C’è generosità nella poesia di
Salvatore Contessini. Nella sua raccolta “Una tempesta di parole” (LietoColle
2011) l’autore non solo concede sè stesso alla poesia, ma concede la sua poesia
ad una forma feconda di amorevole condivisione del verso. Così l’autore si
abbandona al bene lasciandosi rapire dalle parole di altri poeti e a essi
risponde con una “tempesta di parole”. Ma non ci sono sovrapposizioni di voci
in questa sinfonia, bensì un coro che canta all’unisono ove ognuno svela il
proprio timbro interiore creando un tutt’uno armonico. Le parole diventano
personaggi ognuna per il suo significato più puro, e insieme una all’altra per
una composizione ritmica e semantica di forte e profondo impatto emotivo.
Il titolo stesso ci svela il
rapporto di forte passione che l’autore ha con la parola. E in quanto poeta si
sente completamente avvolto da essa, ammaliato, affascinato e forse anche soggiogato,
di sicuro spesso anche tradito quando essa non sopraggiunge ad afferrare nel
modo che si vorrebbe il senso del sentire interiore.

Forse è molto rischiosa questa
mia interpretazione ma ritrovo nelle poesie del Contessini una forte valenza orientaleggiante,
per l’appunto buddista con qualche concessione anche al taoismo: il bisogno di
sintesi nella ricerca del verso è palese; l’interrogarsi sul senso
dell’esistenza; sull’apparenza del mondo; la ricerca del silenzio.
Cinzia Marulli
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