Ciò che sta accadendo alle nostre sorelle Afgane ci impone azione. La sensazione, in realtà, è quella di impotenza davanti a un orrore così grande, davanti a un orrore che in realtà non si è mai fermato. Mi chiedo se un verso scritto possa servire a qualcosa, ma nello stesso tempo penso che il silenzio sia a dir poco offensivo. Sì, forse non serviranno a nulla i nostri scritti, ma la com-passione, la solidarietà, l'amore per la vita, per la giustizia che anima queste parole su carta possono diventare una forza invisibile e, mi auguro, invincibile.
Per questo ParolaPoesia termina qua la sua sosta estiva e riprende con parole che alimentino questa forza per le sorelle di Kabul.
Siete tutti invitati a partecipare, mandatemi i vostri contributi a parolapoesia@gmail.com e ParolaPoesia li selezionerà e pubblicherà.
Io, personalmente, dal canto mio sento di dover fare qualcosa e vorrei lanciare un appello al nostro Governo affinchè diventi parte attiva in questa difesa e mi offro di ospitare nella mia casa una sorella Afgana per tutto il tempo che sarà necessario, fosse anche per sempre. Andiamo a prenderle, salviamole intanto da questa destino assurdo e apriamo a loro le nostre case. Sono certa che ci porteranno molto più amore di quanto noi possiamo dare loro.
Di seguito alcuni miei versi scritti ad agosto 2014 e che tornano terribilmente attuali.
Il grido di sale tra le gabbie indicibili del costato
le costole frantumate da un cuore fermo, le mani bianche
tra le macerie finte della fotografia
luce e grida, lampi di dolore – voi lì – noi qui.
La carta ci unisce
ma noi guardiamo e voi urlate
a noi basta spegnere il tablet per voltare pagina
per fermare a mezz’aria le bombe
per ricostruire un pensiero nuovo.
E mentre le donne a gambe larghe urlano le loro mutilazioni
noi firmiamo appelli che vagano nell’etere
e vendiamo armi agli assassini
siamo qui, d’agosto, a stenderci al sole col sottofondo delle tragedie folli.
Le grida che agonizzano sotto la terra sterile
nei luoghi della dimenticanza
le rose crescono senza petali e il rosso è quello del sangue.
Buona la pasta mangiata a mezzogiorno
mentre i missili saettano lontano e quel bicchiere
di vino che bagna la coscienza e ubriaca la memoria
è secco come la vagina infibulata di una donna tristissima.
Il grido, il grido della terra che inonda tutto
questo orrore con le acque sacre del perdono
in quel giardino lontano – forse anche finto –
intanto una rosa dai petali bianchi sboccia.
agosto 2014
(Cinzia Marulli da Percorsi - Ed. La vita felice 2016)
Grande forza civile. Un messaggio di resistenza e di sommossa. Bravissima, Cinzia!
RispondiEliminaGrazie, cara Monia.
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