Una prima osservazione, alla lettura di questo libro di Ada Crippa, riguarda ciò che mi ha maggiormente colpito nell’immediato: la capacità di rendere il dolore più devastante poesia pura, innalzandolo a un ‘sublime’ in fondo semplice, come quello originato dall’amore che tutto è in grado di sostenere tramite il cuore. La disperazione umana, questa forma di eroismo quotidiano, si trasforma in parole di poesia che, ponendosi esemplari e universali, conducono a una forma di superamento di ogni finitezza e caducità della vita umana. La sofferenza del mondo e quella personale della perdita e dell’abbandono della persona più cara, proprio nella capacità di cantare se stesse, trovano in sé una forma, se non di conforto, di unione con tutto il dolore universale: “sunt lacrimae rerum et mentem mortalium tangunt” [Virgilio, Eneide, I, 462]: “sono le lacrime del mondo e commuovono il cuore dei mortali”.
È questo di Ada un libro scritto con grande
naturalezza e semplicità formale e, forse anche
proprio per questo, nasce
l’incredibile condivisione nel lettore.
Non voglio parlare della vicenda personale, evidente del resto fin dal titolo del volume, soprattutto per una sorta di pudore dovuto al rispetto per questa storia d’amore che, dopo gli eventi drammatici del vivere, grazie ad Ada riesce a superare ogni transito fattuale e si eterna, vissuta in chi leggerà e amerà attraverso le parole della protagonista. A volte il non dire, o il dire parcamente, è utile più del dire se l’intento è quello di arrivare nel profondo dell’interiorità propria e del lettore. Così si fa percepire, o almeno intuire, il potere della poesia, forse proprio nella semplicità di eloquio, nella naturalezza della scrittura, nell’assoluta autenticità.
Poiché la poesia non ha età e siamo nell’anno delle celebrazioni dantesche, leggendo Ada Crippa quasi inconsapevolmente mi sono venuti in mente, con salto di secoli, i versi di Dante:
mi son un che quando
Amor mi ispira, noto e a quel modo
ch’ei ditta dentro vo significando
[Purgatorio XXIV, 52-54]
È così anche per Ada e, credo, per ogni vero poeta: è lo spirito interiore che detta (per lei il grande amore che prova per il compagno di vita), carta e penna vengono dopo come elementi accessori, come ‘accidenti’. Altra è la ‘sostanza’ del sentire e della poesia.
Come accennavo in precedenza, ho scelto di entrare solo in punta di piedi nella vicenda concreta, medica e ospedaliera: propongo invece testi legati al vagare dei pensieri dell’autrice nei lunghi momenti di pena, vegliando in silenzio il viso spento dell’amato nell’attesa di qualche speranza di resurrezione che nella fattispecie, purtroppo, non ci fu per loro due.
Come una foglia stanca d'autunno
che s'imbarca sul fiume lentosenza sapere la foce
o un'ansa a girarle il corso
va in questa ora sospesa d'ansia
la vita
23 giugno 2019
*
Tutto il mondo è fermo là fuori
quando un dolore impietrisce
vanno i sensi feriti in corteo
uniti attorno alla crepa del cuore
come bambini antichi in veglia
attorno a un focolare
3 luglio 2019
*
Ci viene dato il mondo
quando nasciamo
il primo incontro con esso non
sappiamo
e neppure l'ultimo:
due punti cardinali uguali.
L’esistenza è un cammino
un annodare cerebrale
a ricordare il primo respiro
e ancora più indietro
all'incontro di due sconosciuti
fluttuanti che s' attraggono
senza nulla di essi conoscere
per sapere la polvere del mondo
18 giugno 2019
*
Non c'è risposta al mio chiamarti.
Chiusa la tua voce da una valanga
di coscienza infranta.
Dormi un sonno che non conosco
e spero tu possa un giorno
parlarmene.
24 luglio 2019
*
Il dolore è nella vita
come il ramo strappato dal suo albero foglioso
appare violento, improvviso.
Ferme le radici non si scompone il tronco
alla ferita
ma un silenzio solenne avvolge
e scuote le meningi
il bosco secolare e tutti i nidi
Nella speranza recondita di un momento futuro, in cui lui possa spiegarle la realtà di questo sonno assurdo, di cui Ada non può conoscere ma nemmeno immaginare la consistenza, l’autrice opera la metamorfosi di questa loro vita spezzata, identificando il loro percorso umano in certi aspetti della Natura madre. Ne deriva una forma di metempsicosi poetica tra uomo e aspetti naturali:
“l’albero secolare e tutti i nidi” scossi nelle meningi, il ramo violentemente strappato dal suo albero foglioso, la foglia stanca d’autunno “che s’imbarca sul fiume lento senza sapere la foce” “va in quest’ora sospesa d’ansia / la vita”.
È estremamente suggestiva e accattivante questa similitudine di esistenza fluida tra uomo e vegetale che ci consegna al senso eterno, circolare del tempo alla greca, in cui tutto tende a ripetersi in maniera rotatoria come le stagioni, come il destino umano nel perenne alternarsi di vita e di morte in un eterno svanire e in un eterno ritornare, pur sotto diverse liquide, mutabili parvenze.
Vorrei andare sulle Dolomiti
là, nella tua terra natia di splendide albe
negli stessi occhi incantati scolpite cime
vedere insieme ammutoliti
la forte pietra arrossire al tramonto
acque limpide restituirci cielo
respiri silvestri lievi
mi resta questo azzurro lago in alto al viso
dove unire lacrime che ti riflettono
18 novembre 2019
*
Avresti voluto suonare la tromba da piccolo
e io il pianoforte
musicisti mancati sì
nelle dita e nei fiati
ma c'era musica nell'andare alla vita
nei nostri passi che dai selciati si diffondeva
facendo danzare i fiori nei vasi dei davanzali
spartiti scritti nel sangue
nelle ali nascoste
noi uniti sospesi nell'aria
in quell'andatura incorporea dei sogni
quando ci amammo
12 settembre 2020
*
Come è vasto il mondo.
Come è vuoto questo spazio di mura
edificate a contenere intimità
quando le voci dell'amore tacciono
non c'è favola nei libri narrata
che prende dimora
nella mia casa di vento
nessun sogno alloggia
di assenza
nei letti vuoti d'abbracci
I° novembre 2020
Nella prima di queste tre poesie troviamo ancora la consustanzialità di uomo e paesaggio (in questo caso le montagne Dolomiti, dove l’amato è vissuto) con effetto di forte resa emotiva ed evocativa; nelle ultime due, scritte quando il destino si è ormai totalmente, negativamente, compiuto, le memorie ormai si fanno più concrete, ma la lontananza temporale che incomincia a tingersi di assenza rende gli ultimi versi nostalgici e aerei, come i quadri sognanti degli amanti in volo di Chagall.
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