Sono arrivati i talebani
in un paese lontano che non ha boschi
che non ha gridi e voli di uccelli trasmigratori
che non ha più la lunga riga delle candide gru su un piede.
C’è un’agitazione un’inquietudine
giù a valle a viso coperto balbettanti uomini cupi
sono accovacciati nel mantello a mani armate
o sono in fuga per montagne aride grigie e ocra.
Eppure cento le lingue e cento le fogge del vestire
in questo tribolato luogo della terra
di anime affannate
che guizzano nell’aria.
Sfolgoranti i colori il turchino l’indaco e il giallo oro
dei burqa gonfiati dal vento
gli avvolgenti manti di donne-farfalle e madonne pudiche
con misteriose aureole-spine di cespugli e nidi.
Ah i magnifici colori, il semplice colpo di blu e rosso
sui fili degli arazzi sfolgoranti
di Alighiero Boetti
irrequieto pastore errante per l’Asia
che per le mappe-scacchiere del mondo
da Trastevere fuggiva. Dov’è dov’è la pace?
E correva correva veloce
nibbio selvatico e mite o airone
dal cuore stanco
mentre sventolavano al suo passaggio le care bandiere.
Provava a immaginare le sue ceneri-ali
posarsi con sollievo sull’acqua lapislazzuli di un lago afgano
riposare lievi come fiocchi di neve
alla luce della luna immortale e silenziosa
immaginava così l’arazzo più colorato e bello.
È infinita l’aria infinito il sereno. Fiammeggiano nel cielo le stelle
a Roma è una notte calma e c’è la luna piena
che fa d’argento i contorni
mentre cammino al soffio del silenzio lungo il Foro
verso l’imperiale dolore.
(Gabriella Sica - ottobre 2001)
da Le lacrime delle cose, postfazione di Paolo Lagazzi, risvolti di Giancarlo Pontiggia, Bergamo, Moretti & Vitali, 2009.
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