domenica 9 gennaio 2022

Letture condivise a cura di Marvi del Pozzo: "L' acqua è seminale" di Riccardo Giuseppe Mereu (Quaderni del bardo 2018 e-book)

Incomincio la nuova annata di Letture condivise con una interessante silloge L’acqua è seminale, Quaderni del Bardo 2018, di Riccardo Giuseppe Mereu, edita solo in forma di e-book.

Sono approdata a questo autore, in precedenza a me sconosciuto, grazie a una sua poesia inserita nell’antologia Dalla stessa parte – uomini contro la violenza sulle donne, libro di cui mi occupai nell’ultima lettura condivisa del 2021 (a cui eventualmente rimando). Incuriosita favorevolmente da quell’unico testo, sono giunta al libro di Mereu in forma di e-book – che non prevede purtroppo una versione cartacea – ma che mi ha permesso la conoscenza della poetica dell’autore nonché qualche notizia in merito alla sua persona.

Originario del Sud della Sardegna, laureato in Giurisprudenza, vive e lavora da circa sette anni a Pavia, ove si trasferì per frequentare un master universitario. Anagraficamente, essendo nato nel 1971, è un cinquantenne, ma per fisico, per spirito, per varietà di impegni e di interessi artistici è un ragazzo, appassionato a sperimentarsi in tutte le arti performative che lo mettano alla prova al fine di conoscere meglio se stesso e le vocazioni-direzioni in cui andare a parare nel suo futuro. Sono belle queste manifestazioni di giovinezza e di onestà di ricerca: è stimolante ed esemplare per tutti questo non adagiarsi mai sulle posizioni acquisite, ma cercare nuove strade in ogni campo, porsi sempre nello spirito di conoscere, indagare, scoprire possibilità ulteriori, al fine ultimo di penetrare di più e meglio negli abissi di sé e in questo mondo, nostro habitat.

Il primo e tra i più antichi messaggi filosofici occidentali, il conosci te stesso socratico, è evidentemente alla base dell’agire di Mereu, anche se questo spirito di attivazione verso ogni forma di ricerca personale rischia di portare alla dispersione. L’autore stesso riconosce con ironia questo suo aspetto poco concentrato su obiettivi unilaterali, ma proprio qui si svela il fascino dell’intelligenza perché mai comunque, in ogni sua performance, risulta scontato o banale: sempre la sua parola lascia una riflessione di stimolo per gli altri. Dice di sé: avrei voluto fare il geologo spaziale, non sono diventato neppure avvocato, adesso correggo libri [e li scrive, dico io]: ho un karma un po’ indisciplinato.

La raccolta di poesie che presento oggi è figlia di tale temperamento artistico, originalmente disordinato: eredita dall’artefice qualche mancanza organizzativa che può disorientare il lettore e che viene acuita dalla forma dell’e-book. Risulta evidente a questo punto che l’effetto disorientamento è voluto dall’autore, in una silloge che mette tutto in discussione. Persino il punto ’fermo’, l’acqua del titolo – origine di ogni vita – diventa ambivalente, madre e matrigna: sicurezza del mare amato della Sardegna, radice e rimpianto, e tragedia di un mare ostile, tomba senza lapide per troppi (pensiamo al tema dell’immigrazione). Il cielo che, stellato è foriero di pensieri rasserenanti di ordine cosmico e di pace per l’uomo, è anche luogo di caos primordiale, di buchi neri, di deflagrazioni solari, di morte di stelle…

Tutto è ancipite, sconcertante: in ogni campo mancano certezze, così nei rapporti umani, nella società, nella politica. I punti di vista si ribaltano spesso, negativo e positivo non sono così determinati e chiari. Male e bene si confondono in ogni campo, anche all’interno di noi stessi. Forse il vero punto fermo è proprio il caos dell’Universo con cui dobbiamo fare i conti intorno a cui dobbiamo costruire la nostra filosofia di vita. Allora anche qualche incoerenza o disorganizzazione, nel sistema di un libro di poesia, trovano motivazione intrinseca.

Per venire alle poesie, anche queste sono presentate in varietà di forma, ora in un lessico ricercato, raffinato, ora gergale o crudo; la struttura ora risulta composta, ampia, quasi discorsiva, ora è lapidaria, essenziale, in una sommatoria però di metafore lancinanti, ana-logiche, di sferzante emotività.

Personalmente prediligo in poesia forme brevi, sintetiche, rispetto a componimenti più estesi, narrativi, espositivi di riflessioni filosofiche. Li apprezzo un po’ meno – lo confesso – in quanto di primo acchito mi verrebbe spontaneo addirittura porvi mano, per arrivare a un suono più ritmico-musicale e a un contenuto più essenziale. Peccato mortale, addirittura, questo pensiero! Non si tocca mai il lavoro altrui! Per me la discriminante tra prosa e poesia consiste proprio in questo: nel raccontare poco e suggerire molto, nell’avvicinarsi il più possibile ad un’evocazione di tipo musicale, nel privilegiare il significante sul significato.

La scelta dei testi oggi, seppure dettata dal gusto personale, comprende – per amore di oggettività – anche poesie più lunghe e ‘raccontate’, in cui peraltro compaiono alcuni versi bellissimi di dilaniante espressività poetica, va detto.

 

The loop

Sempre lì, da quando sono qui,

quell’albero verde; la radura

gialla, come un’estate eterna.

Io non ho un’immagine d’inverno

come cielo senz’azzurro,

e tutto il resto intorno

un semplice contorno.

Se fosse primavera e sembra estate?

Anche l’estate è estrema,

con le abbondanti sudate

e le zanzare della notte:

dagli effetti misuro i fantasmi,

le particelle senza dio.

Io non so stare indifferente ai dogmi:

prendo una scala e mi tuffo nel mistero!

È un trucco troppo estremo

e sempre solo per un bacio.

Potrei benissimo morire

per due labbra rosa

come l’umido della prima volta,

tutto sull’autunno della pelle:

arrossisce e poi dilata i pori.

Avrei bisogno di un gesto diverso,

adesso, più fisico e leggero

o metafisico e sincero,

comunque onesto

come un muscolo dolorante

frena il respiro, dilata il tempo,

resta in ascolto, teso e materno.

Manca solo l’andare e il venire

del mare, mentre tu resti neutrale;

manca solo il venire e l’andare

del mare, mentre tu resti irreale;

manca solo l’andare e il venire

del mare, mentre tu resti a guardare

irreale, sensuale, neutrale

tu: l’andare e il venire del mare.

                                                           Pavia, 29 luglio – 7 novembre 2017

*

Meno male

Ogni mattina è una speranza nuova

con una voce sorpresa e contenta

mi sveglio dal lato grato del cuscino

anche dopo la notte più profonda.

 

Cosa accade al mondo quando sogniamo?

E dove finiamo?

 

Vorrei arrivare ai confini di un buco nero

e davanti a quel vuoto degli eventi

pregare tutta la luce sepolta

almeno in sogno.

Pavia, 12 febbraio 2018

*

Quando parto

Quando parto non so più tornare.

Quando torno non so più partire.

 

E mi chiedo dove sia, ora,

quel bambino con la voglia di giocare,

con il sogno del segreto dell’amore,

con tutti i nomi ancora da chiamare,

con tutti i giorni ancora da scoprire,

con tutto ancora da sprecare.

 

A cosa sono serviti

i giorni senza scopo,

i giorni bruciati dalla noia,

dal dolore, dalla fatica di non capire?

 

Vorrei farne un grande mucchio

e guardarli tutti insieme:

mi sfugge la chiarezza,

se non so guardare il sole.

 

Quando parto non so più tornare.

Quando torno non so più partire.

 

Il senso controvento

di un andare contropiede

m’imprigiona al tempo

di decidere il presente

come un futuro decisivo e uguale

a ogni mio pensiero dissoluto.

Ma dimentico i dettagli decisivi,

quelli cruciali assolutamente,

nascosti nelle pieghe del pensiero che non vede

al di là dei confini innaturali

dell’abitare lontano dal mare.

 

Penso, ripenso, dimentico il cielo,

recito un ricordo come a scuola…

torno a coltivare le macerie.

 

Quando parto non so più tornare.

Quando torno non so più partire.

 

Ho contato tutte le stelle

mi aspettavano schierate

come un plotone d’esecuzione.

Ho guardato in faccia la decisione:

un tratto rosso e sono evaporato

come minestrina bollente

nella stagione sbagliata.

Ho concepito giornate aride

mentendo pure al sole.

 

Quando parto non so più tornare.

Quando torno non so più partire.

 

E la malinconia mi assale

in qualunque direzione.

Pavia, 28 febbraio – 31 marzo 2018

*

E se il cielo cadesse improvviso

come un incubo vichingo

sarebbe un mare d’occhi

nascosti dentro il buio

la curva grammometrica del tuo profilo

i buchi neri più feroci della mente.

Forse è solo una coincidenza di coincidenze.

Cagliari, 8 marzo – Torino, 10 maggio 2018

*

L’altro da me

Sono io l’altro da me

quando non sono te.

L’acido corrode il tempo all’alchimista

sacro, se ne infischia del nuovo mondo,

del nuovo modo arraffa e spurga

circonvenzioni d’incapacità.

Il canone è biondo, il canone è blu,

se non ti spogli non sei più tu.

Sono io l’altro me da te.

Sono io l’altro me per te.

Quanto in me c’è di te

resta un effetto collaterale

di umanità, l’esperienza folle

di cromosomi che si scambiano memorie.

Quanto in te c’è di me

non lo so, mi fido del senso

del vento quando alza la sabbia.

L’altro è sempre altrove

nel deserto dei semi senza frutto.

Pavia, 5 – Torino, 10 maggio 2018

*

Dove? Come?

Sono così confuso…

E allora esco, altrimenti affondo

come una barca

priva di timone, solo con i remi

della volontà.

 

Dove ti trovo, quando mi sveglio?

Dove mi sveglio, quando ti trovo?

Cagliari 29 – Seneghe, 31 agosto 2018

*

Noi?

Tutte le idee nascono utopie…

Se i sogni fossero stelle

La notte non sarebbe più l’inchiostro di poesie,

solo il vuoto a perdere di solitudini di pelle.

Pavia, 29-30 settembre 2018

 

Ritengo, in sintesi, che Mereu sia un ‘giovane’ poeta da seguire, ora e nei futuri percorsi poetici ed esistenziali, per la sua attraente vena lirica, per acume di pensiero e per amore d’indagine, condotti sul filo del dubbio metodico e dell’ironia, pur aprendosi l’autore nel suo animo ‘fanciullo’ alla meraviglia e ai bagliori rivelatori del creato, come agli enigmi che circondano l’Universo e l’animo umano:

Io non so stare indifferente ai dogmi:

prendo una scala e mi tuffo nel mistero.

 

 

 Marvi del Pozzo

 

 

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