sabato 21 agosto 2021

Per le donne di Kabul: Gabriella Sica

 Sono arrivati i talebani

 

in un paese lontano che non ha boschi

che non ha gridi e voli di uccelli trasmigratori

che non ha più la lunga riga delle candide gru su un piede.

C’è un’agitazione un’inquietudine

giù a valle a viso coperto balbettanti uomini cupi

sono accovacciati nel mantello a mani armate

o sono in fuga per montagne aride grigie e ocra.

 

Eppure cento le lingue e cento le fogge del vestire

in questo tribolato luogo della terra

di anime affannate

che guizzano nell’aria.

Sfolgoranti i colori il turchino l’indaco e il giallo oro

dei burqa gonfiati dal vento

gli avvolgenti manti di donne-farfalle e madonne pudiche

con misteriose aureole-spine di cespugli e nidi.

 

Ah i magnifici colori, il semplice colpo di blu e rosso

sui fili degli arazzi sfolgoranti

di Alighiero Boetti

irrequieto pastore errante per l’Asia

che per le mappe-scacchiere del mondo

da Trastevere fuggiva. Dov’è dov’è la pace?

E correva correva veloce

nibbio selvatico e mite o airone

dal cuore stanco

mentre sventolavano al suo passaggio le care bandiere.

Provava a immaginare le sue ceneri-ali

posarsi con sollievo sull’acqua lapislazzuli di un lago afgano

riposare lievi come fiocchi di neve

alla luce della luna immortale e silenziosa

immaginava così l’arazzo più colorato e bello.

 

È infinita l’aria infinito il sereno. Fiammeggiano nel cielo le stelle

a Roma è una notte calma e c’è la luna piena

che fa d’argento i contorni

mentre cammino al soffio del silenzio lungo il Foro

verso l’imperiale dolore.

 

(Gabriella Sica - ottobre 2001)

 

da Le lacrime delle cose, postfazione di Paolo Lagazzi, risvolti di Giancarlo Pontiggia, Bergamo, Moretti & Vitali, 2009.

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