venerdì 1 gennaio 2021

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: Vocabolari e altri vocabolari di Brina Maurer (Macabor Edizioni 2020)

La poetessa di cui vi parlo oggi ha chiaramente un nome ed un cognome, un aspetto di splendida, giovane signora bionda, un curriculum di studio e di scrittura di tutto rispetto, anche a livello internazionale. Non è che io voglia alimentare il mistero sulla sua figura, ma direi che è proprio lei che me lo impone, a partire dal suo pseudonimo Brina Maurer, per proseguire con la sua forma di scrittura poetica, in cui ogni elemento concretamente realistico viene trasfigurato in fiabesco, per lo più amaro, come dolorose ed amare sono quasi tutte le vicende della vita e le fiabe per bambini. Il lieto fine d’obbligo “e vissero tutti felici e contenti” delle favole ha uno scopo per lo più consolatorio, per esorcizzare il peso delle paure e delle sofferenze di tutto il resto della narrazione e, purtroppo, della vita.

È una poesia difficile, un po’ tortuosa, quella di Brina: va decifrata, decodificata. Mi è sembrato, a prima vista, che volontà dell’autrice fosse quella di scegliersi interlocutori-lettori di anima a lei affine, che non si spaventassero all’impegno di trovare le chiavi di lettura nella complessità per aprire lo scrigno del tesoro sommerso ed arrivare al cuore di un messaggio, al giorno d’oggi, elementare ed inaccessibile allo stesso tempo. L’autrice infatti possiede la dote rara di vivere in armonia con il cosmo, con la natura, con gli animali, con cui è in relazione viva, di sensibilità ed amorevole corrispondenza. Vocabolari ed altri vocabolari nel titolo fa riferimento alla interrelazione tra esseri viventi, alla bellezza della comprensione tra chi parla linguaggi vocali diversi, indubbiamente, ma ha identico modo di sentire, di amare, di soffrire, di emozionarsi in vita e, con lo stesso fatalismo e la stessa pena, abbandonare la vita.

La forza poetica dell’autrice denuncia la bestialità umana nei confronti degli animali, spesso sfruttati, vilipesi, maltrattati, esaltando invece l’umanità degli animali che, viceversa, si fidano della bestia-uomo, vi si dedicano con un amore che non conosce limiti o riserve.  La nostra stessa esistenza sulla terra corre rischi gravi, se non impareremo a comprendere l’interconnessione tra noi e la natura nei suoi tre regni, fonte di luce ed armonia nel creato. Si impongono certe scelte, non più procrastinabili.

Brina Maurer, che ha scelto di vivere in provincia di Udine, nella natura, lontana dalle grandi città, scrive nel suo linguaggio immaginifico, talora metaforico-allegorico, a volte fiabescamente visionario, le esperienze edificanti, più spesso dolorose fino a conclusioni di morte, con le sue “persone care”: i suoi cani amatissimi Lord Genn, Mughy e Nina. Anche altri animali, talora torturati ed uccisi dalla violenza umana, persino quella disarmante dei bambini, appaiono in questi testi, lunghi come odi, moderni nella forma, ricchi di riferimenti culturali d’ogni tempo e di attualità cronachistica quotidiana.

Proprio per la lunghezza e la complessità di questa scrittura, oltre che per invitarvi alla scoperta del libro, riporterò solo una sua poesia: un assaggio. Tuttavia inserisco qui alcune immagini luminose, davvero felici, che mi hanno trasportata nel regno della poesia autentica, quella che sa suggestionare ed incantare anche con un’immagine unica, ma di inimitabile bellezza.

Ne Le prime scarpine di Glenn, parlando del cane ferito nelle zampe, Brina scrive con verità amorevole, riferendosi al cane e alla bimba Isabella:

 

Lei ondeggiava verso destra,

lui oscillava verso sinistra,

lei verso di lui,

lui verso di lei.

Pendolo di Foucault

con baricentro d’amore.

 

e al termine della poesia l’autrice scrive:

 

Isabella custodisce ancora

le prime scarpine di Glenn

simbolo della metà bionda del suo cuore...

 

Nella poesia Misia, la fata con gli stivali troviamo questa immagine luminosa, che basterebbe da sola a fare grande una poesia

 

... danzavi

cullata dal vento in amache di luna

 

Misia, indimenticabile gatta!

 

Alcune poesie di Brina mi hanno commossa, riaprendo dolorosamente ferite mai sopite in relazione ad analoghe vicende sui cani della mia vita, Sir Ezzy ed Olly.  In questo caso il coinvolgimento è stato totale, ma anche chi non abbia mai avuto animali con sé è in grado di capire lo spessore del legame che collega l’uomo al cane. Del resto l’amore, come il dolore, è eterno, ha una voce e non varia, come scrive Saba nella poesia La capra (da me citata giusto un paio di letture fa).

Ma c’è un altro tipo di risonanza che mi rende cara la poesia di Brina Maurer: tutte e due abbiamo avuto analogo modo di dire, riguardo alla nostra concezione di poesia. Lei afferma nel testo iniziale Vocabolari ed altri vocabolari (da cui prende il titolo la raccolta):

 

Voglio una parola

che sia violenta scarica elettrica,

pensiero per immagini,

taglio che chiude la pagina.

Non il sottovoce che non ha funzionato.

 

Io, nella mia poesia Pensiero (riferita ad una frase della scrittrice Shalev sulle parole spesso usate per nascondere, non per svelare), dico qualcosa di molto simile

 

Che non capiti a me

di tradire le parole.

Le voglio tutte

in riga. Pulite

come la luce

del mattino. Ingenue

da ipocrisie

compromissorie

...

 

Sicuramente Brina è più violenta (è anche molto più giovane!), io più pacata, ma la carica del dire ci accomuna nell’intransigenza di una parola autentica, vera, mai compromissoria, appunto. Mi ci ritrovo appieno ed è molto bella questa forma di riconoscimento a distanza tra due persone, sconosciute nella vita, ma affratellate dalla poesia.

 

Le prime scarpine di Glenn

 

Lord Byron eludeva

la sua zoppia,

sfidando roventi flutti in mare aperto.

Glenn e Isabella, invece, erano orgogliosi

del loro zoppicare in giro per il mondo!

 

Le gambine erano, a volte,

ragazze fragili,

troppo stanche per camminare?

E allora ecco Glenn in versione ballerino,

sorretto nell’imbragatura arcobaleno!

 

Altri lo avrebbero voluto pallida marionetta,

ma lui, attraverso le redini in mano a Isabella

e alla trasmissione del moto tanto cara a Leonardo,

vibrava all’unisono con lei:

i loro cuori, spugnette rosse danzanti!

 

Lei ondeggiava verso destra,

lui oscillava verso sinistra,

lei verso di lui,

lui verso di lei.

Pendolo di Foucault,

con baricentro d’amore.

 

Isabella indossava scarpine da surf multicolor,

sebbene fosse atterrita dal mare.

Glenn indossava scarpine nere,

speciali stivaletti in neoprene imbottito di pile.

Da ballo… da sballo!

 

Sulle sue scarpine stava scritto,

in bianco, “Walker”:

Glennie Walker!

Emulo del re degli alcolici

e dell’autore di un Rimario,

visto che Glenn guaiva in rima

per le sue dichiarazioni amorose!

 

Nel bosco di Raíbl,

con Isabella,

scalpitava verso l’ignoto,

nonostante lo strazio della carne viva.

 

Tuttavia i piedini trascinati sul dorso,

su radici esposte sassi poco levigati o pietre aguzze,

non si ferivano,

grazie a magie di neoprene.

 

Con le sue “ragazze più preziose”

bramava curiosità ed estasi,

in un eccesso di vita.

 

Dilaniava il cuore…

 

Ogni cellula in agonia,

un’angusta cella,

da cui presto l’anima sarebbe evasa.

 

Seppur consapevole,

per il suo bene,

Isabella riusciva ancora a ridere sorridere giocare

farlo contento.

 

Correndo veloce con le gambine anteriori,

Glenn - biondo sempre più biondo,

bello sempre più bello - volava,

lasciando scivolare

le gambine posteriori come strascico di cometa.

 

A casa, le scarpine trascinate sul cemento

producevano il suono di cerini

sfregati sulla scatola di fiammiferi.

Accendevano pulsanti visioni.

 

Isabella udiva quel rumore,

ticchettio di palpiti,

- musica delle segrete,

dietro metallo e tessuto

di un paravento fonoassorbente -

anche nella Stanza delle felci,

quando gli stivaletti strisciavano

sul marciapiede vicino alla vecchia palma.

 

Glenn - cacciatore di nuovi mondi -

voleva l’albero di Natale sempre inondato di luci.

Scintille e bagliori filiformi

accendevano i suoi occhi ciechi

e la sua nobile immaginazione,

mostrandogli la sua amata

tra aloni magici e pennellate di rosso.

 

Lui e Isabella insieme erano felicissimi!

E lei, di lui, era così orgogliosa…

 

Ma la verità è pura e dura

e sino alla fine del tempo perdura:

i corpi non sono attraversati da un flusso infinito.

 

Dieci anni dopo,

in una scatolina di carta preziosa,

Isabella custodisce ancora

le prime scarpine di Glenn,

simbolo della metà bionda del suo cuore…

 

 

 

 


Nessun commento:

Posta un commento