La vita là fuori, raccolta di poesie pubblicata recentemente da Macabor edizioni è la terza opera di una venticinquenne intellettuale e poetessa messinese, Mariapia Crisafulli che, nonostante la giovanissima età, collabora a diverse iniziative culturali ed editoriali: in qualità di critica letteraria è presente su varie importanti testate giornalistiche, collabora altresì al bimestrale di poesia Il sarto di Ulm di Macabor edizioni.
Devo dire che ho riscontrato nel volume della Crisafulli una capacità stilistica e una maturità di pensiero che vanno ben al di là dell’età anagrafica di questa giovane poetessa. Intanto è un libro che si legge d’un fiato: tutt’altro che monocorde, sa snodare le problematiche affrontate attraverso cinque corpose sezioni, per cui emerge al termine un quadro ricco, vario, filosoficamente articolato: La misura delle cose – Le notti del pellicano – Generazioni contrarie – La casa della nonna – Sulla invenzione poetica.
La libera creatività dell’autrice si sposa alla profondità di una ‘poesia pensante’, in cui il pensiero appunto, pur coordinato in forma organica, si apre alla suggestione evocativa della parola poetica con grande effetto liberatorio.
L’ora d’aria
Siamo poeti il tempo di una sigaretta
Poesia è inalarne tutto il fumo
contaminare l’aria circostante
Poi ognuno a casa propria
La Crisafulli, come ha rilevato nella prefazione Franca Alaimo, vive una crisi di insicurezza, di non appartenenza a un mondo che sente a sé estraneo; giovane, affamata di vita, di contatti, di esperienze, si ritrova in una realtà senza volto definito: è una società problematica, la nostra attuale, in crisi d’identità e di valori, non appare un futuro nello spaesamento di gente amorfa, asfittica, che vive i giorni senza un perché, senza neppure supporre di potere farsi parte attiva nella società.
Lo smarrimento diventa totale: ci si lega alle piccole cose, trascurate, minute, senza neppure sapere che peso salvifico possano avere… c’è solo qualche intuizione sparsa, una certa qual forma di ancoraggio nel bilico quotidiano.
Reperti quotidiani
La polvere è ricchezza
di macerie che rinascono
Di ricordi che non lasciano la loro casa
Della vita [microbonda] che resiste
sotto noi che la scacciamo
con un panno. Ingrati
E lei ritorna:
sulle foto, sopra i mobili,
tra scaffali chiusi
Dentro libri mai aperti
e mai paghi di attenzione
Sotto il letto
che non dormi o su cui
ti abbandoni
coi vestiti logori
di giornate in mezzo al mondo
o stanche dal divano
La polvere è ricchezza
Storia che rimane
e ricomincia
persino dentro le narici
*
La misura delle cose
La storia si conta per secoli
La vita per decenni
E i giorni per cose fatte o da fare
E le notti per occasioni consumate
o perdute
Le poesie si contano per fogli sparsi
come le case per finestre accese
in attesa di un ritorno
o intimando un addio
Immagino, ma non so
*
Divertissement
Sono qui, ma non ora.
La terra scivola immane
e un uomo stordito vi si adagia
sorridente, assetato d'altra noia
quel po’ che ancora sfugge
all'occhio non attento
Sono qui, ma non ora.
Bussate più in là, per favore
Sembra che anche il passato diventi quasi inesistente: la storia non esiste perché non serve più, non insegna a orientarci né nel presente né tanto meno nel futuro. La cultura o non esiste o è libresca e stantia. Ne consegue una moltitudine umana di individualità chiuse, di monadi-zombi soffocate dalla propria vita di morti viventi. Ciascuno è in preda, senza rimedio, a una ‘solitudine tremenda’, come direbbe Manzoni, ma senza neppure lo sbocco offerto dalla spiritualità o dal sociale del romanzo manzoniano.
Protocollo della trascuratezza
Quando qualcuno muore
lo avresti visto l'indomani
chiamato la mattina
stretto la sera
tra le braccia
Oggi tratteggi a memoria
ogni ruga del suo viso
che ieri confondevi
tra tutta l'altra gente
in morte di un poeta
*
Ci vediamo domani
Ma domani è già ieri
da parecchi giorni
*
Testimoni
Questo male di vivere
lo conosci anche tu:
gli dai un altro nome
ma è lo stesso del mio
C'è la vita là fuori di tanti anni fa
Noi la vediamo sorridere ancora
noi che non la viviamo
e imparammo a bramarla
Tutti ci dissero che non era la nostra
Tutti ci dissero che era la loro
Ma loro tu pensi la vissero mai?
Il vuoto dei tempi può forse riempirsi, a livello individuale e quindi sporadico, con le proprie memorie: si ricerca il senso della vita tra le proprie ultime generazioni familiari, quelle che non ci hanno lasciato solo tratti somatici o caratteriali, ma hanno costruito per i nipoti tradizioni, usanze, modi di vita semplici ma intensi, quelli che con la loro struttura sapienziale potrebbero servire da ancora sentimentale nel naufragio dei nostri tempi. Potrebbe essere una prospettiva di fermezza alla fluidità del mondo d’oggi. Potrebbe.
Ma come abbiamo letto testé nella poesia Testimoni, loro – le generazioni passate – si resero conto di costruire qualcosa, intendevano farlo o non vivevano anch’esse alla bell’e meglio, quasi senza volontà, così come fan tutti oggi, come facevano tutti allora?
La casa della nonna
Ho chiesto alle ombre
di spegnere la luce
Ma erano la sola cosa ferma
nella stanza
a parte me
a parte la lampada sul comò accanto
a libri e cornici consumate
Ed erano la sola cosa viva
nella stanza
a parte la luce soffusa
a parte i miei piedi
sul ciglio della porta
*
Constatazioni
Potrei cantare le visioni dei vivi
i presagi che i morti sussurrano loro
aprendogli il varco dall'altra parte
Ma la mia mano è ferma
e il mio sguardo veglia sulle cose
che tocco e respiro
I morti mi vivono dentro e mai accanto:
viviamo qui insieme
nessuno muore ancora
Là fuori c'è solo la vita
Il superamento di una contingente, deludente realtà può avvenire, per la giovane poetessa, attraverso la parola poetica: non è una medicina valida forse a livello generale, ma è un indubbio aiuto a ripartire dalle proprie radici familiari al fine di trovare realizzazione di sé e un senso finale esistenziale. Del resto la realtà visibile non dà risposte né chiare né univoche. Il dubbio metodico è forse l’unica strada percorribile e la frase Immagino ma non so [da: La misura delle cose] dell’autrice mi sembra un via sia di grande intelligenza, sia di intensa sensibilità.
Incontro
Verrò a parlarvi di poesia
come lei parla a me
e come io parlo a lei:
senza parlare
Interrogando i vostri sguardi,
il solco delle rughe d'espressione
Mentre osservo il silenzio
del vostro ascoltare
me
mentre seduta taccio
e una voce confida all'aria
intorno a noi
l'inquietudine di notti accese
o mattini ancora bui
sulle rotaie ...
No, non esistono i poeti
In quest’ultima sezione, Sull’invenzione poetica, l’autrice manifesta tutta la sua passionalità totalizzante per la poesia, cui si dedica quasi con furia smodata, in obbedienza ad un imperativo etico ed estetico che diventa fulcro della sua vita e si pone come onere e come senso esistenziale delle sue giornate faticose. Poesia sintetica, talora smozzicata, frammentaria nella forma, sempre però di incalzante tensione, con “sussulti sia sintattici che lessicali, in cui i legami logici sono talvolta sottesi” [Franca Alaimo].
È poesia di foga giovanile, ardente e vitale, per contenuto e per forma stilistica, è poesia personale e nuova, che ben sintetizza la complessità e le contraddizioni del mondo d’oggi.
Poesia molto moderna, davvero specchio della contemporaneità.
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