domenica 22 agosto 2021

Per le donne di Kabul: Maria Borio

Accoglienza

 

I

 

Si raccontano, una faccia nell’altra.

C’è il pane fresco sul banco, asciutto,

 

il suono di cose toccate. Dispone

pezzi in fila - le mani sembrano terra,

 

le unghie sono tagliate fin dentro la carne.

Le storie scomposte in sagome

 

fanno corto circuito. Attraverso

il vetro appare reale solo la forma

 

delle magliette made in china.

Come dire posto per accoglienza?

 

Il cielo preme su tutti, scivolano fuori

dalle magliette i corpi.

 

II

 

Parlare, sentire: entriamo, compriamo

due chili di pane - parlare, sentire

 

le mani calde, gli occhi geologici. Sembra

di attraversarsi, noi nella mattina soli

 

dal banco al vetro alla strada...

Le aste traslucide attraverso i vetri

 

sono rami - e il vento

le apre, li chiude.

 

III

 

Il nome inizia con la a e finisce con la h

suona una cosa calda, di lievito

 

ed è vero - la distanza esiste meno

di prodotti che di etnia. La cosa esplode.

 

Il vento comprime tutti,

finisce con la h, come si soffia.

 

IV

 

Sembriamo serpenti, curve, lingue mescolate.

Passiamo attraverso un posto immaginario.

 

È una sfida, come il ragazzo della favola

nascondeva la volpe tra ascella e fianco.

 

Il cielo preme su tutti, le solitudini esplodono.

Il posto intorno è vero - i serpenti solo suono.

 

 

Maria Borio ( da Trasparenze - Interlinea Edizioni 2018)

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