Ti ho lasciata con gli alberi di Terry Olivi è libro di grande garbo e delicatezza, proprio come la sua autrice, che ispira armonia ed equilibrio in ogni suo modo di essere e di fare, forse perché non solo è attenta studiosa della cultura orientale che ha sapientemente fuso con la classicità del mondo greco-romano, ma in questo introiettato sincretismo ha saputo trovare il fulcro della sua vita, totalmente a contatto con la natura nel rispetto assoluto del creato. Vita e arte totalmente armoniche e coincidenti in Terry, con una grazia e una consapevolezza insieme che incantano.
La sua poesia ha il candore rapito di un haiku giapponese, genere cui si è ampiamente dedicata negli anni. Il suo rivolgersi aggraziato verso le luci variate del giorno, i riflessi su piante e fiori del suo giardino pensile, mi fanno pensare alla nitidezza incontaminata di analoghe immagini di certe poesie di Tagore. Come dicevo poc’anzi, vita e poesia sono dunque all’unisono in Terry Olivi, esemplificando quindi il massimo di verità poetica dello scritto nei confronti della vita quotidiana e dell’intento teorico.
Questo libro con grande tenerezza celebra l’amore, come del resto il volume precedente:Nell’indaco notturno, La vita felice 2007, scritto in memoria del padre. Qui l’autrice canta l’amore per la vita proprio nel momento in cui si celebra il distacco per eccellenza, quello da una madre amatissima, di cui si è condivisa la lunga esistenza con dedizione e passione infinita, fisicamente ed emotivamente. È un libro commovente, ma non è un libro triste. L’autrice vive sulla sua pelle il verso classico omnia vicit amor et nos cedamus amori di Virgilio, considerato il più cristiano dei poeti antichi perché ha un che di verità precorritrice il messaggio di Cristo.
“Tutto vince l’amore e noi ci arrendiamo all’amore”: l’amore dunque vince il dolore fisico, la sofferenza morale, la pena del distacco, lo scoglio della morte. Perché è più forte di ogni cosa, come l’amore tra Terry e la sua mamma. Così il diario degli ultimi tempi della signora Maria, novantacinquenne, non è la sequela di un triste declino finale, ma l’esaltazione di un crescendo di bellezza, di comprensione, di affetto, in reciproco scambio vitale.
Quieta diffondi pace,
pace di esistere
di accogliere tutto
nella calma domenica di febbraio.
Come tua madre
come tua nonna
e tutte le tue antenate
avete accettato tutto.
Con pazienza, con rassegnazione,
con resilienza.
Paura di esistere
forza di resistere.
Hai conservato il tuo essere,
il tuo messaggio,
la cura di far bene,
la bellezza, la forza spirituale.
Il desiderio di esistere
ora non c'è più...
Hai lasciato il testimone.
Ora è il mio turno:
lasciare il testimone
poi a mia volta.
(4 febbraio 2020)
*
Domani sarà il tuo compleanno.
Novantacinque anni.
Energia vitale di luce,
come dice il Tao.
Una torta ai lamponi
e alla crema di cocco.
Sorrisi di gioia:
desideravo tanto accompagnarti
a questo traguardo.
Domani arriverai
con la tua carrozzella rossa
e taglierai il traguardo,
lo sguardo incerto, enigmatico.
Ci faremo un selfie.
(27 febbraio 2020)
*
Piccola,
nel grande letto matrimoniale,
ti imboccavo
e tu aprivi la bocca
come un uccello appena nato.
Un rondinino implume.
Così per l'ultima spremuta
d'arancia, pompelmo e limone
a colazione.
Un istante dopo
l'ultimo respiro.
(13 marzo 2020)
Una dolcezza infinita mi coglie in quest’ultima poesia in memoria della dipartita della mamma: anche qui, pur nell’immagine della fine, ci resta impressa la grazia di questo scambio di ruoli tra madre e figlia e l’immagine predominante non di una morte, ma della vita che prorompe nuova e positiva nel nido, il rondinino implume nutrito dalla ‘mamma’ Terry, che veglia con lo stesso calore del nido sulla vita di sua madre nel momento dell’abbandono. E poi il dopo; un momento di esequie solitario e raccolto, accompagnato dal rifiorire della luce nel giorno già un po’ più caldo di marzo, come forse dovrebbero essere tutti i funerali: in solitudine i due momenti campali della vita, quando si nasce e quando ci si accomiata per sempre. E per chi resta, il conforto della natura, da entrambe amatissima, che riprende un ciclico percorso di rifioritura e di gioia in primavera. E anche Terry prova a ricominciare a vivere, lo deve a sua madre e a se stessa.
Un funerale minimalista,
francescano il tuo,
sola con tua figlia,
IO RESTO A CASA
ha fermato tutti,
le preghiere del parroco
appena all'ingresso del cimitero.
C'era il sole
in un cielo limpido e terso,
le margherite di luce sul prato.
Era come avresti desiderato tu,
discreta e silenziosa,
come ogni altra donna mai.
(16 marzo 2020)
*
Dal terrazzo un piccolo bouquet
per te: un sempregiovane amico
ti dedica rametti di fresie
ricche di luce dorata.
In una bottiglia trasparente
di vetro sono davanti
alla tua foto.
Papà portava sempre frutta
e io solo fiori!
(21 marzo 2020)
*
Il terrazzo, dopo l'inverno
e il mio abbandono,
ha ripreso vigore,
come un amico ritrovato,
brillano le piante,
l'acero rosso e il melograno,
la vite, il fico e l'olivo.
Mi saluta l'iris slanciato
già pronto a sbocciare.
Tutto mi parla di vita.
Suona senza fine
la campanella del vento
tra i rami della mimosa,
un dialogo cromatico
con la tramontana
e il cielo terso.
(24 marzo 2020)
*
Ti ho lasciata con gli alberi
da frutto in fiore
e ora la neve sta cadendo
sulle colline ieri verdi.
Anche la primavera si è stranita,
i suoi fiori gentili
coperti dal manto bianco.
In terrazzo al caldo sole
si srotolano le tenere foglie
del fico nato dal vento.
La speranza della nuova vita.
In una rete fitta
di amorevole affetto
sono avvolta ogni giorno:
tante telefonate,
tanti messaggi
per non lasciarmi mai sola.
Mi sento come un bambino
che sta imparando
a camminare da solo,
i genitori dietro le spalle.
(25 marzo 2020)
Il libro ha una conclusione inconsueta e molto particolare: gli amici poeti più vicini a Terry, quelli che l’hanno conosciuta e frequentata insieme alla mamma, hanno scritto un testo in memoria della signora Maria. Questi ricordi trasudano affetto e calore umano sincero: mi ha colpito il fatto che non traspare per nulla un sapore di circostanza, manca totalmente ogni ricerca di effetto patetico. La sincerità di Terry si riflette in queste memorie intense e sentite.
Ve ne riporto una, per me particolarmente autentica. È dell’amico Beppe Mariano, poeta piemontese, tra le voci più autorevoli dell’ultimo trentennio del Novecento e della contemporaneità. Mi sembra, in questi versi, di trovare la conclusione più commovente e più degna non solo per il volume di Terry, ma anche per queste mie annotazioni brevi.
Beppe Mariano
Ti ho incontrata alcune volte
in quella casa nella via
del pasticciaccio di Gadda.
Ogni volta eri persa nella lettura.
Da più tempo leggevi lo stesso libro
la stessa parte di libro:
gli anni trascorsi a Matelica,
in campagna, la tua giovinezza,
la vita faticosa nei campi,
il marito, la figlia ancora piccina,
i parenti contadini.
Leggevi e rileggevi quelle pagine
con tanta concentrazione,
come se fosse la prima volta.
Come se cercassi
un significato ulteriore,
animula vagula
nascosta tra le parole,
animula vagula
nel profondo di ogni storia.
L'hai trovato alla fine?
Dopo mesi di rilettura insistita,
hai chiuso il libro
senza riaprirlo più.
L'ha riaperto oggi
alle stesse pagine
un colpo di vento.
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