Il poeta, Salvatore Contessini, è un architetto di studi e di professione, ma basterebbe sfogliare il suo straordinario ultimo libro La direzione del silenzio senza neppure leggere una riga per rendersene conto nell’immediato. Colpisce già straordinariamente l’interessante struttura architettonica dell’opera, originale, inconsueta, che fa da cornice irrinunciabile al contenuto poetico. C’è una armonia sottesa che conduce il lettore a penetrare, attraverso le varie tappe, nell’intero percorso dei testi: si è quasi tenuti per mano dall’autore, forse sincero come mai prima in precedenti suoi volumi, perché stavolta si mette a nudo come poeta, ma soprattutto come uomo. Vuole farci capire, con la genesi dell’opera, il suo reale travaglio interiore, una penosa forma di smarrimento, che sfocia alla fine nella rinascita di un sé poeticamente nuovo, nella gioia del ritrovamento dell’armonia interiore attraverso forme rinnovate di creatività e di sentire. Non avrebbe senso il libro di poesie senza l’introduzione di Contessini stesso: senza reticenze, in meravigliosa concisione – ove ogni parola ritrovata, non solo poeticamente ma anche in prosa, è quella ‘giusta’, direbbe Flaubert – confessa al lettore quello che per un poeta è un dramma:
scopro la perdita della parola, il suo esaurirsi nell’inaccessibile, l’impervio suo utilizzo che dissolve la vena creativa e porta al silenzio totale, afono di significato, algido di suggestione. Ho scoperto così la perdita del canto, lo smarrimento poetico che non trova più il senso, l’arido deserto…
e poi la ricerca e l’affanno di un progetto nuovo,
nella speranza del dono di parole rinnovate, in suono
rarefatto, di ieratica
sostanza, scarne, essenziali di significato ma ricche di significante, valenze
che vengono dall’oltre, misteriose, enigmatiche forse, come misterioso ed
enigmatico credo sia il percorso esistenziale dell’uomo sotto ogni latitudine. Questa
poesia è partorita da un silenzio che si credeva vuoto, sterile: originava
infatti sofferenza e pena, era la matrice invece da cui la voce interiore
spezzata trovava nuovi accordi, dove nascevano speranze di trasformazione, dove
i frammenti dissonanti trovavano completezza armonica. Nasceva quasi da sé, nel
poeta che non scriveva più, il canto nuovo della rinascita della poesia.
A questa meravigliosa introduzione dell’autore ho dato grande spazio non certo a caso ma, in primo luogo, perché penso sia irrinunciabile leggerla e rileggerla per penetrare a fondo nella poetica che sta alla base di questa silloge e, in secondo luogo, per egoismo del tutto personale, perché mi ha fatto bene percorrere e ripercorrere con Contessini quelle che sono state, anche per me, le circostanze di perdita della parola poetica, mancanza tanto più grave in quanto in essa consiste la mia forma privilegiata di comunicazione col mondo.
Le tre sezioni del libro di Salvatore Contessini corrispondono ai tre momenti dell’intero suo percorso:
RIPRESA, dopo il periodo di limbo dell’anima:
Era il silenzio a nutrire la mia anima.
Prima ancora, la parola necessaria
l’alimentava.
Arido vuoto
Ho perso il vento amico
che bisbigliava versi
ora che riparato all'aria
sono una stella spenta
in un silenzio siderale.
La sabbia immobile di dune
attende la tormenta
profili di passaggi
svolti nel silenzio.
*
Estetica del silenzio. Quadro due
Parole non ancora nate
spingono all'uscita dal nulla
dal rumore d'esistenza
ma non dal suono.
Cercano minuta percezione
che scaturisce dal silenzio.
Melodiche trasformazioni
di foniche materie
tra gli equilibri estesi
di frequenze sconosciute
e le sonorità perdute
carenti di attenzione.
*
Monile
Sono io stesso
la materia del mio libro
l'abrasione scoperta
nell'ordine dell'inimmaginabile
la sorpresa del silenzio
che diviene
oro di quiete.
*
Divisionismo
Niente vale sempre e ovunque,
questo ho appreso.
Il mondo da vicino
è come un quadro
fatto di quantità discrete
di colore e spazio
che da lontano
raccontano legami.
Chiama la terra
ma è solo il cielo che solleva.
La seconda sezione, MINIMALIA, vede la parola ritrovata nella sua essenzialità, ma anche nella sua forza evocativa, fortemente mentale ma, nello stesso tempo, misteriosa, spesso onirica. Parola creativa di per sé, particolarmente nelle ore dei sonni notturni o nei silenzi lunghi delle ore di veglia e di insonnia.
Superbia
Non tutto mi arriva alla vista,
di più riesco a immaginare.
Così lo scrivo in versi
anche per chi non vede.
*
Sogni
Torna quel cosmo di miraggio
con densità di vita propria
e la domanda stravagante
sulla realtà dell'esistenza.
È qui che incontro esseri notturni
insoliti racconti con filmati,
la cupa notte ad occhi chiusi.
Al mio risveglio
annaspo nel ricordo
e il cambio di stagione
rivela scempio.
*
Scorrimenti
Ci sono orologi privi di corda,
segnano un tempo che non è.
Sono la sintesi di tempi morti
o meglio: la raccolta di quelli persi.
Dimenticati o conservati
addestrano la spinta al cruccio.
Spero venga perdonata la mia predilezione a questo tipo di testi; mi ci ritrovo particolarmente e conseguentemente la mia adesione è totale. La poesia vive di raccordi, di strane vicinanze tra testi di autori diversi e allora, grazie alla lettura, corrono le memorie a somiglianza di situazioni, di stati d’animo, ne derivano corrispondenze di testi poetici. A me è capitato, ripensando in particolare a certe mie poesie che presentano forti analogie mentali ed emozionali.
La terza sezione, FRAMMENTARIA, è introdotta da una lapidaria, quanto realistica, sentenza:
Lo sguardo crudo del silenzio
promuove spazio sconosciuto
In effetti le poesie di questa sezione sono frammenti di estrema sintesi, forme quasi di aforismi, ma non sono noiose come gli aforismi in genere sono; queste brevi sentenze fanno volare in alto: sono poesie, solo in seconda istanza portano a una riflessione sulla realtà concreta.
Numeri estremi
Sono nato da una somma
e mi ritrovo differenza.
*
Fuso
Il mio complesso appagamento
genera la forma del cristallo.
Ghiaccio dissolto al caldo della luce.
*
Mutazioni
È sull'orlo della notte
quando il rumore tace
che le parole cambiano verso.
*
Explicit
È tempo di consegna dei raccolti,
è il corso nuovo che bussa nel progetto.
Recapito nel flusso del passato
un pacco senza nome,
a labile memoria un seme
per terra di domani.
L’architettura di questa silloge viene ultimata da una serie di note di lettura a firma di ben sei poeti e critici, tra i più sensibili e noti della contemporaneità: Agnese Coppola, Anna Maria Curci, Cinzia Marulli, Luigi Camillo, Antonio Fiori, Giuseppe Vetromile. Sono annotazioni che forniscono un’indicazione alla lettura di grande acume e costituiscono un’interessante, quanto competente, guida all’avvicinamento ai testi. In particolare, tutti questi autori hanno enucleato con sapienza le sfaccettature del silenzio coltivato nel libro. C’è l’affezione al silenzio che offre un’infinità di direzioni all’estensione della parola, c’è l’ambizione di un silenzio che, da vuoto di parole, perdita sofferta temuta come irreparabile, diventa l’unico possibile strumento per “affinare lo sguardo e temprare il dettato poetico” necessario attraversamento, tramite il fare deserto in sé, 2dell’aridità temuta ed affrontata”.
Le parole, scandite dal silenzio, esaltano il quadro poetico nella sua pura essenzialità. Ogni parola diventa carica di senso. Insostituibile e preziosa, si fa messaggio in un libro che è stato definito “di sorgente… in quanto contiene l’acqua cristallina del ruscello emersa dal buio delle profondità… In questo libro troviamo non solo il percorso ma anche il senso nuovo e rigenerato dell’esistere”. È stato detto che in Contessini “la parola è sostenuta dall’equilibrio tra parola e silenzio”, anzi la poesia si fa forma del silenzio.
Personalmente, in sintesi, ritengo che, come deve essere in poesia, la parola – anche quella estremamente concisa – deve aprirsi a sortilegio, a evocazione, a mistero. Nella suggestione talora enigmatica di Contessini, il lettore ha modo di perdersi, di pensare, di sognare, di riflettere sui suoi di silenzi e forse di ritrovarsi diverso, certo più vitale e costruttivo. L’esperienza dell’autore diventa così sapienziale: è quella della struttura ontologica dell’uomo, che emerge da momenti di buio dell’anima e dalla perdita dei ‘fondamentali’ della vita per riprendere, al termine della notte, con maggiore forza e consapevolezza.
Del resto bisogna perdersi per potersi ritrovare: molto spesso nell’esistenza capita così.
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