paesaggio ligure nelle stesse zone geografiche e vivo quindi anche il divenire della natura nei vari mesi estivi, la diversità degli elementi, i profumi, lo sfumato dei colori di settimana in settimana, le varie fioriture che guidano il nostro tempo. Da tutto ciò sono portata a ritrovare le emozioni dell’anno presente, di quello passato, di quelli andati, perché il ciclo della natura è sempre identico a sé stesso. Irrilevanti le contingenti piccole variazioni. E’ l’opera dell’uomo che può deturpare (i mostri edilizi). È l’inquinamento che mina alcune specie, riduce le farfalle e soprattutto le lucciole in Liguria, ma più o meno il decorso di ogni stagione si riallaccia al passato, all’attesa del futuro, al nostro divenire.

Questa descrizione suggestiva dell’autore – viva e vitale in sé eppure ferma a tratti di penna sottili in bianco e nero, di immobilità perenne – mi ha molto colpita per originalità e sincretismo con altra forma di sentire e di arte. Devo dire che mi ha fatto riflettere.



Della poesia Piazza Chiesa Vecchia invito tutti a leggere a voce alta la parte centrale



Soffia da sempre un gran vento qui,

gonfiando vele d'alberi senza più foglie

perse nella rincorsa all'orizzonte.

È il suono del cosmo...

Filtra lungo tagli di luce

e attraversa schiere di persiane serrate,

dipingendo le nette geometrie

dei molti alveari abbandonati

ai primi cenni d'autunno...



L’accentuazione scandisce i versi in forma perfetta, arrivando ad una musicalità lenta, grave, quasi siderale. Difatti “E’ il suono del cosmo...” dice il poeta e questa voce dell’universo egli rende in modo mirabile, con rara armonia. Non c’è bisogno, tra chi percepisce all’unisono amore umano e insieme questa armonia del cosmo, di “nessun senso ulteriore”, come conclude il poeta.



La poesia Al figlio che verrà è la più bella dichiarazione d’amore genitoriale possibile. Padre e figlio, creature entrambe, in diverso modo, pure ed indifese. Ma in un sentimento d’amore così totalizzante il poeta-padre trova la sua verità di persona. Si mette a nudo. Ogni affermazione, che potrebbe palesare la sua fragilità umana di fronte al bene “intraducibile” che “tutto, tutto ricapitola”, diventa un vessillo di forza nella sua – non voluta – esemplarità. Vorremmo tutti avere il coraggio di dirci totalmente disarmati di fronte al nostro bimbo, ma vorremmo tutti essere (o essere stati) quel bambino.



Marvi del Pozzo