Accoglienza
I
Si raccontano, una faccia nell’altra.
C’è il pane fresco sul banco, asciutto,
il suono di cose toccate. Dispone
pezzi in fila - le mani sembrano terra,
le unghie sono tagliate fin dentro la carne.
Le storie scomposte in sagome
fanno corto circuito. Attraverso
il vetro appare reale solo la forma
delle magliette made in china.
Come dire posto per accoglienza?
Il cielo preme su tutti, scivolano fuori
dalle magliette i corpi.
II
Parlare, sentire: entriamo, compriamo
due chili di pane - parlare, sentire
le mani calde, gli occhi geologici. Sembra
di attraversarsi, noi nella mattina soli
dal banco al vetro alla strada...
Le aste traslucide attraverso i vetri
sono rami - e il vento
le apre, li chiude.
III
Il nome inizia con la a e finisce con la h
suona una cosa calda, di lievito
ed è vero - la distanza esiste meno
di prodotti che di etnia. La cosa esplode.
Il vento comprime tutti,
finisce con la h, come si soffia.
IV
Sembriamo serpenti, curve, lingue mescolate.
Passiamo attraverso un posto immaginario.
È una sfida, come il ragazzo della favola
nascondeva la volpe tra ascella e fianco.
Il cielo preme su tutti, le solitudini esplodono.
Il posto intorno è vero - i serpenti solo suono.
Maria Borio ( da Trasparenze - Interlinea Edizioni 2018)
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