Poi il silenzio di Zingonia nei miei riguardi, come se il mio scritto l’avesse disturbata o non l’avesse minimamente sfiorata.
Ricevo adesso le tentazioni della Luce e non nascondo che sono stato preso immediatamente, anzi catturato, da questo titolo che utilizza il minuscolo per l’articolo e per tentazioni e invece il maiuscolo per Luce. Evidente che si tratta di una scommessa spirituale, di un percorso che vuole raccontare di un’adesione all’Infinito.
Ma c’è di più, quando in una intervista mi domandarono quale fosse il titolo di un libro che ritenessi il più bello in assoluto io risposi La tentazione di vivere! Già, ancora una volta Cioran.
Niente è casuale, vero?
Ma adesso restiamo alla nuova raccolta di Zingonia, a questo suo spogliarsi innocente e mistico che fa sentire la voce antica dei profeti diventata quotidianità. Operazione non facile, ma evidentemente riuscita perché la poetessa ha voluto incarnarsi nelle atmosfere e nelle liturgie della parola che, se saputa intessere di vibrazioni e di autentico sentire, riesce a dare quasi carnalmente il senso primo e ultimo delle emozioni, cioè riesce a farsi preghiera.
“cerco in fondo alla mia onestà
l’originedi questo spasmo che mi contorce le viscere,
agitazione nemica del raccoglimento
le utopie
s’impossessano dei miei sensiconvincendomi che tutto è possibile
e con la fede dell’inconscio
materializzo il suo corpo…”
E’ proprio vero, questo libro è “Una
danza fra cielo e terra, un movimento alla ricerca… dell’amore”, ed è “libro
forte e unitario, dove la parola è alla ricerca dell’Assoluto”, affidato a “Un
nuovo valore del dire, una nuova castità del verbo”: Sono frasi prese dalla
illuminante prefazione di Andrea Ulivi,
che è riuscito ad accompagnarci pagina dopo pagina portandoci nella pienezza di
un dettato che io trovo lineare e potentemente espressivo, capace di saper
cogliere i fremiti e i fermenti dell’ansia che serpeggia ovunque e crea un’atmosfera
mistica.
Eppure, e qui sta la bellezza e la
novità del testo, le metafore non sono mai astratte né filtrate attraverso
sofisticate giravolte. Zingonia parla con pienezza d’intenti e arriva a farsi
capire senza edulcorare le spine del percorso e senza coprire di veli e neppure
l’ombra minima del cammino intrapreso.
“la tua trasparenza carnale
ipnoticami riporta al primo uomo”
…
coltelli
che squarceranno la gola del mondo”
…
è la luce
il mio turbamento”
Pochi esempi per assaporare la
freschezza con cui Zingonia passa attraverso le varie “stazioni” soffermandosi
sugli aspetti che solitamente sfuggono o a cui non si fa caso perché presi da
“ragioni” estranee”. Nelle sue espressioni sentiamo il palpito di una rincorsa
pacata ma decisa, direi senza via di scampo, in modo che le distrazioni non
possano comparire e il tutto diventi inno che via via si apre a un canto
gregoriano di nuova fattura, a un canto zingoniano in cui contano, alla stessa
maniera e con lo stesso peso, sia l’argomento e sia le sfumature, sia il ritmo
e sia gli aloni di senso (di luce, pardon, con la maiuscola, Luce) che fanno
ressa nell’animo.
Ma mi piacerebbe che il lettore entrasse
nelle pieghe di questo libro senza pregiudizi e senza il preconcetto di
trovarsi dinanzi a una comunione e a una sacralità che non permette di leggere
l’umano. Tutt’altro! Zingonia si spoglia (il verbo mi ritorna) “delle cose /
per incontrarTi / nel nulla”, dice rivolta a Dio, e ciò per calcare la voce su
quel che ha dovuto incontrare, superare e vincere. Il nulla come approdo limpido per potersi riconoscere
e non per arrivare allo svuotamento.Anche le prose poetiche hanno un loro peso e determinano e allargano le atmosfere di cui accennavo e se l’andamento generale ha sapore biblico, si resti in ascolto e sarà la Luce a farsi sentire, a prendere voce e proprio da quella finestra da cui zampilla l’acqua: “io tutta sono finestra”.
Per concludere mi piace dire che Zingonia Zingone ha scritto un piccolo meraviglioso e illuminato Vangelo personale che si apre dolcemente verso il mondo. Operazione rara e difficile, che a lei è riuscita, forse perché ha messo dentro tutta se stessa contemporaneamente sottraendosi, facendo diventare la sua carne spirito che vola. Come ha fatto? I libri sacri sanno come diventare marmo o farfalle, piombo o brezza d’aprile. E dunque anch’io “mi domando / se lieviteranno le ceneri / testimoni / dello specchio in fiamme”,
Dante Maffia
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