domenica 27 giugno 2021

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Coma" di Ada Crippa (Ed. La vita felice 2021)

Una prima osservazione, alla lettura di questo libro di Ada Crippa, riguarda ciò che mi ha maggiormente colpito nell’immediato: la capacità di rendere il dolore più devastante poesia pura, innalzandolo a un ‘sublime’ in fondo semplice, come quello originato dall’amore che tutto è in grado di sostenere tramite il cuore. La disperazione umana, questa forma di eroismo quotidiano, si trasforma in parole di poesia che, ponendosi esemplari e universali, conducono a una forma di superamento di ogni finitezza e caducità della vita umana. La sofferenza del mondo e quella personale della perdita e dell’abbandono della persona più cara, proprio nella capacità di cantare se stesse, trovano in sé una forma, se non di conforto, di unione con tutto il dolore universale: “sunt lacrimae rerum et mentem mortalium tangunt” [Virgilio, Eneide, I, 462]: “sono le lacrime del mondo e commuovono il cuore dei mortali”.

È questo di Ada un libro scritto con grande naturalezza e semplicità formale e, forse anche
proprio per questo, nasce l’incredibile condivisione nel lettore.

Non voglio parlare della vicenda personale, evidente del resto fin dal titolo del volume, soprattutto per una sorta di pudore dovuto al rispetto per questa storia d’amore che, dopo gli eventi drammatici del vivere, grazie ad Ada riesce a superare ogni transito fattuale e si eterna, vissuta in chi leggerà e amerà attraverso le parole della protagonista. A volte il non dire, o il dire parcamente, è utile più del dire se l’intento è quello di arrivare nel profondo dell’interiorità propria e del lettore. Così si fa percepire, o almeno intuire, il potere della poesia, forse proprio nella semplicità di eloquio, nella naturalezza della scrittura, nell’assoluta autenticità.

Poiché la poesia non ha età e siamo nell’anno delle celebrazioni dantesche, leggendo Ada Crippa quasi inconsapevolmente mi sono venuti in mente, con salto di secoli, i versi di Dante:

                       

mi son un che quando

Amor mi ispira, noto e a quel modo

ch’ei ditta dentro vo significando

                                   [Purgatorio XXIV, 52-54]

 

 È così anche per Ada e, credo, per ogni vero poeta: è lo spirito interiore che detta (per lei il grande amore che prova per il compagno di vita), carta e penna vengono dopo come elementi accessori, come ‘accidenti’. Altra è la ‘sostanza’ del sentire e della poesia.

Come accennavo in precedenza, ho scelto di entrare solo in punta di piedi nella vicenda concreta, medica e ospedaliera: propongo invece testi legati al vagare dei pensieri dell’autrice nei lunghi momenti di pena, vegliando in silenzio il viso spento dell’amato nell’attesa di qualche speranza di resurrezione che nella fattispecie, purtroppo, non ci fu per loro due.

 

Come una foglia stanca d'autunno

                       che s'imbarca sul fiume lento

senza sapere la foce

o un'ansa a girarle il corso

va in questa ora sospesa d'ansia

la vita

                                               23 giugno 2019

*

 

Tutto il mondo è fermo là fuori

quando un dolore impietrisce

 

vanno i sensi feriti in corteo

uniti attorno alla crepa del cuore

come bambini antichi in veglia

attorno a un focolare

                                               3 luglio 2019

*

 

Ci viene dato il mondo

quando nasciamo

 

il primo incontro con esso non

sappiamo

e neppure l'ultimo:

due punti cardinali uguali.

 

L’esistenza è un cammino

un annodare cerebrale

a ricordare il primo respiro

e ancora più indietro

 

all'incontro di due sconosciuti

fluttuanti che s' attraggono

senza nulla di essi conoscere

per sapere la polvere del mondo

                                               18 giugno 2019

*

 

Non c'è risposta al mio chiamarti.

 

Chiusa la tua voce da una valanga

di coscienza infranta.

 

Dormi un sonno che non conosco

e spero tu possa un giorno

parlarmene.

                                               24 luglio 2019

*

 

Il dolore è nella vita

come il ramo strappato dal suo albero foglioso

appare violento, improvviso.

 

Ferme le radici non si scompone il tronco

alla ferita

ma un silenzio solenne avvolge

e scuote le meningi

il bosco secolare e tutti i nidi

 

Nella speranza recondita di un momento futuro, in cui lui possa spiegarle la realtà di questo sonno assurdo, di cui Ada non può conoscere ma nemmeno immaginare la consistenza, l’autrice opera la metamorfosi di questa loro vita spezzata, identificando il loro percorso umano in certi aspetti della Natura madre. Ne deriva una forma di metempsicosi poetica tra uomo e aspetti naturali:

“l’albero secolare e tutti i nidi” scossi nelle meningi, il ramo violentemente strappato dal suo albero foglioso, la foglia stanca d’autunno “che s’imbarca sul fiume lento senza sapere la foce” “va in quest’ora sospesa d’ansia / la vita”.

 È estremamente suggestiva e accattivante questa similitudine di esistenza fluida tra uomo e vegetale che ci consegna al senso eterno, circolare del tempo alla greca, in cui tutto tende a ripetersi in maniera rotatoria come le stagioni, come il destino umano nel perenne alternarsi di vita e di morte in un eterno svanire e in un eterno ritornare, pur sotto diverse liquide, mutabili parvenze.

 

Vorrei andare sulle Dolomiti

là, nella tua terra natia di splendide albe

negli stessi occhi incantati scolpite cime

vedere insieme ammutoliti

la forte pietra arrossire al tramonto

acque limpide restituirci cielo

respiri silvestri lievi

 

mi resta questo azzurro lago in alto al viso

dove unire lacrime che ti riflettono

                                               18 novembre 2019

*

 

Avresti voluto suonare la tromba da piccolo

e io il pianoforte

musicisti mancati sì

nelle dita e nei fiati

ma c'era musica nell'andare alla vita

nei nostri passi che dai selciati si diffondeva

facendo danzare i fiori nei vasi dei davanzali

 

spartiti scritti nel sangue

nelle ali nascoste

noi uniti sospesi nell'aria

in quell'andatura incorporea dei sogni

quando ci amammo

                                               12 settembre 2020

*

 

Come è vasto il mondo.

Come è vuoto questo spazio di mura

edificate a contenere intimità

quando le voci dell'amore tacciono

 

non c'è favola nei libri narrata

che prende dimora

nella mia casa di vento

nessun sogno alloggia

 di assenza

nei letti vuoti d'abbracci

                                               I° novembre 2020

 

Nella prima di queste tre poesie troviamo ancora la consustanzialità di uomo e paesaggio (in questo caso le montagne Dolomiti, dove l’amato è vissuto) con effetto di forte resa emotiva ed evocativa; nelle ultime due, scritte quando il destino si è ormai totalmente, negativamente, compiuto, le memorie ormai si fanno più concrete, ma la lontananza temporale che incomincia a tingersi di assenza rende gli ultimi versi nostalgici e aerei, come i quadri sognanti degli amanti in volo di Chagall.

 

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