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A Kabul ora è notte
i colori soffocati
sotto cappe di nero
Il seme non può farsi cielo.
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L'abbraccio
Oggi e sempre
straniero nella mia terra
e straniero in alcuna terra
accolgo e canto la sacralità dell’essere umano.
Il suo seme che cammina il mondo
è già radici
l’attesa è già accoglienza
l’ospitalità è crocevia di cammini
mi insegnò Jabès nei suoi deserti.
Così la pagina bianca accoglie la parola
il mio orecchio il tuo canto
l’abbraccio placa il grido
contiene le angosce
dimora fluida avvolge il corpo
si parlano i cuori.
Non c’è altra casa che il palmo delle tue mani
Non c’è pace che nell’affondo del tuo sguardo
Non c’è pace se tutti i camminanti non conosco una pace.
Mara Sabia
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