domenica 18 settembre 2022

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "Il giardino di Sophia" di Sophia de Mello Breyner Andresen (Il ramo e la foglia 2022) Parte I

foto di Inês Gonçalves
Riprendo dopo l’estate la rubrica Letture condivise sovvertendo l’ordine previsto degli autori da presentare, perché stimolata dal momento politico-sociale del nostro paese. Dopo la crisi governativa nel cuore di luglio, tra una decina di giorni si andrà alle urne, ancora in periodo di ferie, di vacanze protratte, di disimpegno (in linea di massima anche legittimo). Siamo comunque tutti chiamati, con coscienza come non mai, al voto: si tratta di assumerci la responsabilità in proprio, di chiarirci quale possibile corso dare ai numerosi e multiformi problemi del paese. In questo momento storico noi, come popolo e come singoli votanti, non possiamo moralmente crearci alibi. Una cosa sola ci è richiesta: essere responsabili del nostro voto, ovviamente qualunque sia la scelta libera di esso.

Allora, e qui vengo al punto che ci interessa, la figura e la poesia di Sophia de Mello diventano determinanti. La sua è una presenza poco conosciuta nel nostro paese: io stessa mi preparavo a presentarla, soprattutto come interessa sostanzialmente a me,  dal punto di vista letterario, strettamente stilistico e poetico: parlarvi della sua limpidezza formale, della sua linguistica chiarezza, semplice e incisiva, quale sua cifra distintiva. Pensavo di comunicarvi la sua poetica fatta di sguardi reali sul mondo, da cui emerge una poesia personale e oggettiva insieme, un desiderio di bellezza che è anche di rigore e verità. 

Come scrisse l’autrice stessa, l’opera d’arte fa parte del reale: è destino, realizzazione, salvezza e vita… perciò la poesia è una morale… e il senso della giustizia è da sempre una coordinata fondamentale dell’opera poetica. Nel teatro greco, per esempio, il tema della giustizia è il respiro stesso delle parole, perché si confonde con quell’equilibrio delle cose, con quell’ordine del mondo con cui il poeta vuole integrare il suo canto. Dice infatti il coro di Eschilo: “nessuna muraglia difenderà colui che, ebbro della propria ricchezza, deruba l’altare sacro della giustizia”. Forse questo termine ‘giustizia’ è analogo a quell’amore di Dante che muove il sole e le altre stelle, si confonde con la nostra fiducia nell’evoluzione dell’uomo, con la nostra fede nell’Universo…

Queste parole di Sophia, riportate nelle pagine 120-125 di questo bellissimo libro tradotto e curato da Roberto Maggiani, appena edito nel maggio di quest’anno, fanno parte della postfazione dell’autrice alla seconda edizione di Livro sexto 1984 (Arte Poetica III).

Sugli aspetti poetico-estetico-civili di Sophia, che pure sono l’oggetto primo di Letture condivise e ne qualificano il senso, parleremo diffusamente nel prossimo articolo (tra una ventina di giorni, al massimo), visto che ho deciso, per l’attualità del problema e dell’imminenza della nostra chiamata elettorale, di proporre in due puntate  la trattazione di quest’autrice e anticipare ad oggi il suo pensiero sul senso e sulla funzione di un poeta all’interno della società civile. Dalle parole chi vi ho citato di Sophia e per le poesie che vi presenterò oggi, risulterà chiaro quanto poco ella pontifichi astrattamente sulle teorie sociopolitiche e su questioni di lana caprina e quanto, invece, la sua parola-bisturi, semplice e precisa, trovi la via più esplicita e diretta per entrare nell’animo altrui in modo autenticamente costruttivo.

Intanto qualche notizia biografica:

Sophia de Mello Breyner Andresen, portoghese, nacque a Porto nel 1919 da agiata famiglia e morì a Lisbona nel 2004. Dal padre, che come si evince dal cognome Andresen era di origine danese, fu educata secondo principi di cattolicesimo liberale e all’Università di Lisbona, ove studiò Filologia classica, fu leader del movimento universitario cattolico. Sposata al giornalista Francisco Souza Tavares dal 1946 ebbe da lui cinque figli (tra cui lo scrittore Miguel Souza Tavares).  Amante della classicità greco-romana, viaggiò a lungo sulle orme della cultura del passato e incominciò ad essere conosciuta in particolare per i suoi libri di poesia a metà degli anni Sessanta con Livro sexto, pubblicato nel 1962  e premiato dalla Società Portoghese degli Scrittori col Gran Premio della Poesia nel 1964.

È in questo volume di versi che trovano voce testi critici sulla politica portoghese del tempo. Il governo di Antonio Salazar fu in pratica la forma del Fascismo portoghese: autoritario, corporativista. Ministro delle Finanze dal 1928 e Primo Ministro dal ’32, Salazar fu a capo della più lunga dittatura europea del XX secolo, dal ’32 al’68. Di fronte alla censura, alla persecuzione di socialisti, comunisti, obiettori di fronte all’intenso sfruttamento colonialista, al sistema repressivo della polizia politica verso i contrari al regime, c’è sempre con fermezza e coraggio anche Sophia, che sottoscrive il Manifesto dos 101 in cui 101 importanti figure pubbliche del paese, in particolare i cattolici progressisti, criticano le politiche interne e coloniali di Salazar.

In particolare, ciò che mi interessa sottolineare al di là delle diverse situazioni storico-politiche fra i nostri paesi (per fortuna del tutto incommensurabili) è il pensiero dell’autrice sul ruolo del poeta, che deve dimostrare anche con i suoi scritti, ma soprattutto con la propria coerenza personale un impegno attivo: la figura del poeta, attraverso la depurazione più completa del proprio vocabolario, può e deve farsi portavoce della richiesta di giustizia di chi non ha voce, secondo un binomio ‘justiça-justeza’, dove il primo termine indica la giustizia degli uomini e con ‘justeza’ si intende l’esattezza della parola poetica. Estremamente chiarificatore in tal senso è un articolo pubblicato da Sophia nel giugno 1963 sulla rivista O Tempo e o Modo interamente dedicato al ruolo dell’artista all’interno della società: Esiste un'unità della verità. Colui che ricerca una relazione giusta con il mare, con la pietra, con l'albero, contribuisce a una relazione più giusta tra gli uomini. Ognuno ha i suoi termini, le sue strade. Uno parlerà di scogliere e vento, un altro parlerà di città e lacrime. Ma, visto che la poesia è la nostra esplicazione dell'universo e la nostra più intima implicazione nella realtà, ci sono temi a cui nessun poeta può restare indifferente. [ ... ] Il poeta non si limita a raccontare e a cantare il mondo. Lo modifica, anche. [ ... ]Non è possibile purificare le parole senza purificare anche la relazione dell'uomo con la realtà [ ... ]Per il poeta la poesia è una maniera di salvare se stesso e gli altri. E questa ricerca di salvezza non può essere distinta dalla ricerca di una forma concreta e pratica di giustizia.

Ho riportato queste notizie su Sophia dalla eccellente postfazione dell’acuto studioso di letteratura portoghese, dell’Università di Tor Vergata, Claudio Trognoni, che qui non trasferisce solo il suo sapere ai lettori, ma li stimola mediante una sapiente e appassionata scrittura a conoscere più in profondità l’autrice, a penetrarne maggiormente l’anima, insieme con la poesia.

Vi lascio – finalmente! – alla lettura di alcuni testi civili di Sophia de Mello, che volutamente non commento ora, permettendo quindi ai versi di esporsi in toto e ai lettori di costruirsene un’idea personale assolutamente libera. Del resto la poesia parla da sola.  È la sua peculiarità.

Nel prossimo articolo, sempre su questa poetessa, analizzeremo concretamente tematiche e stili. La sua è una scrittura calibrata ma intensa, tale da creare relazioni vere tra uomo e uomo, tra uomo e natura, tra passato e presente, tra scrittore e lettore. Senza contorcimenti verbali, senza sovrastrutture della mente. Cosa rara ai nostri giorni.

Ci dedicheremo, nella prossima lettura condivisa, a temi più leggeri, di olimpico classico respiro, di coinvolgente apollinea bellezza. Di fronte allo splendore del mondo, al mare e alle spiagge dell’Algarve, ai colori di madre natura, Sophia si incanta e si rallegra con passione, per dirla con parole sue, ma è la stessa persona ingenuamente creatura che, di fronte alla sofferenza del mondo si ribella con passione. E continua, sempre nella postfazione al Livro sexto già citata, non accettiamo la fatalità del male. Come Antigone: “sono colei che non ha imparato a cedere ai disastri”. C’è un desiderio di rigore e verità che è intrinseco all’intima struttura del poema e che non può accettare un ordine falso.

L’artista in ogni tempo, attraverso le sue opere, influenza la vita degli altri, anche solo per il fatto del suo rigore nella ricerca di verità e di responsabilizzazione, contribuirà alla formazione di una coscienza comune. Il poeta per Sophia de Mello, e non solo per lei fortunatamente, è l’erede della libertà e della dignità dell’essere. Forse non sempre noi ce lo ricordiamo.  È più comodo abdicare e pensare, come dice Guicciardini, al nostro ‘particulare’, anche se in momenti di rara lucidità ci ritroviamo amareggiati o in crisi con noi stessi.

                       

Da Mare nuovo, 1958

 

NAUFRAGO

Ora oscilli morto

Al gusto delle correnti

Con meduse invece di pupille.

 

Ora regni tra immagini pure

In paesi trasparenti e di vetro,

Senza cuore e senza memoria

Diluito in tutte le presenze.

 

Ora liberato dimori

Nella  pausa bianca dei poemi.

E il tuo corpo sale e scende in ogni onda,

Senza nome e senza destino

Nella limpidezza dell'acqua.

 

Da Il Cristo gitano, 1961

 

PATRIA

Per un paese di pietra e vento forte

Per un paese di luce perfetta e chiara

Per il nero della terra e per il bianco del muro

 

Per i volti di silenzio e di pazienza

Che la miseria lungamente ha disegnato

Rasente alle ossa con tutta l'esattezza

Di una lunga relazione irrecusabile

 

E per i visi uguali al sole e al vento

 

E per la limpidezza delle tanto amate

Parole sempre dette con passione

Per il colore e per il peso delle parole

Per il concreto silenzio limpido delle parole

Da dove si ergono le cose nominate

Per la nudità delle parole abbagliate

 

– Pietra fiume vento casa

Pianto giorno canto ardore

Spazio radice e acqua

O mia patria e mio centro

 

Mi duole la luna mi singhiozza il mare

E l'esilio s'inscrive in pieno tempo

 

 

***

IL VECCHIO AVVOLTOIO

Il vecchio avvoltoio è saggio e liscia le sue penne

Il putridume gli aggrada e i suoi discorsi

Hanno il dono di rendere le anime più piccole

 

Da Il nome delle cose, 1977

 

25 DI APRILE*

Questa è l'alba che attendevo

Il giorno iniziale intero e limpido

In cui emergiamo dalla notte e dal silenzio

E liberi abitiamo la sostanza del tempo

 

*Anche per il Portogallo, come per l’Italia, il 25 aprile segna la libertà. Il 25 aprile 1974, con la cosiddetta Rivoluzione dei garofani, si è ripristinata la democrazia mediante un colpo di stato militare incruento, da parte delle forze armate più progressiste. Segue un periodo, tuttavia, di aspre lotte politiche

 

***

RIVOLUZIONE

Come casa pulita

Come pavimento spazzato

Come porta aperta

 

Come puro inizio

Come tempo nuovo

Senza macchia né vizio

 

Come la voce del mare

Interiore di un popolo

 

Come pagina in bianco

Dove la poesia emerge

 

Come architettura

Dell'uomo che erige

La propria abitazione

                        (27 aprile 1974)

 

***

CON FURIA E RABBIA

Con furia e rabbia accuso il demagogo

E il suo capitalismo di parole

 

Ebbene bisogna sapere che la parola è sacra

Che da lontano molto lontano un popolo l'ha portata

E in essa ha posto la sua anima confidente

 

Da lontano molto lontano fin dall'inizio

L'uomo ha saputo di sé attraverso la parola

E ha nominato la pietra il fiore l'acqua

E tutto è emerso perché egli ha detto

 

Con furia e rabbia accuso il demagogo

Che si promuove all'ombra della parola

E della parola fa potere e gioco

E trasforma le parole in moneta

Come si è fatto con il grano e con la terra

                                   (giugno 1974)

 

Da Navigazioni, 1983

 

DERIVA

III

Nudi si bagnarono in grandi spiagge lisce

Altri si perdettero nel repentino azzurro dei temporali

                                                           (1982)

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