Anime sorde e mute
Di nuovo è questa storia ad ingolfarci di parole vane.
Ouverture di morte alla tivvù mentre quella donna
macina il grano della vita in sotterfugi precari,
infiammati dalle vampe. E il vagito moribondo
si spegne nelle nostre masticazioni indifferenti.
Appare infinito il rosso del giorno
sopra i letti d’interminabili dolori. E quegli occhi,
Dio mio!, quegli occhi hanno già condannato tutto
del nostro cuore inutile, noi che stiamo qui
alla finestra e non vediamo altro che baratri
virtuali: è lì!, è lì!, in deserti dominati dal terrore,
e avanza, il nuovo negromante: minaccia
burrasche di morte sull’avventizio,
verso un confine di assurdità che non ha pace
(possibile ancora nonostante il blaterare emancipato
di tutti i pretendenti al trono del pianeta?…).
Così, non abbiamo storia migliore da offrirti,
o Signore! Bisognerà raccogliere il sangue di Abele
ancora per millenni, rimanere qui incatenati
dal fragore che confonde bene e male: la nostra
è un’anima sorda e muta ad ogni grido di dolore,
ad ogni vituperio!
Da che mondo è mondo, non abbiamo che disfatta:
pullula, vegeta nelle nostre viscere, indifferente.
Sfuma così nel nostro cantuccio d’egoismo
ogni pietà, ogni amore, ogni umanità.
Giuseppe Vetromile
20 / 8 / 2021
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