Louis è un dialogo intimo, al
limite dell’inafferrabile. Come l’atto stesso del vedersi, ben lo sapevano
Baudelaire e Valery. Una vicenda intima in cui spazio e tempo (spazi e tempi)
si condensano, si rarefanno; in cui un io, forse smarrito e attraversato da un
oscuro pudore di ‘esporsi’, si riconosce in qualcosa (qualcuno) che sarà più di
lui, oltre lui, “liberato dall’incompiuto”. Attraverso i cui occhi, come presi
a prestito, fa i conti con il proprio sguardo e lo educa, verso una ritrovata
meraviglia, il semplice stupore di esserci. Un affondo nell’intimo, la vicenda
di questo affondo e della scrittura che l’accompagna. La tessitura ne è
impregnata, ne è formata e talvolta deformata.
dalla postfazione di
Valentino Fossati
L’ultima volta che vidi Louis
fu l’ultima volta che ci vedemmo.
Passo i giorni al sole
– mi disse Louis
Ti offro una sorpresa, sussurrò:
Louis di notte imitava Icaro.
Non prendiamoci mai
il tempo che ci serve.
Per Louis era sorprendente
la velocità con cui
lei si addormentava.
Ogni volta Louis
si sentiva dire dentro
che nessuna storia
era al sicuro nel sonno.
Luigi D’Alessio: dell’autore, non si conosce
l’età. A lui piace dire di essere nato sotto il vulcano più famoso del mondo e
considera il napoletano lingua madre. Varie fonti lo hanno visto occuparsi di
moda e immagine. Si sa che è un cultore della mitologia. Articolista e editor
di testi poetici. Ha pubblicato Pompei, per CartaCanta edizioni, 2015 (collana
I passatori) da cui si evince che per lui il tempo è un luogo.
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