A
ca' de Jose (au Portu)
Sdraiamoci
nel ventre di questa cesta
d'aspra
terra, dove i nostri amori
in
bianco e nero dormono ancora
senza
respiro, senza passare.
Lo
senti l'odore del silenzio?
Esso
ti ascolta. E tutto di te
scopre
ed impara accovacciato,
baro
nascosto
tra
l'agave e il rosmarino.
Attraverso
nuvole
cariche
d'incognite la natura ci parla
dentro
agli occhi, scrivendo il cielo
con
rondini e ideogrammi.
Aiutami
a impiccare ogni
singola
afflizione ai fili
delle
stese, educate all'inchino
duro
dalla tramontana.
Riportami
per mano
agli
albori dei sogni di sabbia
quando respirando con lentezza il mare
ci
promettemmo salsedine a vita...
Onda
lunga
Non
come il torrente confusionario
o
il fiume nella sua sola possibile
meta
che per uscire deve fare male.
Nemmeno
come il lago
troppo
dipendente
da
intriganti emissari.
Non
come lo stagno torbido dall'acqua
tersa
in superficie
dove
basta un tocco di libellula
a
svelarne la natura melmosa.
Io
per te sarò un oceano, un eterno
flusso
senza fine, dall'onda lunga...
Piazza
Chiesa Vecchia (au Portu)
Pare
di scorgere il firmamento
intero
scivolare sulle durezze
di
questa dalia minerale,
dedalo
di crinali e muri di scogli
rigati
dal tempo e dai dardi
di
migliaia di rovesci.
Soffia
da sempre un gran vento qui,
gonfiando
vele d'alberi senza più foglie
perse
nella rincorsa all'orizzonte.
E’
il suono del cosmo...
Filtra
lungo tagli di luce
e
attraversa schiere di persiane serrate,
dipingendo
le nette geometrie
dei
molti alveari abbandonati
ai
primi cenni d'autunno...
Una
vecchia Madonna
osserva
il futuro aggrapparsi
stretto
alle mie dita.
Su
questa panchina,
in
questo abbraccio
principio
e termino
con
implacabile chiarezza.
C'è
uno sguardo nuovo
in
questi occhi stanchi.
E
nessun senso ulteriore.
Al
figlio che verrà
Sfogliando
l'attesa mi chiedo
da
dove vieni e dove andrai,
perché
già tu sei il punto di fuga
dal
pianeta, un vertiginoso scorcio di bellezza
che
rapisce tutti i sensi
e
li innamora.
Spesso
sarai scroscio di confusione
strappato
alle ore taciturne
quando
i pensieri di chi t'ama stenteranno
a
tenere il tuo passo.
Ma
cosa importa.
Per
me resterai ciò che sei,
vale
a dire il rovescio del nulla,
il
volto di un bene intraducibile
che
tiene tutto in sé e
tutto,
tutto ricapitola.
Le
poesie che propongo oggi alla lettura sono di un giovane trentacinquenne,
Gabriele Borgna, alla sua prima esperienza editoriale.
Il
suo Artigianato sentimentale è infatti un primo volumetto, snello, di una
trentina di testi, sicuramente molto interessante, di grande stimolo emotivo se
ha potuto godere della prefazione di Giuseppe Conte, che non muove la penna –
soprattutto per poeti “nuovi” – se non intravvede la potenziale forza creatrice
e la presenza di indubitabile autenticità del dire.
Personalmente
ritengo che una prefazione di Conte, di per sé, sempre e comunque costituisca,
oltre che un valore aggiunto al volume, quasi una forma di riconoscimento, una
prova superata d’esame di maturità. Per un giovane poeta, infatti, è una corona
d’alloro nella prima gara olimpica, molto più gratificante che il conseguimento
di premi letterari, tra i mille che si indicono “urbi et orbi” nel nostro
paese. Conte ha messo in luce nella sua prefazione le qualità di Borgna, oggi
rare a trovarsi: energia, invenzione, passione nel dire.
“E’
uno che sa cos’è la poesia, uno che la vive, uno che sa esprimere al meglio il
suo mondo interiore in connessione con il tempo e con il cosmo”.
E
più avanti sempre Conte, a proposito della poesia Onda lunga, dopo avere lodato
la sapiente costruzione dialettica della metafora dei vari tipi di acqua per
parlare dell’amore del poeta e della fenomenologia dell’amore in generale, si
lancia in una affermazione importante:
“oso
dire che Sbarbaro e il giovane Montale sarebbero stati contenti, come lo sono
io, di leggere versi così”.
Da
applauso, dice lui e concordo io. Aggiungo ancora un concetto che per me è da
sempre basilare e che nella poesia di Borgna trova conferma: è importante che
il poeta dia alla sua opera un senso di coerenza concettuale ma anche umana,
che i versi rispecchino una verità coincidente di essenza e di scrittura tale
che il lettore possa coglierla indubitabilmente. L’arte deve rendere l’artista
indifeso, nudo nella sua verità. L’artista non è un artigiano, per quanto abile:
non può creare artifici per il puro scopo di ottenere consenso, non può
costruire con la sua abilità tecnica testi “a tavolino”. Come diceva già
Platone, più di duemila anni fa, per creare bisogna essere “entusiasti”, avere
la “follia delle muse”, essere
“en-theos”, cioè abitato da un dio. Aggiunge il filosofo Galimberti:
“l’artista,
il poeta, vive una condizione umana caratterizzata da una totale assenza di
protezione da cui la ragione ci difende e ci tutela”
ma
è proprio questa vita senza protezione che ci porta a vette artistiche, al di
là del recinto chiuso della ragione, che abbiamo inventato come rimedio
all’angoscia del vivere.
E’
vero che la coperta della razionalità ci può risparmiare sofferenze e farci da
scudo, ma il tono alto dell’arte ha bisogno della verità nuda, della
personalità autentica ed indifesa dell’autore che ha il coraggio di presentarsi
per quello che è, senza maschere od infingimenti. Del resto anche quando il
grande poeta Pessoa scriveva “il poeta è un fingitore” non intendeva uno che
gira in maschera avventizia, ma usava il senso latino del verbo “fingo-ere” che
vuol dire: plasmare, comporre, creare con fantasia creatrice, non certo con
falsità, E la verità e la sofferenza, insite anche nei suoi cinque eteronimi,
che sono specchio reale dei tormenti psicologici quotidiani di Pessoa, lo
stanno a dimostrare.
E’
questa limpida autenticità la dote primaria della poesia di Borgna che oggi
voglio puntualizzare, rallegrandomi coll’autore che – a differenza di tanta
poesia moderna costruita con espedienti retorici, complessità criptiche,
barocchismi di buon artigianato – ha il coraggio di esporsi con il suo bagaglio
sentimentale sincero.
Forse
questi primi testi non risultano tutti pienamente compiuti e rivelano alcune
discontinuità: il suo è sì artigianato, come da titolo, ma sentimentale. E’
poesia!
Per
esemplificare brevemente, da A ca' de Jose
Sdraiamoci
nel ventre di questa cesta
d'aspra
terra, dove i nostri amori
in
bianco e nero dormono ancora
senza
respiro, senza passare.
Lo
senti l'odore del silenzio?
In
questo clima confidenziale, faccio notare il passato che permane dormiente non
più a colori, in bianco e nero, fermo “senza passare”: né più passato né
futuro. In bianco e nero come il tratto giapponese. Quale odore ha il silenzio?
E’ profumo presente ma poco percettibile, certo più con l’anima che con
l’olfatto. Ci conduce l’evocazione ad individuarlo e a conservarlo, questo
odore tacito ed interiore. Allora ne resta la scia per sempre.
È
originalissimo il modo di delineare un paesaggio ligure:
Attraverso
nuvole
cariche
d'incognite la natura ci parla
dentro
agli occhi, scrivendo il cielo
con
rondini e ideogrammi.
È
molto ieratico ed orientale, essenziale come una pittura giapponese: ogni
elemento è dato da scrittura precisa e fissata nella mente e nell’animo. Non
c’è l’idea di una vitalità in movimento e in divenire, ma il paesaggio passa
attraverso la scrittura che lo fissa per sempre mediandolo dalla realtà,
cristallizzandolo in poche immagini essenziali che hanno sì vita, ma solo in
quel momento preciso, senza indicazioni di passato, senza previsione di futuro.
Rondini scure nel cielo in ideogramma. Esattamente avviene come nei primi versi
del canto.
Io
conosco e vivo ogni estate il paesaggio ligure nelle stesse zone geografiche e
vivo quindi anche il divenire della natura nei vari mesi estivi, la diversità
degli elementi, i profumi, lo sfumato dei colori di settimana in settimana, le
varie fioriture che guidano il nostro tempo. Da tutto ciò sono portata a
ritrovare le emozioni dell’anno presente, di quello passato, di quelli andati,
perché il ciclo della natura è sempre identico a sé stesso. Irrilevanti le
contingenti piccole variazioni. E’ l’opera dell’uomo che può deturpare (i mostri
edilizi). È l’inquinamento che mina alcune specie, riduce le farfalle e
soprattutto le lucciole in Liguria, ma più o meno il decorso di ogni stagione
si riallaccia al passato, all’attesa del futuro, al nostro divenire.
Questa
descrizione suggestiva dell’autore – viva e vitale in sé eppure ferma a tratti
di penna sottili in bianco e nero, di immobilità perenne – mi ha molto colpita
per originalità e sincretismo con altra forma di sentire e di arte. Devo dire
che mi ha fatto riflettere.
Della
poesia Piazza Chiesa Vecchia invito tutti a leggere a voce alta la parte
centrale
Soffia
da sempre un gran vento qui,
gonfiando
vele d'alberi senza più foglie
perse
nella rincorsa all'orizzonte.
È
il suono del cosmo...
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lungo tagli di luce
e
attraversa schiere di persiane serrate,
dipingendo
le nette geometrie
dei
molti alveari abbandonati
ai
primi cenni d'autunno...
L’accentuazione
scandisce i versi in forma perfetta, arrivando ad una musicalità lenta, grave,
quasi siderale. Difatti “E’ il suono del cosmo...” dice il poeta e questa voce
dell’universo egli rende in modo mirabile, con rara armonia. Non c’è bisogno,
tra chi percepisce all’unisono amore umano e insieme questa armonia del cosmo,
di “nessun senso ulteriore”, come conclude il poeta.
La
poesia Al figlio che verrà è la più bella dichiarazione d’amore genitoriale
possibile. Padre e figlio, creature entrambe, in diverso modo, pure ed
indifese. Ma in un sentimento d’amore così totalizzante il poeta-padre trova la
sua verità di persona. Si mette a nudo. Ogni affermazione, che potrebbe
palesare la sua fragilità umana di fronte al bene “intraducibile” che “tutto,
tutto ricapitola”, diventa un vessillo di forza nella sua – non voluta –
esemplarità. Vorremmo tutti avere il coraggio di dirci totalmente disarmati di
fronte al nostro bimbo, ma vorremmo tutti essere (o essere stati) quel bambino.
Marvi
del Pozzo
Marvi Del Pozzo, sono davvero grato di questo pensiero vero e autentico - come la Poesia. Con stima. g.
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