lunedì 4 settembre 2017

Riflessioni sulla poesia di Claudio Damiani

Claudio Damiani - foto di Dino Ignani
Claudio Damiani: la poesia oltre il tempo e lo spazio - riflessioni sulla poesia di Claudio Damiani da "Poesie" (Fazi Editore) e "Sognando Li Po (Marietti).

Parlare della poesia di Claudio Damiani è parlare di qualcosa che non ha confini, né geografici né temporali. In essa si ritrova tutta l’essenza del passato in una voce universale che non può essere relegata alla tradizione culturale e spirituale di un’unica civiltà, ma che scava invece nelle profondità della natura umana nella sua interezza.
La poesia di Claudio, per sua natura, è dunque portata a trovare affinità con la poesia di altri tempi  e luoghi proprio in virtù della sua universalità, propria tra l’altro, della vera e grande poesia.
Claudio è lontano anni luce da essere poeta artefatto, la sua è una ricerca molto più profonda, vera, più vicina all’essenza. Non mi ha meravigliato dunque, leggere nella prefazione di Marco Lodoli al libro “Poesie” edito da Fazi le seguenti parole: Claudio leggeva Pascoli, Orazio e Caproni, sdegnava ogni moda letteraria, cercando una lingua che potesse parlare di ogni cosa senza mai tradire il vero.
Prendiamo ad esempio una radicatissima tradizione orientale e in particolare cinese che imponeva agli aspiranti artisti, prima di potersi esprimete autonomamente, di copiare e ricopiare i grandi maestri del passato affinché assorbissero la loro arte, la loro spiritualità, la loro essenza facendola così tornare a vivere nelle nuove opere.
Anche Borges, nel corso di alcune lezioni che tenne alla Columbia University e che sono state trascritte per intero e pubblicate ne “L’invenzione della parola” (Mondadori) richiama, seppur diversamente, questo concetto: Borges ci dice infatti che citare o addirittura usare per un proprio scritto un verso di un grande poeta non vuol dire copiarlo, perché, se ciò ci viene naturale, significa che quel verso è entrato talmente tanto dentro di noi da diventare nostro. Abbiamo in definitiva assorbito l’essenza del nostro grande maestro che quindi rivive in noi.
Ecco, tutto questo “essere” e “rinascere” è forte nella poesia di Claudio Damiani, il suo richiamo ai classici e in particolare ad Orazio trova affinità e parallelismi anche nella poesia cinese di epoca t’ang che ha infatti molti accenni oraziani con l’invito al “carpe diem”, come scrive Riccardo Bertuccioli nella sua “Storia della letteratura cinese” edita da Sansoni.
Ma forte e profonda è anche l’affinità con il pensiero taoista, anch’esso presente nella poesia cinese di epoca t’ang ed in particolare in Li Po (701-762). Il taoismo infatti esalta la spontaneità e la naturalezza; per esso il Tao, ovvero il principio supremo, la legge universale, esiste in tutte le cose e tutte le cose esistono nel Tao; fino a che le cose avvengono naturalmente tutto è armonico, la vita è vissuta bene solo quando l’uomo è in completa armonia con l’universo e il bene non è compiuto dall’azione spinta dal desiderio, ma dalla “inazione”, “wu-wei”, che è ispirata alla semplicità, a lasciare che le cose seguano le leggi universali della natura.
Riprendo dunque alcune parole della prefazione di Marco Lodoli che mi hanno molto colpito in tal senso. Lodoli racconta di quando lui, Claudio Damiani e altri amici artisti e poeti avevano affittato un locale per aprire una galleria d’arte nel rione Monti di Roma e dice testualmente: Ricordo una discussione su come organizzare lo spazio che avevamo affittato.... Damiani parlava invece di uno spazio concavo, bianco, puro che accogliendo il mondo intero gli desse una forma chiara. Non bisognava fare niente, solo imbiancare e aspettare che tutto lentamente si definisse:

Ecco quindi che ritroviamo in pieno, in modo assolutamente spontaneo, nel comportamento, nel pensiero di Claudio Damiani questo desiderio di abbandonarsi alle leggi naturali dell’universo, al suo armonico divenire. E questo pensiero che è coerente con la vita del poeta è inevitabilmente, anzi direi naturalmente coerente nella sua poesia  nella quale si respira un profondo senso di armonia, dove il divenire del mondo e dell’esistenza dell’uomo è cantato con la stessa semplicità e naturalezza tanto invocata dai taoisti, dove l’amore per la natura e lo stupore di fronte alla bellezza dell’universo è sincero e puro come quello di un bambino.
Come meravigliarsi allora del grande amore nato tra Claudio Damiani e  la poesia cinese T’ang che lui ha conosciuto da ventenne nell’ottima traduzione di Benedikter (300 poesie t’ang), ed in particolare dalla figura e dalla poesia di Li Po, il poeta taoista per eccellenza?
Attenzione, non si tratta di influssi, ma di parallelismi , di comunione di essenze.
Claudio ha, molto probabilmente, letto le poesie di Li Po, ma non si è limitato a capirle, bensì le ha “sentite”  perché in lui era insita la stessa universale ricerca di armonica semplicità.
E tanto è stato felice nel ritrovare tale assonanza che ha sentito il bisogno di scrivere e dedicare una sua intera opera a Li Po, intitolata “Sognando Li Po” richiamando non solo il titolo di una famosissima poesia di Tu Fu, contemporaneo e amico di Li Po, ma anche esprimendo così il sentimento che ha provato quando è entrato in contatto con la poesia cinese. Mi sembra importante al riguardo citare proprio ciò che ha scritto lo stesso Claudio Damiani nella premessa a  Li Po: “Ho amato la poesia cinese come qualcosa che mi spingeva oltre il mio tempo, in un futuro antico che m’appariva come un sogno...”

Non mi resta che ringraziare Claudio Damiani per il dono dei suoi versi.
Cinzia Marulli

da Sognando Li Po

L'addio

A un certo punto, giunti su un'altura
dove c'erano quattro baracche
scesero dal carro. Cadeva ancora la neve
dal cielo, e dai rami di un grosso pino
sopra le loro teste.
Il carrettiere slegò i cavalli. I due poeti e il seguito
presero stanza nella locanda affumicata.
Tutta la notte Li Po e Tu Fu alzarono le coppe;
gli ufficiali del seguito s'erano presto addormentati,
ma loro ancora amabilmente conversavano.
Tu Fu parlò della sua casa natale,
dell'infanzia felice nella natura, dei giochi,
Li Po parlò della capitale,
di feste e danze, dei giorni fugaci della giovinezza.
Ed ecco si fece bianca la finestra dell'alba,
una luce scialba, un biancore irreale penetrò nella stanza.
Parlarono ancora dei loro morti,
parenti e amici che avevano dovuto abbandonare.
A un tratto Li Po si alzò,
Tu Fu stette ancora seduto per un po', poi anche lui si alzò,
stettero in piedi per molto tempo in silenzio,
mentre tutti dormivano, nel silenzio della locanda.
La neve fuori aveva smesso di cadere
e il vento si era quietato.
Li Po prese la bisaccia e s'incamminò
sulla strada bianca.


 Da Il fico sulla fortezza


Il fico sulla fortezza
ha vita molto precaria
perchè quando faranno i restauri
sarà certamente tagliato.
Però sta tranquillo sotto la luce del sole
distendendo il suo ampio mantello
disuguale, incurante dell’estetica,
se ne frega di stare così in alto
non soffre di vertigini
si lascia accarezzare
dalla luce e dalle brezze tiepide
sente la nebbia, sente gli uccelli
che parlottano tra i suoi rami.


Claudio Damiani è nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo. Vive a Roma dall'infanzia.
Ha pubblicato le raccolte poetiche Fraturno (Abete,1987), La mia casa (Pegaso, 1994, Premio Dario Bellezza), La miniera (Fazi, 1997, Premio Metauro), Eroi (Fazi, 2000, Premio Aleramo, Premio Montale, Premio Frascati), Attorno al fuoco (Avagliano, 2006, finalista Premio Viareggio, Premio Mario Luzi, Premio Violani Landi, Premio Unione Lettori), Sognando Li Po (Marietti, 2008, Premio Lerici Pea, Premio Volterra Ultima Frontiera, Premio Borgo di Alberona, Premio Alpi Apuane), Il fico sulla fortezza (Fazi,  2012, Premio Arenzano, Premio Camaiore, Premio Brancati, finalista vincitore Premio Dessì, Premio Elena Violani Landi), Ode al monte Soratte, con nove disegni di Giuseppe Salvatori (Fuorilinea 2015), Cieli celesti (Fazi, 2016).
Nel 2010 è uscita un'antologia di poesie curata da Marco Lodoli e comprendente testi scritti dal 1984 al 2010  (Poesie, Fazi, Premio Prata La Poesia in Italia, Premio Laurentum).
Ha pubblicato di teatro: Il Rapimento di Proserpina (Prato Pagano, nn. 4-5, Il Melograno, 1987) e Ninfale (Lepisma, 2013). Ha curato i volumi: Almanacco di Primavera. Arte e poesia (L'Attico Editore, 1992); Orazio, Arte poetica, con interventi di autori contemporanei (Fazi, 1995); Le più belle poesie di Trilussa (Mondadori, 2000).   E' stato tra i fondatori della rivista letteraria Braci (1980-84). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente spagnolo, inglese, serbo, sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e straniere.


Nel 2016 è uscito il saggio La difficile facilità. Appunti per un laboratorio di poesia, Lantana Editore; Di recente pubblicazione (gennaio 2017) il saggio L'era nuova. Pascoli e i poeti di oggi, a cura di Andrea Gareffi e Claudio Damiani, (LiberAria Edizioni).

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